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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Il 'pactum sceleris' della 'Società' che piegava la città: ritorsioni anche armate a chi non si adeguava

La maxi operazione trae origine dal procedimento relativo all’omicidio di Roberto Tizzano. L’operazione eseguita oggi si è focalizzata sulle fonti di guadagno illecite della struttura criminale, derivanti, secondo le indagini, da due canali: droga ed estorsioni

Ottantadue soggetti - tutti gravemente indiziati per associazione per delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di droga ed altri reati aggravati dal metodo mafioso - sono stati arrestati questa mattina nel corso dell'operazione antimafia ribattezzata 'Game Over', la più imponente di sempre nella città della 'Quarta Mafia' e delle tre consorterie criminali della 'Società Foggiana'.

La prosecuzione, in termini investigativi, di Decima Azione e Decimabis. Poco più di venti soggetti erano già ristretti in carcere. Ci sono anche due donne, di cui una era intranea al sodalizio. L'altra è l'unica ad esser stata ristretta ai domiciliari. Alcuni soggetti sono deceduti, assassinati o per morte naturale. Importante si è rivelato l'apporto di due collaboratori di giustizia, figure criminali non di particolare rilievo.

I nomi degli arrestati e soggetti coinvolti

A partire dalle primissime luci dell'alba, ad eseguire le misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale di Bari, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia con il contributo di un magistrato della Direzione Nazionale Antimafia, sono stati i carabinieri del comando provinciale di Foggia, con il supporto operativo dei militari degli altri comandi provinciali dell’Arma della Legione Carabinieri 'Puglia', dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Puglia', dei Nuclei Cinofili  del 112 di Modugno, Chieti e Tito, nonché del Nucleo Elicotteri Carabinieri di Roma e dell’11° Reggimento Carabinieri Puglia

La maxi operazione trae origine dal procedimento relativo all’omicidio di Roberto Tizzano e al contestuale ferimento di Roberto Bruno, entrambi esponenti di rilievo della batteria 'Moretti-Pellegrino-Lanza', attinti con colpi d’arma da fuoco il pomeriggio del 29 ottobre 2016 all'interno di un bar di via San Severo. Per l'agguato sono stati condannati, in via definitiva Patrizio Villani, Cosimo Damiano e Francesco Sinesi, tutti appartenenti alla batteria 'Sinesi-Francavilla'.

Le sentenze hanno accertato che mandante dell’efferata azione era stato Francesco Sinesi, in risposta al tentato omicidio perpetrato, il 6 settembre 2016, ai danni di suo padre Roberto, capo storico dell’omonima batteria mafiosa. Il luogo del delitto, bar 'All’H24' si è rilevato, a seguito delle indagini compiute, la base operativa centrale del traffico di sostanze stupefacenti.

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Dagli sviluppi investigativi, mediante l’uso massivo di attività tecniche, anche di ultima generazione, è stata possibile l'esecuzione di due importanti inchieste antimafia coordinate sempre dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, ovvero  'Decima Azione' e 'DecimaBis'. Settanta arresti insieme.

L’operazione eseguita oggi si è focalizzata sulle fonti di guadagno illecite della struttura criminale, derivanti, secondo le indagini, da due canali: da una parte le estorsioni ai danni al tessuto imprenditoriale praticate con lo scopo di far confluire i proventi illeciti nella 'Cassa comune' utilizzata per il sostentamento, l’assistenza e la sopravvivenza del sodalizio mafioso; dall'altra il fiorente traffico di sostanze stupefacenti perpetrato con un sistema di regole aggressivo e minuzioso, che hanno garantito, ai vertici operativi del sodalizio coincidenti con i vertici delle batterie mafiose, la possibilità di un controllo capillare e di una posizione di monopolio nella vendita della cocaina  attraverso l’imposizione, pena di pesanti ritorsioni anche di natura armata, di commercializzare esclusivamente lo stupefacente fornita dal sodalizio.

L'obbligo attuato con le caratteristiche tipiche delle organizzazioni mafiose, ha assicurato all’associazione consistenti profitti illeciti ed ulteriori sette euro per ogni grammo di cocaina venduta a Foggia. Profitti, questi, utilizzati anche per alimentare la “cassa comune”, funzionale al perseguimento degli scopi criminali della Società.

Secondo quanto emerso e ritenuto dal Gip, i delitti contestati sarebbero stati perpetrati con metodologie organizzative ed operative che ricalcano fedelmente quelle praticate in materia di estorsioni. Le tre articolazioni hanno esercitato la loro “pressione mafiosa” per la monopolizzazione del traffico di coca in città.

Per i narcotraffici il sodalizio in questione ha pianificato dettagliatamente l’organizzazione del traffico di cocaina attraverso continue riunioni in cui sono state determinate rigide regole; ha imposto il monopolio della vendita di cocaina mediante una forza intimidatrice propria, derivante dal riconosciuto nonché temuto spessore criminale dei soggetti al vertice dell’organizzazione stessa, direttamente investiti dagli storici capo clan, che si sono avvalsi di una fitta rete informativa, utilizzata per controllare militarmente le 'piazze”' di spaccio; ha immesso sul mercato cittadino considerevoli quantitativi di sostanze stupefacenti, stimati in circa 10 chilogrammi al mese, acquistati ad un prezzo di poco inferiore ai 40 euro al 3 grammo, poi rivenduta, a seconda dei casi, a 55 o 60 euro.

I profitti realizzati dalla consorteria mafiosa sono quantificabili in almeno 200mila euro al mese, mentre le dosi di cocaina immesse sulle piazze di spaccio corrispondono, invece, a circa 50mila al mese; ha usufruito di depositi sorvegliati per la custodia ed il confezionamento della cocaina; ha “governato” le piazze di spaccio con una fitta rete di venditori, tutti pienamente consapevoli di operare illecitamente nell’ambito di contesto associativo asservito a scopi mafiosi (c.d. finalizzazione mafiosa del narcotraffico), inquadrati in vere e proprie “squadre operative” e ripartiti, secondo il livello operativo, nella “lista dei grossi” e nella “lista dei piccoli”, a cui venivano distribuiti con cadenza regolare quantitativi prestabiliti di cocaina, nell’ordine delle centinaia di grammi i primi e delle decine di grammi invece i secondi; ha mantenuto una minuziosa contabilità della droga distribuita alle “squadre di spaccio” e dei relativi corrispettivi realizzati, riscuotendoli mediante gli “addetti al giro inverso” presso gli spacciatori ed elaborando così vere e proprie “liste della contabilità”, funzionali alla gestione del narcotraffico; ha raccolto i profitti del traffico di droga e, in analogia con la gestione dei profitti delle estorsioni, ha alimentato la “cassa comune”, utilizzata per distribuire i guadagni illeciti, assicurare somme ai sodali, denaro devoluto al mantenimento dei familiari ed accoliti in stato di detenzione, anche al fine di scoraggiare il fenomeno del pentitismo.

Le tecniche investigative hanno messo in luce l’essenza e la natura dei vincoli che univano - a vario titolo - tutti i soggetti coinvolti nel core business del 'Sistema', vale a dire l’esercizio in forma “imprenditoriale” della cessione di cocaina.   

La strategia criminale dei componenti dell’organizzazione presupponeva – come è risultato da talune conversazioni chiare ed esplicite - la sussistenza “a monte” di un 'pactum sceleris', siglato dai capi storici dei clan componenti le batterie mafiose confederate nella 'Società Foggiana'.

I metodi di gestione del traffico di stupefacenti (a cui gli stessi indagati avevano dato, a loro volta, il nome di 'Sistema'), prevedevano l’attribuzione, all’interno del sodalizio, di ruoli ben definiti e per ciascuno dettagliatamente ricostruito agli esiti del vaglio del materiale investigativo raccolto.

Le indagini così condotte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Foggia, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e con il contributo della Direzione Nazionale Antimafia, che ha applicato il magistrato Giuseppe Gatti, hanno permesso di conoscere numerosi e dettagliati elementi caratterizzanti le complesse ed articolate dinamiche delittuose dell’organizzazione mafiosa, nonché i rapporti interni, non privi di conflittualità tra gli stessi indagati, l’accurato modus operandi utilizzato, la portata del traffico di stupefacenti commercializzato in regime di monopolio, controllato grazie al ricorso a metodi mafiosi, ed in ultimo anche la ripartizione e destinazione finale dei profitti illecitamente realizzati, per alimentare, senza soluzione di continuità, il 'Sistema' della 'Società foggiana'

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