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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Spaccio di cocaina fruttava 200mila euro al mese: il 'Sistema' in regime di monopolio che alimentava i clan mafiosi

L'attività delittuosa era perpetrata mediante la violenta imposizione, in regime di monopolio, di un "sistema" regolativo di matrice mafiosa, oltre che caratterizzata da un controllo capillare dell'esercizio professionale della compravendita di cocaina sull'intero territorio urbano

L’operazione ‘Game Over’ contro la Società Foggiana che oggi, 24 luglio, ha portato all’arresto di 82 persone (i nomi), è la conclusione della indagine avviata con l’attivazione delle intercettazioni ambientali e le riprese audio-video, rispettivamente all'interno e all'esterno del  bar ‘All'H24’ di via San Severo, dove il 29 ottobre 2016 fu assassinato Roberto Tizzano e ferito Roberto Bruno.

Quel giorno, il commando composto Patrizio Villani, Cosimo Damiano e Francesco Sinesi, aveva agito in risposta al tentato omicidio perpetrato due mesi e mezzo prima, il 16 settembre, in via San Giovanni Bosco nei confronti del boss dell'omonima batteria mafiosa Roberto Sinesi, mentre in quel momento era in auto con la figlia e il nipotino. Per il tentato omicidio, nel febbraio scorso, è stato arrestato l'uomo dei Moretti-Pellegrino, Giuseppe Albanese (leggi qui).

Il bar di via San Severo, frequentato da molti pregiudicati, si rivelerà luogo di incontro e base operativa per il traffico di stupefacenti da parte degli esponenti di vertice delle batterie della Società Foggiana. Peraltro, anche il titolare era stato inserito nell’elenco degli spacciatori del 'Sistema', allestito dai vertici della 'Società' per la gestione, in regime di monopolio, del traffico di cocaina in città. In alcuni casi anche di eroina e droga leggera.

Alcuni tra gli indagati della più vasta operazione antimafia di sempre, erano clienti abituali del locale. Spesso, infatti, si intrattenevano nelle immediate vicinanze discutendo dell'approvvigionamento di stupefacenti - in diverse occasioni consegnato nei pressi di tale esercizio commerciale - o delle strategie operative per la distribuzione del narcotico e il recupero dei crediti derivanti dall'attività di spaccio.

Gli elementi raccolti hanno consentito di ricostruire gli ambiti operativi della associazione mafiosa costituiti da due pilastri: il ‘Sistema’ delle estorsioni ai danni al tessuto imprenditoriale, già delineato nei procedimenti scaturiti dalle operazioni denominate ‘Decima Azione ‘e 'Decimabis', e quello relativo al traffico di droga,  attività delittuosa perpetrata mediante la violenta imposizione, in regime di monopolio, di un "sistema" regolativo di matrice mafiosa, oltre che caratterizzata da un controllo capillare dell'esercizio professionale della compravendita di cocaina sull'intero territorio urbano.

Infatti, è emerso che l'imposizione dell'obbligo di immettere sul circuito cittadino esclusivamente la cocaina fornita dai vertici operativi del sodalizio, pena pesanti ritorsioni anche armate, ha consentito in modo stabile e continuativo di ricavare la somma di ulteriori 7 euro per ogni grammo di cocaina venduta. Somma ricavata dal!a differenza tra il prezzo di 55 euro al grammo imposto dal sodalizio, rispetto al prezzo di 48 euro al grammo applicato da fonti esterne.

L'imposizione di tale somma - come risulta dal tenore delle conversazioni intercettate - contribuiva ad alimentare la cassa comune del sodalizio utilizzata per il sostentamento, l'assistenza (anche legale) e la sopravvivenza della Società composta dalle tre storiche batterie criminali dei Sinesi-Francavilla, Moretti-Pellegrino-Lanza, Tolonese-Prencipe.

Fondamentali si sono rivelate anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Chi a Foggia gestiva il business della droga nell'interesse dei clan pianificava dettagliatamente l'organizzazione del traffico di cocaina attraverso continue riunioni in cui si determinavano rigide regole; imponeva il monopolio della vendita di cocaina mediante una forza intimidatoria derivante dallo spessore criminale dei soggetti al vertice dell'organizzazione in qualità di diretta promanazione di storici capo clan e si avvaleva di una fitta rete informativa che consente di controllare le piazze di spaccio, così assicurandosi il predominio nel contesto di riferimento.

Inoltre, attraverso continui canali di rifornimento, venivano immessi sul mercato circa 10 chilogrammi al mese di cocaina, acquistato ad un prezzo di poco inferiore ai 40 euro al grammo, rivenduto, seconda dei casi, a 55 o 60 euro al grammo. I profitti realizzati ammontano ad almeno 200mila euro al mese, mentre le dosi immesse sulle piazze di spaccio, calcolate sulla base della proporzione tra il principio attivo e lo stupefacente sequestrato ed analizzato, corrisponde ad oltre 50mila dosi di cocaina al mese.

Il sodalizio criminale disponeva di depositi sorvegliati per la custodia ed il confezionamento della cocaina; governava le piazze di spaccio con una fitta rete di venditori inquadrati in vere e proprie squadre e ripartiti, secondo il livello operativo, nella ‘lista dei grossi’ e nella ‘lista dei piccoli', a cui venivano distribuiti con cadenza regolare, mediante consegna a domicilio, ‘stock’ prestabiliti di cocaina, nell'ordine delle centinaia di grammi i primi e delle decine di grammi i secondi.

Il gruppo manteneva una minuziosa contabilità della droga distribuita alle squadre di spaccio e dei corrispettivi realizzati, riscuotendoli mediante gli addetti al giro inverso, presso gli spacciatori, ed elaborando vere e proprie ‘liste della contabilità’, funzionali alla gestione del narcotraffico. Raccoglieva i profitti del traffico di droga e, in analogia con la gestione dei profitti delle estorsioni, alimentava la 'cassa comune' utilizzata per distribuire i guadagni illeciti, assicurando risorse economiche ai sodali, devolute al mantenimento dei familiari ed accoliti in stato di detenzione.

Le intercettazioni hanno così consentito di disvelare le strategie operative dei conversanti.

Inconsapevoli dell'attività captativa in corso e utilizzando un linguaggio criptico volto a identificare la cocaina ('polvere'. 'pietra', 'pacco', 'cosa', 'nera', 'roba') o attraverso l'indicazione del quantitativo espresso in grammi o in chili, del prezzo, della qualità o della consistenza del narcotico ('buona'; 'dura', 'morbida', si sfarina'), dell'ammontare del guadagno (mezzo punto) e attraverso il riferimento alle sostanze utilizzate per il taglio (mannite o talvolta manna') e del materiale utilizzato per il confezionamento, hanno rivelato elementi utili a ricostruire le condotte di reato, in alcuni casi suffragati da attività di polizia giudiziaria effettuata a riscontro, attraverso il sequestro della sostanza stupefacente, di armi o di documentazione, con particolare riferimento alle ‘liste’ che contenevano la puntuale e periodica rendicontazione dell'attività di spaccio esercitata, mediante l'indicazione di somme di denaro e dei soggetti coinvolti nell'attività illecita.

Talvolta, le intercettazioni hanno consentito di documentare in diretta le operazioni di manipolazione, taglio e confezionamento della cocaina o la compilazione delle liste. Quelle ambientali all'interno delle auto, di talune abitazioni dove veniva custodita la sostanza stupefacente o dei luoghi di incontro per definire le strategie operative e il tracciamento degli spostamenti dei veicoli, hanno invece consentito di documentare numerosi e fugaci incontri, nel corso dei quali, con sistematiche modalità operative, avveniva il rifornimento, il successivo deposito della sostanza stupefacente assicurati dalla presenza degli addetti alla sorveglianza, il prelievo del narcotico e la successiva consegna agli addetti alla distribuzione.

Le conversazioni captate in diretta hanno consentito di tracciare i movimenti del narcotico. I commenti registrati prima o dopo il rifornimento della sostanza o la consegna agli addetti alla distribuzione o, in taluni casi, dopo l'intervento della Pg, hanno consentito di consolidare il quadro indiziario emerso a carico degli indagati, oltre che di documentare la condivisione degli scopi e delle spese legali sostenute dai sodali.

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