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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Chi è Albanese, l'uomo dei Moretti dal "grilletto facile" arrestato per l'agguato al boss Sinesi

Uomo dei Moretti-Pellegrino, Giuseppe Albanese nel 2011 era rimasto vittima di un tentato omicidio. E' stato arrestato per il suo presunto coinvolgimento nell'omicidio di Rocco Dedda. E' accusato anche dell'agguato fallito al boss Roberto Sinesi

E’ Giuseppe Albanese l’uomo già ristretto in carcere al 41 bis, raggiunto da una ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Dda di Bari con l’accusa di aver attentato alla vita di Roberto Sinesi, il 6 settembre 2016 al Rione Candelaro, mentre il boss dell'omonimo clan, era in auto con la figlia e il nipotino, quest’ultimo rimasto ferito.

Albanese è noto alle cronache locali per il suo presunto coinvolgimento nell’omicidio di Rocco Dedda del 23 gennaio 2016, nel contesto della sanguinosa guerra di mafia esplosa a Foggia nel settembre 2015 tra le batterie ‘Moretti-Pellegrino-Lanza’ e ‘Sinesi-Francavilla’.

In quella occasione due individui colpirono a morte Dedda con numerosi colpi d’arma da fuoco, mentre la vittima si trovava all’interno della sua abitazione, nel quartiere Candelaro, unitamente alla sua convivente e al figlio di soli quattro anni. Già detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per i fatti dell’operazione 'Decima Azione', Albanese verrà arrestato il 27 dicembre 2019 (i dettagli).

Ritenuto dagli inquirenti un “pericoloso killer della batteria dei Moretti-Pellegrino-Lanza”, il 43enne foggiano risulta gravato da innumerevoli precedenti di polizia e penali.

Già in stato di arresto in seguito al ritrovamento da parte degli agenti del commissariato di polizia, all'interno del suo appartamento, di una pistola calibro 7,65, una scacciacani e circa 8 grammi di cocaina, nel 2011 scampò miracolosamente ad un agguato in via Giuseppe Rosati, mentre tornava a casa in sella ad uno scooter: quattro dei nove colpi di pistola sparatigli da un uomo incappucciato lo avevano raggiunto al corpo, colpendolo due volte al petto, ai glutei e alla coscia.

Il suo nome è ricorrente nelle inchieste degli ultimi anni. E’ stato coinvolto nell’importante operazione di polizia ‘Ripristino’ del 2016, coordinata dalla Dda, che mise sotto scacco il clan Moretti-Pellegrino. A definire il suo ruolo all’interno del clan, fu un collaboratore di giustizia ascoltato dagli inquirenti con l’intenzione di definire meglio i meccanismi interni della consorteria mafiosa foggiana. "Stava nel sistema grande con noi. Nella batteria era ‘sgarrista’.

"Come ti posso spiegare, dottoressa?”. “Quello è il nome del ruolo che tieni, picciotto, picciotto d’onore, sgarrista…”. Una sorta di ‘grado’ all’interno del clan, dove lo stesso era inserito e dal quale - secondo confidenze raccolte dagli inquirenti - percepiva una sorta di stipendio di 1500 euro mensili (i dettagli).

Nel novembre 2016 era stato fermato mentre transitava in auto in via San Severo a Lucera con un revolver calibro 38 special, con matricola abrasa, completamente caricato con munizioni a testa piatta, in perfetto stato d’uso e pronto ad essere utilizzato, nella cintura dei suoi pantaloni (leggi qua).

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