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Il ritorno alle origini di Leo Di Gioia: "Cerco un luogo dove essere me stesso"

Oggi è paradossalmente all'opposizione sia al Comune che alla Regione, amministrazioni di segno opposto. Paga lo scotto delle sue scelte e non si pente. Ancora incerta la sua candidatura alle prossime elezioni

"Non sarò candidato con Michele Emiliano, questo è sicuro". Le certezze di Leonardo Di Gioia non sono premesse di un sillogismo necessariamente valido. Si era rifugiato nel civismo, aggirando il filtro dei partiti. Paga dazio delle sue scelte e ne è perfettamente consapevole, ma non se ne pente. E forse il suo cuore batte ancora a destra.

"Paradossalmente oggi mi trovo all'opposizione della Regione e del Comune. E vengo accusato di essere opportunista. Un opportunista particolare, uno che lascia l'assessorato, il coordinamento nazionale, solo per una questione di principio, per dire ad Emiliano che sta applicando male una regola e che porterà allo sfascio la regione agricola".

L'EQUIVOCO DEL CAPOGRUPPO - Una comunicazione nella seduta del 4 maggio del Consiglio regionale ("Si informa che a far data dal 5 febbraio il consigliere Leonardo Di Gioia è presidente del gruppo consiliare Emiliano Sindaco di Puglia") aveva ingenerato un equivoco, attirando altre critiche: "In quella lista siamo stati eletti in sei. Cinque consiglieri hanno cambiato partito, sono rimasto solo io, quindi tecnicamente risulto essere il referente di questa lista. Dopodiché, io posso prendermi le critiche quando cambio partito, ma non pure quando lo fanno gli altri". I fuoriusciti sono confluiti nel gruppo indipendente, e il travaso non avrebbe avuto senso per lui. "Il capogruppo vota con la maggioranza. Quindi io avrei dovuto ingenerare la contraddizione di essere in un gruppo ancor più di maggioranza, votando però in difformità tutte le volte. Tanto vale restare dove sto. Non credo che qualcuno possa tacciarmi di farlo per i 500 euro di indennità, perché ho rinunciato all'indennità da assessore da oltre un anno, all'auto di servizio, al telefono di servizio, sono uno dei pochi che ha rinunciato al vitalizio pur avendone diritto per legge". Il suo ultimo scampolo di legislatura non sarà orientato a fare opposizione a tutti i costi ("non devo accreditarmi da qualche parte"), quanto piuttosto a valutazioni obiettive di volta in volta. "Mi sia consentito, però, di rimanere fermo nel momento in cui non c'è un altro posto dove andare per poter praticare l'esercizio dell'attività di consigliere regionale".

LA LIAISON CON EMILIANO - Ha sempre detto quello che pensa, a costo di essere impopolare e di risultare scostante."Negli anni, la mia azione politica è stata caratterizzata da un profondo senso di libertà. Non condivido l'idea che la politica debba a tutti i costi ammiccare al consenso". Con questi presupposti, la liaison con Emiliano ("una stagione del civismo molto significativa e rappresentativa") non poteva durare in eterno. "A un certo punto questo rapporto si è interrotto, non per questioni personali ma politiche e legate a vicende specifiche. Trovo Emiliano comunque amabile e simpatico. Penso che non aver difeso la legittimità degli atti del Piano di Sviluppo Rurale e le ragioni dell'agricoltore semplice, in contrapposizione, in alcuni casi, alle istanze che venivano dalle associazioni di categoria o dagli ordini professionali, abbia significato tradire il mandato. Ho fatto spesso da solo questa lotta che in molti casi non è stata neanche compresa. Secondo me è stato un errore e io non lo perdono. Io voglio ammirare e stimare il mio presidente, nel momento in cui so che è disponibile a negoziare ciò che è giusto in funzione di ciò che è utile, a quel punto mi rimetto nuovamente al giudizio delle persone che potranno pensare che cambi partito e idea. La scelta è stata mia, perché il presidente ha rigettato le dimissioni in più occasioni e ha sempre voluto tenere vivo questo legame, però mi ha deluso - prosegue Leonardo Di Gioia - Ha indebolito le istanze del nostro territorio indebolendo il tramite e i canali di comunicazione che avevamo creato. Questo non l'ho potuto tollerare e quindi sono stato consequenziale. Meglio un sano divorzio che una convivenza controvoglia. Nel momento in cui si rompe questo rapporto io torno alle origini, non tanto intendendolo come destra o sinistra. Torno a fare politica non più su una delega, ma per un territorio".

LE AFFINITÀ ELETTIVE - Considera il radicamento e l'attaccamento al territorio un suo tratto identitario. E non fatica ad ammettere i suoi pregi e difetti. Non ha ancora deciso se candidarsi in uno schieramento diverso, o meglio, se candirsi ("non è necessario e obbligatorio in tutte le circostanze"). Il suo, si direbbe, è il classico profilo da lista del presidente. Si sta guardando intorno e sta seguendo le dinamiche degli sfidanti di Emiliano. Ed è arrivato alla considerazione che non è necessario giocare a vincere. "Cerco un luogo dove si possa fare politica, dove si possa mettere in discussione un'idea e non una persona, dove ci si possa confrontare sul futuro, sullo sviluppo, dove si posa ragionare su ciò che è giusto fare e non ciò che conviene raccontare alle persone. È il luogo dove prevale il dialogo, l'analisi di contesto. Come mia impostazione mi sentirei molto vicino a un progetto di centrodestra se dovessi trovare degli interlocutori adeguati, però posso non candidarmi, con lo stesso spirito lieve. Non sono uno di quelli che si caratterizza per il partito a cui appartiene, sono uno che mette in discussione se stesso sulla bontà di un'idea, dopodiché mi piacerebbe ricandidarmi alle regionali, se ci sono le condizioni lo faccio. Il mio tema oggi non è il centrodestra o del centrosinistra, ma cercare quella affinità utili a trovare le motivazioni per candidarsi. Voglio rimanere me stesso, con tutti i pro e i contro, con tutti i limiti che questo può significare ma anche con la speranza che ci siano persone attente, in grado di cogliere questo segno di differenza". Vorrebbe essere libero, perché no, di interpretare anche una politica non convenzionale. "Fermo sempre di un convincimento: non sono i simboli di partito a poter orientare le intelligenze delle persone e non è un atto di appartenenza fideistica che caratterizza la coerenza di una persona. Secondo me la coerenza in politica significa non rubare, non sfruttare per vantaggi personali le posizioni istituzionali, scegliere il bene del proprio territorio, anche a costo di cambiare idea molte volte".

LA SUA VERITÀ SUL GINO LISA - Nel caso, è pronto a levarsi più di un sassolino dalla scarpa. "Se dovessi candidarmi saprò spiegare ciò che è successo in questi anni, cosa che volutamente in alcuni momenti non ho fatto". Ha in tasca la sua operazione verità. La più intrigante è forse quella sul Gino Lisa. "Saprò spiegare fino in fondo perché oggi si può fare l'allungamento della pista. La narrazione che si fa è che sono arrivati Piemontese ed Emiliano ed hanno risolto un problema di tanti anni. Anzitutto, lì ci sono dei soldi perché l'assessore al Bilancio precedente li ha ottenuti quando a Bari ritenevano che non ci fossero le condizioni per mantenere quell'aeroporto. Saprò spiegare come abbiamo lavorato per consentire l'autorizzazione e di come - sono stato l'unico - io abbia spiegato quali sono i rischi di una struttura che verrà sì allungata ma che ha la destinazione di hub di protezione civile e che per poter avere i voli civili dovrà fare tutta un'altra trafila che ovviamente oggi dai promotori delle iniziative di propaganda viene omessa".

PUNTO PRIMO, CAVALIERE - Non ha remore a spiegare le ultime scelte che hanno contraddistinto la sua carriera politica. "Ho voluto partecipare alla competizione comunale per dare un apporto a Pippo Cavaliere e anche su questo non ci vedo una sorta di incoerenza nel mio comportamento. Ci ho messo la mia faccia, da assessore regionale, per potergli dare una mano. Pensavo che la precedente esperienza di Landella non fosse all'altezza di una città capoluogo come la nostra. Lo penso tuttora, non farò nessun tipo di sconto a Landella e non l'ho fatto in questi mesi. Un paradosso per uno che potrebbe candidarsi nel centrodestra però non è pronto a riconoscere il sindaco di Foggia come un interlocutore in questo momento". Ammette di non aver attivato allora altre dinamiche di voto, con la leva della Regione. Non era sua intenzione interferire nella logica elettorale locale, ma anche in quel caso ha attirato critiche, perché è stato interpretato come un segnale di una debolezza e un risultato negativo. "Ho voluto essere corretto con i colleghi della lista, amico del mio candidato sindaco e leale nel chiedere un aiuto a quelli che potevano mettersi a disposizione. Non ho voluto attivare il mercato della campagna elettorale, perché credo che non sia opportuno e giusto per questa città".

L'ENDORSEMENT PER CASANOVA - Non si sottrae nemmeno sulle ragioni del suo endorsement a Massimo Casanova. "Paradossalmente alle Europee ho voluto dare un segnale di una discontinuità di voto verso un amico, alla persona prima ancora che per una questione politica che poteva secondo me modificare il nostro rapporto con la Lega e con il centrodestra alla nostra Regione. Avevamo un ministro dell'Agricoltura della Lega, io ero il coordinatore delle regioni agricole italiane ed ero assessore all'Agricoltura della Puglia. Abbiamo dato un segnale di amicizia. In quel momento stava lavorando per portare 300 milioni di euro per la Xylella in Puglia, per fare delle opere importanti nella nostra provincia sui Consorzi di bonifica. Tutto questo ti porta a pagare un prezzo, perché le persone non lo colgono. In fondo ho tutto da perdere e non da guadagnare nelle scelte che faccio, però lo faccio perché ci credo".

I PUNTI DEBOLI DI EMILIANO - Sfogliando l'album dei ricordi, riconosce senza difficoltà le qualità dei suoi presidenti di centrosinistra, Nichi Vendola prima, Emiliano poi: "Sono due persone di una grandissima intelligenza e umanità, forse l'empatia e la capacità di sintonizzarsi con gli altri sono le principali caratteristiche". Al primo riconosce più che le doti oratorie una grande capacità tecnica che, al contrario, Emiliano, più concentrato sul rapporto interpersonale, ha tralasciato. "Ha avuto secondo me grandi difficoltà nella scelta dei tecnici che ci hanno supportato. Tutti questi 'facilitatori della burocrazia' in molti casi si sono inceppati perché il meccanismo di reclutamento - è fiduciario, per l'amor di Dio, poteva scegliere chi voleva - forse era caratterizzato soprattutto da rapporti interpersonali molto solidi".

È inaspettatamente indulgente nel giudizio sulla gestione della pandemia del governatore Emiliano. "In alcuni momenti la sua cautela e anche la sua capacità di tenere stretta la nostra regione all'interno di una serie di misure di prevenzione è stata molto apprezzata, anche da me. Però questo atteggiamento stride molto con la contestuale richiesta delle elezioni a luglio".

Conosce i punti deboli di Emiliano, e per battere il nemico, si sa, bisogna conoscerlo. "È sicuramente temibile, nonostante una fase calante di consenso personale dovuta all'usura del governo. Si è avvantaggiato come tutti i governatori da questa iper-visibilità per la gestione dell'emergenza Covid. Io credo che il centrodestra unito di per sé possa essere una coalizione con grandi chance e opportunità". Persino l'esperimento "interessante" di Renzi in Puglia secondo lui potrebbe avvantaggiare il centrodestra. Emiliano ormai avrebbe esaurito la sua carica propulsiva. "Penso che abbia dato il massimo che può dare. Il paradosso della sua candidatura è che lui più di quello che ha fatto non può fare e i limiti strutturali del suo governare saranno gli stessi la prossima volta. Si circonda di persone in alcuni contesti non all'altezza della sfida regionale e non parlo della Giunta, in realtà le scelte che ha fatto lui sono quelle deficitarie. Io con lui mi confronterei volentieri, ma penso che lui con me pubblicamente non affronterà mai un faccia a faccia. Lui sa dov'è la verità - conclude Leonardo Di Gioia - e il suo sguardo quando ci incontriamo la dice lunga. Ma per me è un'esperienza chiusa".

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