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Cronaca

Prima Brumotti e poi gli agenti sotto copertura: i 'bunker della droga' abbattuti con la strategia 'undercover'

Come gli agenti sotto copertura si sono infiltrati nei 'fortini della droga' di San Severo, ben 13 piazze di spaccio. Alcuni passaggi dell'operazione Troy

Una operazione 'undercover' durata dieci mesi. Così la polizia, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Foggia, ha espugnato i 'bunker della droga' di San Severo, città crocevia di ingenti traffici di sostanze stupefacenti. Nell'operazione di ieri 10 ottobre, denominata 'Troy', sono stati eseguiti oltre 40 arresti grazie al lavoro di due “trojan umani” infiltrati nelle ricche piazze di spaccio sanseveresi per svelarne i luoghi, i meccanismi, i canali di approvvigionamento e di smercio.

Un lavoro certosino rispetto al quale erano stati rimandati gli arresti, i sequestri dello stupefacente e dei beni strumentali all’attività criminale nella disponibilità degli indagati, oltreché gli adempimenti relativi al sequestro della sostanza stupefacente acquistata dai poliziotti sotto copertura, al fine di garantire l’esecuzione e la prosecuzione delle indagini, "che sarebbero risultate, se non impossibili, certamente vane in caso di esecuzione immediata degli arresti flagranza e dei sequestri con i relativi adempimenti". 

Stroncato un business da 5 milioni di euro al mese, svelate le attività di spaccio in 13 piazze presidiate da vedette e ‘pusher’, che agiscono indisturbati a tutte le ore del giorno e della notte, non temono la presenza delle forze di polizia e possono contare, da un lato, sulla conformazione urbana dei rioni interessati (caratterizzati da reticolati di vie e vicoli accessibili solo a piedi), sovente rivelatisi impenetrabili; dall’altro sulla rassegnazione, la paura e l’omertà che riescono a incutere sugli acquirenti e sul resto della popolazione.

Con l'intento di valutare i presupposti che hanno reso necessaria l’attività di polizia giudiziaria sotto copertura e di avere il quadro complessivo nel quale nella fase iniziale delle indagini si sono inseriti i decreti di autorizzazione ad operare ex art. 9 della legge 146 cit - nonché della valutazione della sussistenza delle condizioni di fatto per dar corso alla attività ‘speciale’ - nella richiesta di convalida e contestuale richiesta di applicazione di misura cautelare personale - viene evidenziato come il procedimento che ha portato al maxi blitz, sia nato in concomitanza e a seguito dei noti e violenti fatti accaduti il 5 ottobre 2021, quando un nutrito gruppo di residenti del quartiere 'San Bernardino' minacciarono di morte e aggredirono l'inviato di 'Striscia La Notizia' Vittorio Brumotti e il cameraman della troupe, che durante un servizio video sull’attività di spaccio nelle adiacenze di una palazzina, avevano ripreso due soggetti - entrambi arrestati - mentre effettuavano una cessione di sostanze stupefacenti. Nella colluttazione erano stati coinvolti e feriti anche gli agenti della Polizia di Stato.

Successivamente, nel corso di due servizi di osservazione compiuti dalle 12 alle 14 del 3 dicembre 2021 e dalle 14 alle 17 del giorno successivo, il personale di polizia aveva rilevato un flusso continuo di soggetti nel quartiere - a piedi o in auto - e un andirivieni di acquirenti nei pressi dell'abitazione di uno degli indagati, noto alle forze dell'ordine, dalla quale uscivano e si allontanavano velocemente.

In entrambi i casi, al fine di non compromettere l’attività d’indagine delegata e di non insospettire i potenziali pusher, si decideva di non procedere al controllo e all'identificazione di tutte quelle persone che avevano frequentato l’abitazione del pregiudicato e il quartiere stesso.

Ad ogni buon conto, le tempistiche e la frequenza di più soggetti, aveva fatto ritenere che presso quell'appartamento vi fosse una costante attività illecita di spaccio di sostanze stupefacenti al dettaglio. A sostegno di questa tesi erano già stati registrati numerosi sequestri di diverse tipologie di sostanza stupefacente operati dalle forze di polizia a carico di altrettanti assuntori tossicomani, molti provenienti dai comuni limitrofi, altri dalle vicine regioni che, di volta in volta, venivano controllati all’interno del quartiere San Bernardino, certamente subito dopo aver concretizzato il precedente acquisto della stessa sostanza con il pusher di turno. 

Il 12 gennaio la Direzione Centrale per i servizi antidroga del Ministero dell’Interno, dava il necessario “nulla osta” all’esecuzione dell’operazione secondo le modalità poi attuate. Ricevute le previste autorizzazioni di Legge, dal 25 dello stesso mese, il Servizio Centrale Operativo (Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento della Pubblica Sicurezza) inviava due operatori specializzati “undercover” con il compito di entrare in contatto con gli spacciatori e simulare gli acquisti di sostanza stupefacente con l’obiettivo di ricostruire l’intera filiera dello spaccio che caratterizzava il quartiere 'San Bernardino'. Da qui l'opportunità di accreditarsi anche in altri rioni del comune.

Nello specifico, il 17 febbraio 2022, uno dei due agenti infiltrati aveva cominciato l’attività lavorativa sotto copertura in via Mario Carli, nei pressi del complesso di case popolari denominato 'Fort Apache', dove i portoni non sono contrassegnati da scale o interni, ci sono allacci di corrente con fili volanti e nell’area condominiale sottostante ai palazzi, sotto ai porticati, sono stati ricavati e costruiti abusivamente degli alloggi, tutti monitorati da telecamere, "sicuramente come deterrente per il controllo da parte delle forze dell’ordine al fine di agevolare l’attività di spaccio di sostanze stupefacenti". 

Qui sarebbe stato costruito un locale abusivo, protetto da un cancello in ferro e porta blindata, controllato e vigilato da ragazzi con funzione di vedette, al cui interno c’era una stufetta elettrica accesa e della sostanza stupefacente poggiata su un tavolo, confezionata in piccole dosi. Quando l'agente è riuscito a parlare con un ragazzo, due soggetti avevano aperto uno spiraglio della porta blindata: "Una volta tranquillizzati dal modo confidenziale di fare che c’era nella circostanza, aprivano completamente la porta e il cancello in ferro ed entrambi si univano alla discussione, stando sempre pronti a richiudersi all’interno rapidamente".

L'indomani, l'agente sotto copertura si reca presso il quartiere di case popolari denominato 'Ferro di Cavallo', in via Giulio Cesare. Da un balcone, un ragazzo poi identificato in Salvatore Lombardi, il 30enne assassinato nell'aprile di quest'anno, gli chiede i motivi della sua presenza: "Io so che sono tre giorni che lavori qui e ti hanno trasferito, ieri eri alle case popolari via Carli”. Si avvicina anche il ragazzo conosciuto il giorno precedente in via Mario Carli. "Entrato subito in confidenza con Salvatore, per rafforzare l’accreditamento, l’operatore invitava lo stesso a prendere un caffè, ma lo stesso riferiva di non potersi spostare in quanto sottoposto agli arresti domiciliari da 8 mesi. Durante la conversazione, quest’ultimo iniziava a parlare chiaramente di traffici di sostanze stupefacenti".

I due si sarebbero poi rivisti il 3 marzo, sempre in via Carli, quando Salvatore Lombardi, avrebbe riconosciuto la voce dell'operatore, al quale da una finestra avrebbe rivolto un saluto invitandolo presso la propria abitazione a fumare una sigaretta, chiedendogli di entrare da un cancello adiacente e non dal portone principale.

"L’organizzazione delle attività di spaccio rilevabile dai primi accertamenti rendevano l’attività sotto copertura evidentemente (ed anche sulla scorta di quanto effettivamente rilevato nell’attuazione della stessa) l’unica in grado di acquisire decisivi riscontri all’iniziale ipotesi investigativa, consentendo di individuare tutti i responsabili dei reati in contestazione coinvolti nel mercato criminale; risultando, invece, l’esecuzione degli arresti, dei sequestri e degli adempimenti conseguenti, pregiudizievole ai fini di una efficace prosecuzione delle indagini che ne sarebbe rimasta irrimediabilmente compromessa" si legge nelle carte del blitz.

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