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Cronaca

Prestiti a tassi usurari, pesanti condanne per quattro foggiani alla sbarra: tra le vittime famiglie e imprenditori

Le indagini risalgono al 2015 e hanno accertato come gli imputati abbiano influenzato sia il ramo imprenditoriale foggiano, sia quello delle famiglie venutesi a trovare in difficoltà economiche

Pesanti condanne per usura emesse dal Tribunale di Foggia. Con sentenza emessa ieri, Martino Piserchia, Nardino Piserchia, Luigi Matteo Piserchia e Michele De Tinno, sono stati condannati per il reato di usura continuata e aggravata, infliggendo pesanti pene (fino a sei anni e sei mesi di reclusione) e imponendo loro anche il pagamento di una cospicua somma di danaro in favore della Fondazione Buon Samaritano, costituitasi parte civile nel processo.

Le pronuncia costituisce l'esito processuale (in primo grado) delle attività di indagine iniziate dalla Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica — Aliquota Polizia di Stato del maggio 2015. In particolare, la Polizia di Stato, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare, procedeva all'arresto dei soggetti, a seguito di una operazione che scaturiva da una complessa attività investigativa, che consentiva di portare alla luce la pervasività del fenomeno usurario nella provincia di Foggia.

Le investigazioni svolte dalla Polizia di Stato, coordinata e diretta dalla Procura della Repubblica di Foggia, consentiva di acquisire un solido quadro indiziario a carico degli imputati, i quali si mettevano in comunicazione ed in relazione con diverse persone (tra cui diversi imprenditori in stato di bisogno), concedendo prestiti di denaro a tasso usurario. Nel corso delle indagini si accertava come, nelle logiche espansionistiche, i soggetti abbiano influenzato sia il ramo imprenditoriale foggiano, sia quello delle famiglie venutesi a trovare in difficoltà economiche. Il Tribunale di Foggia, in primo grado, sposando in toto l'impostazione accusatoria (ed accogliendo le richieste avanzate dal Sostituto ProcuratoreRosa Pensa, che ha sostenuto l'accusa in giudizio), ha riconosciuto gli imputati responsabili dei reati loro ascritti, condannandoli a pene elevate. 

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