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Domenica, 28 Aprile 2024
Politica

Fine dal campo largo, sfratto del PD ai cinquestelle Barone e Furore: "Chiedano scusa a Lia Azzarone"

I retroscena delle trattative nella coalizione di centrosinistra raccontati dal segretario provinciale Dem Pierpaolo d'Arienzo

“A Foggia è chiaro ed evidente che i rapporti di interlocuzione con il Movimento 5 Stelle siano cambiati, anche in virtù del risultato elettorale dell’attuale gruppo consiliare”. A svelare i retroscena delle trattative per la composizione della Giunta e a tirare fuori gli artigli è il segretario provinciale del Partito Democratico, Pierpaolo d’Arienzo.

Sempre piuttosto inquadrato e discreto, questa volta avverte l’esigenza di un chiarimento, anche alla luce del caso Lia Azzarone, sollevato dai plenipotenziari M5S al tavolo della coalizione. “È stata una vicenda vergognosa”.

Tralascia gli aspetti politici, considerato che si parla di una dirigente di partito, un’alta in grado, presidente regionale del Pd. “Penso che si sia andato oltre da un punto di vista umano - afferma il sindaco di Monte Sant’Angelo, leader provinciale del partito di Elly Schlein - Credo che debbano delle scuse pubbliche a Lia Azzarone”.

Si riferisce a coloro che hanno partecipato all’ultimo tavolo di coalizione, per quanto pronunci i loro nomi una sola volta in 45 minuti di intervista: i convitati di pietra sono il coordinatore provinciale M5S, europarlamentare Mario Furore, e l’assessora al Welfare della Regione Puglia, Rosa Barone. Del resto, non è un mistero che con i loro alter ego del Pd non ci sia stato mai feeling.

“Quando siamo arrivati alla questione di inopportunità, era evidente per noi come si trattasse solamente di un pretesto. Adesso, chi lo ha sollevato credo debba non solo chiedere scusa, ma a questo punto, visto come ha condotto la trattativa, dovrebbe fare una riflessione, se non sia forse il caso di fare un passo di lato”, è l’affondo di d’Arienzo, senza giri di parole.

È un fiume in piena. Questa volta non lo ferma nessuno. È la sua ‘operazione verità’. Il segretario provinciale Dem ripercorre tutte le fasi del tavolo delle trattative: “Non è un caso che, se per 45 giorni non abbiamo chiuso l'accordo, poi in meno di 24 ore, dopo che abbiamo interessato il gruppo consiliare, si sia chiuso l'accordo”.

Il Pd è stata l'ultima delle forze politiche ad essere convocata. “Sin dalla prima riunione, la sindaca disse che per il Partito Democratico aveva pensato a due posizioni assessorili più la Presidenza del Consiglio e, quindi, sulla base di questo schema noi abbiamo fatto i passaggi interni e poi abbiamo confermato anche da parte nostra la disponibilità a ragione su questo tipo di assetto”.

La direzione provinciale e cittadina hanno detto ‘sì’ all’unanimità, prima di allora tutto era possibile. Il Partito Democratico ha scelto di indicare le competenze già presenti all’interno della lista, e ha investito sui due candidati più suffragati, Davide Emanuele e Alice Amatore, “tra l'altro due ragazzi, alla prima esperienza, quindi un investimento anche sul futuro, se vogliamo”.

A quanto si apprende dal segretario provinciale, non sono mai stati fatti nomi al tavolo, se non qualche giorno prima della proclamazione. E, soprattutto, non era mai stato indicato Davide Emanuele alla Presidenza del Consiglio.

“Più di una volta, all'interno del tavolo, abbiamo assistito a questo tentativo del M5S di indirizzare la scelta su Davide Emanuele, perché forse era più gradito a loro. Ora, a parte la scorrettezza di decidere loro nel nostro campo, gli è stato sempre detto, in maniera chiara, che i nomi del Partito Democratico li decide il Partito Democratico. Da quello che ho capito poi successivamente, anche parlando con il resto del gruppo consiliare, siccome questa questione non è mai stata posta, penso che anche questo fosse solamente un tentativo per risolvere qualche problema interno”.

Il nome di Giuseppe Galasso, invece, lo hanno sentito dalla bocca della sindaca, chiarisce oggi il segretario Dem. “La sindaca ci ha tenuto che quelle deleghe fossero date ad un esterno, ad un professionista, perché sono molto delicate e le ha volute in qualche modo svincolare anche dai ragionamenti di tipo politico. Dopodiché, sin dall'inizio ha detto che Galasso sarebbe stato l'assessore di tutte le forze politiche”.

Il Pd ha perseguito sempre la stessa linea durante le consultazioni e i tavoli, anche perché sullo schema i Dem non avevano nulla da eccepire. “Non abbiamo mai cambiato la nostra posizione, a differenza di altri che ogni volta che ci incontravamo creavano problemi, o cambiavano le posizioni”.

In base alla linea stabilita, alla Presidenza del Consiglio il Pd ha indicato la terza in graduatoria, Lia Azzarone. “Pensavamo, pensiamo e penseremo che abbia tutte le carte in regola per poter ricoprire questo tipo di ruolo”.

Scontri, stando alla sua versione, non ce ne sono stati. “In fin dei conti è stata una trattativa - ne ho fatte diverse di trattative del genere - abbastanza tranquilla”.

I problemi sono nati “quando le trattative hanno preso una piega un po’ diversa”: “Noi non riuscivamo a capire il motivo per cui ad ogni tavolo, ad ogni appuntamento della coalizione, le posizioni cambiassero costantemente. E da questo punto di vista, abbiamo iniziato ad avere qualche avvisaglia esterna e avevamo capito, o meglio ci era stato riferito, che c'era forse qualche problema interno al Movimento 5 Stelle, e veniva a questo punto ribaltato sull'intera coalizione, e abbiamo chiesto al Movimento 5 Stelle di evitare di portare problematiche interne al tavolo della coalizione”.

Questo problema interno al Movimento 5 Stelle “si è palesato poi, plasticamente, alla riunione di coalizione quando dovevamo preparare il Consiglio comunale del giovedì, a cui il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle non ha partecipato. Hanno partecipato, invece, Mario Furore e Rosa Barone, arrivati tardissimo. In quell'occasione, tutta quella questione nata sulla persona di Lia Azzarone, anche in un modo abbastanza vergognoso devo dire, strumentale per certi versi, ha raggiunto l’apoteosi”.

Il “putiferio” è sorto intorno al nome di Lia Azzarone, e ad alzare il polverone sono stati i Cinquestelle.

L’aspetto di un eventuale conflitto di interessi, inizialmente sollevato dal M5S, perché il marito di Lia Azzarone ha una società di costruzioni, è una circostanza che il Partito Democratico esclude categoricamente. “La risposta sta nella conoscenza della macchina amministrativa”, osserva d’Arienzo.

In merito all’eventuale iscrizione all’ordine del giorno, per esempio, di un debito fuori bilancio di un’azienda collegata a quella del marito, fa notare che nel caso ci fosse un credito esigibile, sarebbe nato in un periodo antecedente all’amministrazione e, peraltro, la norma “dice come si deve comportare una persona che si possa trovare in un potenziale conflitto di interessi”.

La consigliera comunale potrebbe astenersi o non partecipare alla votazione. Peraltro, il Partito Democratico ha approfondito il caso. “Chi è stato interpellato - stiamo parlando di illustri avvocati - ha chiarito che non esiste. Quando questo è venuto fuori, ed era ormai evidente come non potesse essere utilizzato come scusa, siamo passati al livello di garanzia e non abbiamo capito di che cosa si stesse parlando e che cosa si intendesse per garanzia, e poi addirittura all’inopportunità”.

A quel punto, quando è stata sollevata la questione di inopportunità, stando al racconto di d’Arienzo, che a quella riunione ha partecipato, altre forze politiche avrebbero contestato al Movimento 5 Stelle di porla solo per mascherare un problema interno che avrebbe dovuto risolversi da solo entro il successo giovedì, giorno del Consiglio comunale, senza tirare in ballo il Partito Democratico né le scelte operate dalla sindaca.

“Da quel momento abbiamo iniziato ad avere le prime interlocuzioni con il gruppo consiliare”. Il problema interno al M5S, è stato certificato, secondo d’Arienzo, anche dal voto in aula: ad eccezione di Dal Maso, il gruppo ha detto sì a Lia Azzarone presidente del Consiglio comunale.

“Ciascuno di noi aveva un rapporto diretto con i propri gruppi consiliari e con i propri consiglieri. Evidentemente non tutti hanno agito in questo modo, perché poi abbiamo avuto problemi in tal senso e abbiamo dovuto risolvere anche i problemi in casa di altri”.

Della trattativa, secondo il racconto di Pierpaolo d’Arienzo, il gruppo consiliare M5S sarebbe stato tenuto all’oscuro e non si è presentato alla riunione decisiva del centrosinistra perché “doveva dare in qualche modo un segnale a qualcuno. Lo volevano dare forse a noi, perché evidentemente lo avevano già dato alla loro dirigenza”.

A parte lo stallo, il problema che ha rischiato di far saltare la Giunta a poche ore dalla sua presentazione “cambia i rapporti e in qualche modo anche il riconoscimento reciproco della leadership politica. Oggi è chiaro ed evidente a tutti che il Movimento 5 Stelle a Foggia è rappresentato da un gruppo consiliare e dagli assessori nominati”.

Il Partito Democratico instaura un rapporto diretto con i portavoce comunali e si ripromette di farlo anche con i gruppi territoriali in vista degli imminenti appuntamenti elettorali in provincia, perché ogni comune ha una storia a sé. Il campo largo non finisce qui.

Il Pd non lascerà nulla di intentato, e proverà a costruirlo anche sui territori. “Ho dato mandato ai segretari, anche di circolo, di continuare ad avere dialoghi anche con il Movimento 5 Stelle territoriale – spiega d’Arienzo - Se questo significa scavalcare le dirigenze, va bene anche scavalcare le dirigenze provinciali, perché è chiaro che non possiamo abbandonare un'idea politica perché, da parte di qualcuno, manca la presa d'atto che si è sbagliata sostanzialmente la trattativa e si è sbagliato tutto quello che si è fatto da quando abbiamo vinto le elezioni”.

Quella dirigenza M5S “a differenza delle altre non è stata votata – evidenzia il segretario Dem - Mentre io vengo fuori da un processo congressuale, tutti i nostri segretari vengono fuori da processi congressuali, lì invece c'è stata una nomina, c'è un’unzione dall'alto e questo la dice già lunga”.

Pierpaolo d'Arienzo marca le differenze. “Io non vado a dettare le linee nei territori, né tantomeno dico ai segretari di circolo o agli amministratori uscenti come si devono comportare. Ogni realtà ha un suo contesto politico, ci sono elementi che rendono unico ogni luogo a partire anche dai rapporti personali, che a volte influenzano certe scelte. Il segretario provinciale è un facilitatore di processi, ma non possiamo stabilirlo noi a livello provinciale che cosa si debba fare a San Severo, ad Apricena, a Torremaggiore, a Manfredonia, eccetera. Noi possiamo dare una mappa. È anche questo tipo di atteggiamento che io vedo un po’ strano, soprattutto da parte di chi poi si professa in un certo senso democratico o comunque aperto. Più di una volta è stato detto a noi ‘le decisioni le prendo io e decido io quello che bisogna fare, chi non è d'accordo se ne va fuori, esce fuori dal Movimento’. Questo atteggiamento per me non è proprio corretto politicamente, però ognuno a casa propria si comporta come vuole. Dopodiché, sui territori io non ho dato mandato di interrompere il campo largo”.

L’esperimento, a sentire lui, ha dimostrato di funzionare. “Oggi non so da un punto di vista politico e anche nell'ottica di un investimento futuro, dove si voglia arrivare e perché si stia in qualche modo incanalando la situazione politica in una strada che secondo me non porterà a niente, se non a divisioni ulteriori. A Foggia il campo largo ha funzionato, non aveva la finalità di ammassare forze politiche, ma c'era un ragionamento che era iniziato con l'esperienza regionale, è continuato con quella provinciale, dove il Partito Democratico ha sostenuto, non avendo presentato liste, anche candidati del Movimento 5 Stelle. Io, personalmente, ho votato Nunzia Palladino di San Giovanni del Movimento 5 Stelle, perché c'era sostanzialmente un nostro accordo in vista anche di questa costituzione di un campo più largo e ritengo che sia stata una scelta giusta e, soprattutto, una scelta che ha portato anche i suoi frutti”. Non se ne pente.

“Ora, chiudere questa esperienza sui territori, in virtù di quello che è successo a Foggia, e che dal mio punto di vista, ma credo sia il punto di vista anche di molti di quelli che stanno nel Movimento 5 Stelle, non ha nulla a che vedere, perché si tratta di dinamiche a tutte interne a Foggia, penso che sia un errore politico. Credo che il problema sia dovuto anche al fatto che la dirigenza ha candidato nelle liste persone proprie che non sono state elette, e quindi i rapporti di forza sono cambiati, ma questo non significa rompere con le altre forze politiche. Se hai un problema interno, risolvi il tuo problema interno”.

Alle Provinciali, osserva, non è necessario presentarsi in coalizione. “Tecnicamente, ciascuna forza politica presenterà la propria lista. Sarà cura del presidente, visto che è stato il centro della sintesi, cercare la quadra. Ma, lo ripeto, per quanto mi riguarda l'esperienza del campo largo può tranquillamente andare avanti, indipendentemente da quello che succede in un posto o nell'altro. Non penso che si possa fare un ragionamento a tappeto. Poi, come dirigente, tenderei a massimizzare il risultato per il mio partito, più che per la mia persona. A meno che – prosegue d’Arienzo - lo scopo sia quello di massimizzare il mio tornaconto personale in vista di qualche altro appuntamento elettorale. Se sfasciare il campo largo può servire per ottenere più voti, perché non ci andiamo a mischiare nei vari gruppi, per esempio per le Europee, è anche questo un ragionamento politico, ci sta ed è legittimo, e può essere anche condivisibile se vogliamo, però non credo che poi vada di pari passo con l'interesse del Movimento”.

Il segretario tende la mano agli attivisti e alla base, per non mandare all’aria l’esperimento del campo largo, ed è pronto ad intessere con loro le future interlocuzioni. “Noi continueremo il rapporto di collaborazione con i Cinquestelle, non solo a livello di governo cittadino e non solo in amministrazione, ma anche a livello politico, per cui costruiremo interlocuzioni con il Movimento 5 Stelle che può anche fare a meno dalla sua dirigenza provinciale, visto che è la dirigenza che non vuole più il dialogo sui territori e anche su Foggia. Siccome ci pare di capire che non è il parere di tutti e non è quello che vuole il Movimento 5 Stelle nella sua interezza, ci sembra opportuno non buttare a mare tutto questo lavoro che abbiamo fatto e ragionare con chi è disposto a farlo con il Partito Democratico e con le altre forze politiche”.

Ma non chiude definitivamente all’europarlamentare Mario Furore e all’assessora al Welfare Rosa Barone: “Per quanto mi riguarda, io sarei pronto a sedermi al tavolo già da domani mattina con gli stessi interlocutori, se necessario. Mettendo da parte anche tutto quello che è successo, perché poi se siamo dirigenti di partito dobbiamo avere anche la maturità politica di superare determinati momenti e non farci prendere dal rancore o da altri sentimenti, che in politica fanno commettere errori, anche gravi qualche volta. Il caso di Foggia è una contingenza ed è stato chiuso. Noi siamo dirigenti politici - conclude d'Arienzo - adesso dovremmo occuparci di altro”.

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