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Domenica, 28 Aprile 2024
Economia Biccari

Il caso 'Biccari', il piccolo borgo trasformato in meta definitiva. Il sindaco: "Ospitare fa bene"

In un libro il sindaco del comune dei Monti Dauni Gianfilippo Mignogna racconta una buona parte delle cose fatte in ambito turistico e sociale che hanno reso Biccari non solo un paese da cui si emigra, ma una meta raggiunta da turisti e nuovi cittadini

Un disegno che ritrae quattro bimbi seduti sulla panchina gigante, installazione che da tre anni attrae visitatori da ogni dove. Uno dei simboli della rinascita di un borgo rigeneratosi grazie alle buone pratiche, all’accoglienza, alla coltivazione di idee innovative e virtuose. Così Biccari è diventato un piccolo gioiello incastonato nella corona dei Monti Dauni. Il disegno di cui sopra rappresenta la copertina di un libro scritto dal sindaco Gianfilippo Mignogna. ‘Ospitare bene’ è il titolo, ma è anche uno dei principi che hanno ispirato il lavoro dell’Amministrazione. “Un racconto, più che un resoconto”, rivela a FoggiaToday, a pochi mesi dal termine del terzo e ultimo mandato: “Mi piaceva l’idea di lasciare una traccia”.

Non la solita frigida elencazione di atti amministrativi, opere, lavori, bilanci e numeri secchi. Ma, per l’appunto, un racconto di quella che è stata una bella storia, nata dalla voglia di rendere Biccari non più uno dei tanti borghi da cui si va via, ma una meta molto spesso definitiva: “Un paese dove arrivano persone, visitatori, nuovi cittadini. Ho unito i motivi che hanno determinato questa inversione e li ho raccontati”, spiega Mignogna. 

A pochi mesi dal termine del mandato è possibile tracciare un disegno di come Biccari è diventata. Una realtà che, malgrado resti fuori dalle dinamiche di sviluppo, da certi circuiti economici e che, peraltro, fa parte di una provincia difficile, può ancora avere un ruolo importante, ma soprattutto un futuro: “Questo è accaduto intercettando nuovi bisogni, nuove tendenze, allargando le visioni”. 

Un cambio di mentalità che ha spianato la strada all’arrivo di persone provenienti addirittura da un altro continente: “Abbiamo ragazzi argentini che vivono qui lavorando in smart working per le aziende di Buenos Aires o Rosario. Le nuove tecnologie servono a far diventare un borgo come il nostro anche un luogo in cui poter lavorare e di reinterpretarli in chiave più moderna”. Non tutto, però dipende dalle infrastrutture: “C’è un lavoro da fare anche sulla comunità, sulla sua capacità di essere ospitale. Lo smart worker non ha bisogno solo della fibra, ma di posti in cui si può vivere bene, in cui ci sia un ambiente sano e, cosa più importante, una comunità che integri, coinvolga, lo renda parte di un insieme”. 

Per questo, la mission di Biccari è stata soprattutto lavorare su quella che Mignogna chiama “filiera della ospitalità” e che ha prodotto grossi benefici: “È stato fondamentale perché turisti, visitatori, stranieri, rifugiati, cittadini temporanei e più o meno stanziali trovassero nel nostro ambiente le condizioni ideali per vivere. Tutto ciò porta ricadute economiche e culturali sul territorio e incentiva anche la fiducia di chi già c’è nei confronti del territorio”. Ed è proprio questo clima di fiducia che si riflette nel titolo del racconto di Mignogna: “L’accoglienza fa bene a chi viene ospitato e anche a chi ospita. I biccaresi con questi progetti hanno ricevuto benefici diretti e indiretti”. 

In tal senso, il discorso non può non scivolare su uno dei progetti più interessanti e lungimiranti sui quali Biccari ha puntato, ovvero quello della valorizzazione delle case del centro storico a firma del geometra Angelo Pierro. Con il progetto ‘Case Biccari', sono stati venduti oltre trenta appartamenti e almeno dieci sono fittati stabilmente: “Abbiamo stimato che la vendita delle case, tutte cedute a costi bassi, ha consentito ai proprietari di incassare almeno 400mila euro. Ma questo è il minimo”, osserva Mignogna. Infatti, l’acquisto era il primo atto di un iter che ha poi visto i nuovi proprietari investire sulla ristrutturazione delle abitazioni, generando anche nuove opportunità di lavoro per tecnici e imprese locali.

Senza dimenticare il lato sociale, ovvero la possibilità di accogliere nuovi cittadini e assestare un colpo pesante allo spopolamento. Secondo i dati Istat del Censimento relativo all’anno 2021 Biccari è stato uno dei 16 comuni ad aver registrato un segno più nel raffronto con gli abitanti del 2020. Un incremento che nel 2022 è stato ancora più consistente, come sarà certificato dai dati futuri: “Accogliere cittadini da tutto il mondo è anche una occasione di crescita culturale per l’intera comunità. Quando mi dicono di raccontare il progetto, mi viene in mente sempre una signora portoghese che sui social ha postato le foto dei lavori effettuati alla casa che ha comprato qui a Biccari. Attraverso i suoi post si può osservare com’era la casa quando è stata acquistata e com’è diventata, fino alla foto della cena che ha organizzato con tutti gli artigiani che hanno lavorato alla ristrutturazione. Lei è l’esempio di trasformazione urbanistica nonché delle ricadute sociali positive che il progetto ha avuto. Senza il progetto non sarebbero quella casa sarebbe ancora abbandonata, io stesso non avrei conosciuto la signora e lei non avrebbe conosciuto gli abitanti di Biccari”.

Tuttavia, permangono quelle mancanze e criticità che rendono Biccari ancora una sorta di ‘mosca bianca’: “Pur essendoci grande collaborazione e un confronto costante con le altre amministrazioni, certi tentativi hanno avuto un grado di diffusione molto basso. Qualcuno ha provato a replicare il progetto di accoglienza destinato agli argentini, chi invece ha seguito l’iniziativa della vendita delle case, ma tutto questo non è mai diventato un progetto strategico dell’area”.

Per la verità, neppure a livello nazionale sembra ci sia l’interesse ad alimentare il fenomeno: “I dati di Legambiente ci dicono che esistono circa 2 milioni di case abbandonate e sfitte nei centri storici dei piccoli comuni italiani. Mi chiedo come questo non diventi un tema di interesse nazionale generale. Fra qualche anno avremo delle risorse abbandonate con seri problemi legati alla manutenzione, alla messa in sicurezza all’igiene pubblica. C’è un mondo che si potrebbe esplorare rispetto a questi temi, creando delle opportunità. Invece il fenomeno è abbastanza ignorato, nonostante qualche tentativo”.

Né aiutano, in tema di sviluppo dei piccoli borghi, i criteri di gestione dei fondi del Pnrr sui quali Mignogna non ha mai nascosto perplessità: “È una critica che viene da lontano, dalla sua impostazione iniziale, non si riferisce alla fase esecutiva. Ciò che pensavamo un paio di anni fa si sta confermando. Se si utilizza uno strumento che mette sulla stessa linea di partenza i territori in maniera uguale e si eccede nella distribuzione delle risorse attraverso i bandi è normale che ci siano territori più pronti di altri. Non si può pensare, per esempio, di competere con Bologna, o comuni del Veneto e della Lombardia. Si rischia di arrivare sempre dopo, nonostante i correttivi”. 

Secondo Mignogna il ricorso sistematico ai bandi incentiva la competitività tra i territori, con benefici nulli per i borghi più deboli, come è accaduto per il ‘Piano borghi’ del Pnrr: “Le sollecitazioni affinché si scongiurasse la competizione tra i centri sono rimaste inascoltate. Presto, secondo me, si vedranno i danni. Su cinquemila piccoli comuni ne sono stati finanziati duecento, senza che nessuno risolvesse i propri problemi strutturali, compresi i beneficiari. Non è un finanziamento che ti salva, ma la politica adeguata di lungo respiro, che sappia leggere i territori. Un Pnrr uguale per tutto il territorio nazionale è uno strumento che non legge i territori e rischia di essere ingiusto nei confronti di alcuni di questi”. 

Tuttavia, il futuro di Biccari e dei Monti Dauni, per Mignogna può riservare delle sorprese positive: “Penso che ci siano tante opportunità e occasioni. Ci sono tante cose che stanno andando in una direzione favorevole ai borghi”.

Molto però dipenderà dagli attori protagonisti: “La politica dovrà essere capace di mettere i comuni delle aree interne al centro della propria agenda o tra i punti più importanti. Ci sono questioni da affrontare con una certa velocità (come lo spopolamento) e se non lo si fa, si rischia che diventino irrisolvibili nel tempo”.

Un ruolo tutt’altro che marginale dovranno svolgerlo anche gli amministratori locali e la comunità: “Nel libro dico di guardare sì con occhio critico a certe politiche nazionali che sono venute meno, ma il primo agente di sviluppo locale sono proprio le comunità locali. Quelle che saranno in grado di attivarsi, di sperimentare, di leggere le nuove tendenze avranno più possibilità di farcela. Il compito degli amministratori non deve essere solo quello di gestire il patrimonio e i servizi comunali, ma immaginare traiettorie di sviluppo che siano coerenti con il territorio e garantiscano occasioni e opportunità”. 
 

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