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Renzi lascia il Pd, chi lo segue nel Foggiano. Ragni e Frattarolo: "Fine dell'ipocrisia". Gentile attende: "Voglio le primarie in Puglia"

Non che Renzi abbia lasciato un presidio robusto da queste parti, i dem foggiani non ci hanno messo molto ad abbracciare altri progetti. Ma qualcuno c'è. Un breve excursus tra chi ha deciso, chi resiste e chi osserva

“C’è grande confusione sotto questo cielo” alza le mani un dem, “Google ancora non ci mostra con chiarezza il percorso, vediamo cosa succede”. Per quanto atteso, lo strappo di Matteo Renzi ha messo in fibrillazione il Pd nazionale e periferico. Gli occhi sono puntati su cosa l’ex presidente del consiglio ed ex segretario nazionale del Partito Democratico dirà questa sera a ‘Porta a Porta’, da Bruno Vespa. Diversi sono i nodi che i renziani di Capitanata vorrebbero che il senatore di Scandicci sciogliesse sulla Rai nazionale. La decisione è importante, va calcolata e ponderata bene. Non tutti i renziani foggiani sembrano disposti ad un salto di cui non sono note meta, modalità e strumenti. Nutrito il gruppo di coloro che hanno dato vita all’esperienza, anche da queste parti, dei “Comitati di Azione civile” di marca renziana. All’Auditorium Santa Chiara venne a spiegarli Ivan Scalfarotto, che ha già salutato i dem. Non tutti i foggiani, però. Ora che alea iacta est, gli interrogativi si affollano: Dove andiamo? Qual è l’obiettivo? L’avvocato Michele Vaira, ad esempio, tra i primi animatori, pare preferisca per un po’ stare alla porta ad osservare prima di sbilanciarsi. C’è, ovviamente, chi non ha alcun dubbio a salutare Piemontese&co e passare armi e bagagli nel nuovo soggetto di cui ancora non è ben noto il nome, complice anche la difficile esperienza di convivenza vissuta nel Pd. Spesso in contrapposizione (se non quasi sempre) col gruppo dirigente, lasciato altrettanto spesso ai margini, non ha dubbi ad esempio Aldo Ragni, attuale componente della direzione regionale del partito. “Renzi ha parlato della necessità di costruire una Casa innovativa. Giovane e femminista. Io partirei da qua. Dal fatto che i partiti tradizionali sono in difficoltà in tutta Europa. Noi ci abbiamo provato a costruire col PD un partito in grado di elaborare un pensiero politico nuovo, che corrispondesse alle esigenze del secolo nuovo. Ma non ce l'abbiamo fatta – dichiara a Foggiatoday-. Dal giorno dopo la sua fondazione il PD si è trasformato in un insieme di comitati elettorali. Poi c'è un altro aspetto. Se è venuta meno la vocazione maggioritaria, e si va verso un sistema proporzionale, è il progetto stesso del PD che viene meno” sentenzia. Adesioni e scetticismi? “Il progetto è appena stato annunciato. E' difficile prevedere chi aderisce e chi no. Immagino che anche in provincia di Foggia chi ha aderito ai comitati lo abbia fatto con la consapevolezza che questa sarebbe stata l'evoluzione. Poi certo, qualcuno si fermerà ma sono convinto che ci sarà più di qualcuno che non ha ancora aderito ai comitati perché temeva che fosse una corrente del Pd e adesso potrà farlo”.

Liscio come l’olio verso nuovi orizzonti anche il giachettiano Lorenzo Frattarolo. Senza alcun rimorso, anzi. “Per quanto mi riguarda – dice il già delegato nazionale - la vera scissione nel PD è avvenuta il 4 dicembre 2016 quando pezzi di partito, più o meno palesemente, votarono contro il progetto di riforma costituzionale, oggi è stato stracciato soltanto un inutile velo di ipocrisia. Nella legislatura con la maggior spinta riformista e con un partito forte alla guida si è avuta una quantità di fuoco amico mai avvenuta nella storia repubblicana. Per chi crede nell’Europa e nella necessità di riforme strutturali coraggiose per il nostro paese è importante che esista una nuova casa. È il caso di ricordare che atti del governo Renzi venivano impugnati da regioni a guida PD, cosa che per esempio non è mai avvenuta con Salvini al governo. Sembra assurdo ma è così”. “Stranezze – aggiunge, usando un eufemismo- che hanno disorientato in primis gli iscritti, i simpatizzanti e quella enorme platea di delusi e non rappresentati. Renzi ha condotto un capolavoro politico quest’estate, ha riportato al centro l’importanza della democrazia parlamentare, mettendola per il momento al riparo da pericolose spinte sovraniste e autoritarie. Continuare ad avere i principali avversari al proprio interno è dilaniante e soprattutto inutile per tutti. Suggerisco pertanto di guardare al futuro senza inutili drammatizzazioni. Esiste una cosa più importante per tutti a cui pensare, l’Italia”.

Sono loro gli unici due a rilasciare dichiarazioni nette, a compiere scelte precise. Il resto è un corpo magmatico. Alla Leopolda sicuramente le cose saranno più chiare, anche in Capitanata. “Renzi? Prevedibile – dichiara l’ex sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi, che parrebbe guardarsi intorno dopo esser stato vittima del suo stesso partito. Se consumerà o no lo strappo definitivo, però, non è ancora chiaro: “Devo capire” taglia corto.

Descrive alla perfezione il momento di massima confusione che sta vivendo non solo il Pd ma la politica italiana tutta l’ex europarlamentare di Cerignola Elena Gentile. “Non so se andrò alla Leopolda, sto cercando di fare le mie valutazioni” ci dice quando la contattiamo. Gentile è impegnata nella difficile contesa con Michele Emiliano. “Ho deciso di partecipare a questa fase elettorale che attende la Puglia, io non ho assolutamente abbandonato l’idea delle primarie”. Ma Emiliano sì, a leggere i quotidiani. “Vediamo, sto aspettando le decisioni del partito, devono spiegare perché no eventualmente, come può il Partito Democratico rinunciarvi. Io di certo non vi rinuncio. Ecco perché – ragiona- è prematuro dire o fare alcunché. Bisogna capire ad esempio cosa faranno i renziani rispetto alle primarie? Staranno fuori? E alle elezioni regionali come si comporteranno? Potrebbero costituire la prima occasione per mettere radici in Puglia? Non dimentichiamo che c’è tutta la matassa cinquestelle da sbrogliare: parteciperanno alle primarie? Cosa faranno?”. Non si sa. Eppure la tentazione c’è. Gentile non ha dimenticato il “trattamento” ricevuto dal suo Pd alle recenti elezioni europee. “Sono rimasta fuori per 400 voti, sarebbe bastato un impegno in più del mio partito in questa provincia”. “Un po’ di giorni saranno utili e necessari per capire in che direzione si cammina. Dipende molto da ciò che accadrà in Puglia. Per adesso sto ferma, non mi muovo. Non bisogna farlo per mero tifo ma perché si condividono degli obiettivi. Io ho votato sì al referendum costituzionale perché credevo in quelle riforme, sulla scorta di un ragionamento politico”.

E poi c'è il discorso Carlo Calenda. “Il confine del Pd ha due crepe oggi. Calenda molti lo sottovalutano e invece va seguito  perché ha un profilo differente dal politico tradizionale – avverte Gentile-. E’ concreto, deciso, ha detto no ai 5s con coerenza. Gli ingredienti della sua visione politica sono forse molto più attrattivi di quanto chiunque possa immaginare, sarà una calamita per gente non molto schierata, più o meno libera e indipendente”. Due crepe, appunto, “che rischiano di dare un bel colpo al Pd – conclude l’ex eurodeputata- perché quelli che escono saranno più di quelli che entreranno, se è vero tra l’altro che è già pronto il red carpet per D’Alema”.

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