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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Condannato all'ergastolo Giuseppe Albanese, il killer "sgarrista" del clan Moretti

Giuseppe Albanese, l'uomo dal "grilletto facile" del clan Moretti-Pellegrino-Lanza è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Rocco Dedda, ucciso il 23 gennaio 2016 all'interno della sua abitazione in via Capitanata

Giuseppe Albanese è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Rocco Dedda, avvenuto il 23 gennaio 2016 sull'uscio dell'abitazione del 47enne, in via Capitanata, nel contesto della sanguinosa guerra di mafia esplosa a Foggia nel settembre 2015 tra le batterie ‘Moretti-Pellegrino-Lanza’ e quella dei ‘Sinesi-Francavilla’ (le immagini video). A 

In quella occasione due individui colpirono a morte Dedda con numerosi colpi d’arma da fuoco, mentre la vittima si trovava all’interno della sua abitazione, nel quartiere Candelaro, unitamente alla sua convivente e al figlio di soli quattro anni. Già detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per i fatti dell’operazione 'Decima Azione', Albanese verrà arrestato il 27 dicembre 2019 (i dettagli).

Albanese, l'uomo del clan Moretti dal "grilletto facile" era stato arrestato dalla polizia al termine del funerale di Rodolfo Bruno, esponente di rilievo della batteria Moretti-Pellegrino-Lanza ucciso a Foggia nel 2018. Era stato condannato anche nel processo 'Decima Azione'. In una conversazione tra più persone captata in carcere nel febbraio 2018, un detenuto attribuiva l'omicidio ad Albanese. 

Alcuni mesi dopo l’agguato, la polizia - d’intesa con la Procura distrettuale - diffuse le immagini estrapolate da una telecamera di videosorveglianza che ritraeva i killer di Dedda allontanarsi dal luogo del delitto: uno, più robusto, viene sorpreso mentre parla al telefono; l'altro invece, più esile, viene riconosciuto per la sua particolare andatura: è Albanese. La conferma arriva da Raffaele Bruno, collaboratore di giustizia e fratello di Rodolfo, che aveva riconosciuto Albanese sia per la “camminata a papera” che per l’abitudine di coprire il capo, essendo calvo, anche al fine di non essere riconosciuto (qui tutti i dettagli).

Già ristretto in carcere al 41 bis, nel febbraio scorso era stato raggiunto da una ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Dda di Bari con l’accusa di aver attentato alla vita di Roberto Sinesi, il 6 settembre 2016 al Rione Candelaro, mentre il boss dell'omonimo clan, era in auto con la figlia e il nipotino, quest’ultimo rimasto ferito.

Ritenuto dagli inquirenti un “pericoloso killer della batteria dei Moretti-Pellegrino-Lanza”, il 43enne foggiano risulta gravato da innumerevoli precedenti di polizia e penali.

Già in stato di arresto in seguito al ritrovamento da parte degli agenti del commissariato di polizia, all'interno del suo appartamento, di una pistola calibro 7,65, una scacciacani e circa 8 grammi di cocaina, nel 2011 scampò miracolosamente ad un agguato in via Giuseppe Rosatimentre tornava a casa in sella ad uno scooter: quattro dei nove colpi di pistola sparatigli da un uomo incappucciato lo avevano raggiunto al corpo, colpendolo due volte al petto, ai glutei e alla coscia.

Il suo nome è ricorrente nelle inchieste degli ultimi anni. E’ stato coinvolto nell’importante operazione di polizia ‘Ripristino’ del 2016, coordinata dalla Dda, che mise sotto scacco il clan Moretti-Pellegrino. A definire il suo ruolo all’interno del clan, fu un collaboratore di giustizia ascoltato dagli inquirenti con l’intenzione di definire meglio i meccanismi interni della consorteria mafiosa foggiana. "Stava nel sistema grande con noi. Nella batteria era ‘sgarrista’.

"Come ti posso spiegare, dottoressa?”. “Quello è il nome del ruolo che tieni, picciotto, picciotto d’onore, sgarrista…”. Una sorta di ‘grado’ all’interno del clan, dove lo stesso era inserito e dal quale - secondo confidenze raccolte dagli inquirenti - percepiva una sorta di stipendio di 1500 euro mensili (i dettagli).

Nel novembre 2016 era stato fermato mentre transitava in auto in via San Severo a Lucera con un revolver calibro 38 special, con matricola abrasa, completamente caricato con munizioni a testa piatta, in perfetto stato d’uso e pronto ad essere utilizzato, nella cintura dei suoi pantaloni (leggi qua)

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