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Cronaca Cagnano Varano

L'omicidio choc in 50 pagine. "Vi farò vedere io chi è Papantuono". La vendetta annunciata contro Di Gennaro: "Glielo avevo promesso"

Pubblicata la sentenza del processo a carico del cagnanese Giuseppe Papantuono, condannato all'ergastolo per l'omicidio del militare. In 50 pagine, il giudice Talani, ricostruzione la genesi dell'agguato

“Il movente che ha mosso la condotta del Papantuono Giuseppe risulta chiaro ed evidente: questi non tollerava che i carabinieri del luogo non gli consentissero di svolgere, indisturbato, la sua attività di spaccio di droga, in particolare di cocaina”.

E’ quanto si legge, nero su bianco, nella sentenza della Corte di Assise di Foggia Collegio B (presidente Mario Talani, giudice a latere Flavia Accardo) che ha condannato alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per 18 mesi, il cagnanese Giuseppe Papantuono accusato dell’omicidio del maresciallo Vincenzo Di Gennaro e del tentato omicidio del carabinieri Pasquale Casertano.

Il fatto avvenne il 13 aprile di due anni fa, nella piazza principale del paese. Le intenzioni dell’uomo erano tutte racchiuse nella minaccia, pronunciata a muso duro nei confronti del militare, pochi giorni prima il grave fatto di sangue. “Ora ve lo faccio vedere io chi è Giuseppe Papantuono”, aveva tuonato uscendo dalla caserma e stringendo in pugno l’ennesimo provvedimento adottato nei suoi confronti.

La condanna all’ergastolo è arrivata 19 mesi dopo, mentre le motivazioni della sentenza sono state da poco pubblicate. L’intero processo è sintetizzato nelle 50 pagine firmate dal giudice Talani. La mattina dell’omicidio viene ricostruita attraverso le parole dei testi escussi udienza dopo udienza: il rumore degli spari, l’auto di servizio dei militari che riparte in velocità, e un uomo - noto in paese come Pinuccio Chiacchiaredd - aggrappato allo sportello con una pistola in mano.

Ergastolo e isolamento diurno per 18 mesi all'omicida del maresciallo

“Datemi le pistole” | Drammatica la ricostruzione resa dal carabiniere Casertano Pasquale, che era di pattuglia con il maresciallo Di Gennaro e che rimase gravemente ferito nell’agguato. “Papantuono ha fatto cenno di fermarsi. Il maresciallo ha abbassato il finestrino pronunciando la frase: ‘Cosa vuole?'. Ma questi, non fornendo alcuna risposta, ha alzato la felpa, estratto una pistola e ha iniziato a fare fuoco contro di loro, scaricando l’intero caricatore”.

Non soddisfatto, continua, “si è aggrappato al finestrino dell’autovettura dell'Arma, con il mezzo busto all'interno del veicolo, pretendendo di prendere anche le nostre armi, pronunciando·in modo perentorio, la frase: ‘Datemi le pistole, datemi le pistole!”.

Papantuono non è riuscito nell’intento solo per l’istinto di Casertano che - seppure ferito - è riuscito a mettere in moto l’auto di servizio, partendo alla volta del pronto soccorso cittadino; nella curva, l’uomo è caduto, lasciando la presa sull’auto. Nonostante la corsa disperata, Di Gennaro è arrivato in pronto soccorso già privo di vita.

"Ha iniziato a sparare...il maresciallo non rispondeva più" 

Vivo per miracolo | Nell’agguato rimase gravemente ferito anche Casertano: il giovane militare è stato ricoverato all’ospedale ‘Casa Sollievo della Sofferenza’, dove è stato sottoposto anche ad un delicato intervento chirurgico, per un mese e cinque giorni. Il medico del pronto soccorso che lo prese in carico quella mattina ha spiegato davanti al giudice: “Il paziente è stato fortunato, ha rischiato di morire”. Dello stesso avviso anche il dirigente medico di Chirurgia Addominale: “Se il colpo avesse perforato la vena cava oppure l'aorta Casertano non sarebbe arrivato in tempo in ospedale, perché sarebbe morto immediatamente”.

“Vi farò vedere chi è Papantuono” | Quasi una tragedia annunciata, quella che ha colpito il maresciallo maggiore della Stazione di Cagnano Varano. Qualche giorno prima, il 7 aprile, Papantuono venne sorpreso in possesso di coltello a serramanico e fu denunciato. In quell’occasione, si rivolse a Di Gennaro con tono molto minaccioso: “Tu sei il più alto in grado e puoi permettere loro di fare quest'omissione, impedisci loro di fare quello che stanno facendo".

Di Gennaro non cedette e Papantuono, uscendo dalla Caserma, con il verbale in mano, pronunciò una frase che preannunciava l’imminente vendetta: "Ora ve lo faccio vedere io chi è Giuseppe Papantuono". Come stigmatizza il giudice, “Papantuono aveva manifestato, in modo eclatante, intensa e profonda insofferenza verso i doverosi e ordinari controlli a cui veniva sottoposto, dagli appartenenti all'Arma dei Carabinieri”. La frase minatoria pronunciata “costituisce la chiara ed evidente espressione di un proposito di imminente e decisa vendetta, poi puntualmente posta in essere la mattina del 13 aprile”.

“Glielo avevo promesso” | Ulteriore conferma del progetto di vendetta si trova nella deposizione di un altro carabiniere, giunto in caserma poco dopo l’arresto del 65enne per l’omicidio. In quell’occasione, l’imputato gli disse: “Io glielo avevo detto a Di Gennaro che l'avrei spogliato, voi non mi fate spacciare, non mi·fate vendere, e io vi faccio spogliare. Tre buste, tre buste. Per colpa tua e del collega, io glielo avevo promesso, l'avrei fatto spogliare e quindi queste sono le conseguenze del fatto che voi non mi fate vendere". Il teste, che pochi giorni prima, insieme al maresciallo, gli aveva sequestrato tre involucri contenenti cocaina, ha precisato che l’uomo era “lucido, sobrio·e consapevole di ciò che aveva commesso”.

Chiosa quindi il giudice: “La grave e scellerata azione criminosa posta in essere dall'imputato, costituisce espressione di un moto interiore del tutto ingiustificato e sproporzionato, rispetto alla gravità del reato, che si appalesa, secondo il comune modo di sentire, quale mero pretesto per lo sfogo violento di istinti criminali, dettato da ragioni spregevoli, così palesando una siffatta sproporzione, rispetto alla determinazione criminosa tale da giustificare un giudizio di maggiore riprorevolezza dell'azione e sentimenti di ripugnanza”.

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