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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Quella di Iaccarino non fu calunnia: archiviato il caso sull'immobile di via Gramsci

Lo ha stabilito quest’oggi, a scioglimento della riserva assunta in udienza camerale, la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia, Francesca Mannini

Le dichiarazioni rese da Leonardo Iaccarino alla pm Roberta Bray, in merito ad un presunto “affare immobiliare” della famiglia Landella, in via Antonio Gramsci, non si configurano come calunnia. Lo ha stabilito quest’oggi, a scioglimento della riserva assunta in udienza camerale, la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia, Francesca Mannini. La gip, infatti, ha ritenuto di rigettare l’opposizione proposta da Roberto Ruocco, e ha disposto l’archiviazione del procedimento penale instaurato nei confronti di Leonardo Iaccarino e di un avvocato del Foro di Foggia.

A monte del contenzioso, vi sarebbero le dichiarazioni - all’epoca bollate come "fantasiose” - rese dall’ex presidente del Consiglio comunale di Foggia al pm della Procura dauna, un mese prima degli scandali e delle inchieste giudiziarie che hanno travolto il Comune di Foggia.

Nello specifico, il riferimento era ad un fabbricato di via Gramsci oggetto di un cambio di destinazione d’uso da uffici a residenze turistico-alberghiere. A parte i dubbi sulla sussistenza dell'interesse pubblico per la manovra, le resistenze al progetto presentato dalla società ‘Grim’ della famiglia Grieco, sarebbero state alimentate dal sospetto che la proposta di delibera fosse stata accelerata a seguito dell'acquisto di un immobile del gruppo Grieco effettuato dalla famiglia Landella “ad un prezzo vantaggiosissimo”.

Circostanze smentite dal gruppo Grieco, che ha prontamente denunciato per calunnia sia Iaccarino che l'avvocato che gli avrebbe confidato le circostanze poi riferite dall'ex presidente del Consiglio comunale alla Procura.

Sul punto, il gip ha rilevato “l’insussistenza degli elementi costitutivi richiesti ai fini della configurabilità del reato di calunnia”. Affinché si realizzi il dolo, si legge nel dispositivo, “è necessario che colui che formula la falsa accusa abbia la certezza dell’innocenza dell’incolpato. Nell’ipotesi in esame, si è trattato di risposte a specifiche domande direttamente formulate dal pubblico ministero - già a conoscenza, seppure parzialmente, dei fatti - e di informazioni apprese in via indiretta da un avvocato”.

Non è dunque Iaccarino - difeso e rappresentato dagli avvocati Mario Ciarambino e Potito Marucci - ad introdurre l’argomento “essendosi l’indagato limitato a rispondere di essere effettivamente venuto a conoscenza della vicenda. Nel prosieguo dell’interrogatorio, Iaccarino riporta le circostanze a lui riferite, ribadendo di averle apprese da un avvocato ed esprimendosi a tratti in termini dubitativi circa la loro veridicità”.

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