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Il centrosinistra pugliese si affida a Emiliano: il PD non stravince, resistono i vendoliani

Emiliano ottiene il 57%, Stefàno il 31%. Staccato Minervini. Per il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Puglia la Capitanata risponde meglio delle altre province

Con 140mila elettori recatisi ieri ai gazebo, le primarie in Puglia non sfigurano nel contesto nazionale (al contrario, si impongono a guardare i numeri delle altre regioni) ma neanche eccellono per partecipazione. Non se si guarda alla macchina da guerra messa in campo alla vigilia del voto - andata ben oltre il tradizionale perimetro del centrosinistra - né se si guarda al personaggio di punta schierato in campo, Michele Emiliano, per antonomasia il più grande aggregatore di voti liberi, quelli che vanno ben oltre il sostegno strutturato di partiti e movimenti, e, assieme a Vendola, vero e proprio leader nazionale. Ecco, se si guarda a questi elementi, le 76.930 preferenze raccolte dal magistrato restano un dato importante, ma non esorbitante. Per intenderci, la metà di ciò che prese il solo Vendola nel 2010 con una coalizione più ristretta e circoscritta.

Colpa dell'astensionismo? Probabilmente: la sfiducia nella politica, evidentemente, si è palesata anche di fronte allo strumento di mobilitazione democratico più potente ed ad un personaggio del calibro dell'ex sindaco di Bari che al suo seguito era riuscito - almeno nelle intenzioni della vigilia - a drenare espressioni di sostegno così variegate e trasversali da far irritare i compagni di viaggio a sinistra.

Colpa dei partiti? Anche: se si tiene in considerazione il dato della trasversalità, appunto, del personaggio, non si può non ascrivere la metà di quei voti al civismo messo in moto attorno e per lui, il che fa calare ulteriormente l'apporto del centrosinistra tradizionale: PD ma anche SEL, Puglia Per Vendola, Realtà Italia, PSI, Centro Democratico, IDV, la neonata Innovazione Democratica di Pisicchio, UDC (perché, checché ne dicano gli accordi della vigilia, i centristi, fosse anche a mero titolo personale, hanno votato). Quanto mobilitano oggi queste sigle? Quante le scatole vuote, la domanda? Ed è d'obbligo perché, se la metà di quel risultato bisogna ascriverlo a Capitanata CIVICA di Leonardo Di Gioia, ai sindaci "civici", agli ex FI, i sindacati, le organizzazioni economiche, il mondo dell'imprenditoria, delle professioni, degli "operai semplici e chi più ne ha più ne metta, è evidente che il dato deve far riflettere. Per dirla con termini di sinistra, ci si aspettava una rivoluzione di popolo, ma si è ottenuto un discreto "stato di agitazione".

Ed il dato è ancora più lampante se si scende nelle province, nelle città. Soprattutto in quelle più familiari al magistrato, che avrebbero dovuto tributargli un sostegno maggiore. In provincia di Bari, ad esempio, patria di Emiliano, le primarie del centrosinistra (non di un solo partito!) mobilitano solo 36mila persone, 8mila nella città in cui è stato sindaco per 10 anni (un terzo di quelle mobilitate dalle primarie per il candidato sindaco che incoronarono Decaro). Non fanno quasi testo Brindisi, Bat e Taranto, che superano di poco la soglia dei 13mila voti totali (mediamente 7mila per Emiliano).

Di più fa la Capitanata, terra sulla quale Emiliano aveva scommesso attivando una rete civica di dimensioni abnormi e che, nel contesto generale, si rende determinante: il dato qui si ferma sì attesta a quota 22mila (la metà delle 40mila schede stampate per l'occasione, sulla scorta di quanto accaduto nel 2010 che, coalizione più ristretta alla mano, fece registrare 31mila votanti) ma la provincia, comunque, risponde, tributandogli, proporzionalmente, più voti che nelle altre pugliesi. Lecce, al contrario, premia Stefàno.

Ma a dare ancora più plasticamente la cifra del risultato ci pensano le singole città. Manfredonia, roccaforte rossa per eccellenza, è quella che registra l'affluenza maggiore: 2553 votanti, ben lontani però dai numeri di un tempo. Cerignola, terra di Di Vittorio, solo 1288 partecipanti. Foggia, città capoluogo, 2479 votanti, la metà del 2010 e delle scorse primarie per il sindaco. Si tratta di due elezioni differenti, si potrà obiettare. Ma la passione attivata da questa competizione primaria e l'allargamento del perimetro avrebbero potuto imporre numeri diversi. Emiliano qui vince con 1958 preferenze. E' di tutta evidenza che il dato non riguarda solo lui ma (a maggior ragione) tutti  i candidati, i cui numeri sono decisamente inferiori. 42.216 preferenze totali per Stefàno, uomo del governatore uscente ed espressione di 10 anni di governo. Un risibile 15389 voti per Minervini, assessore per 10 anni, peraltro: preferenze che gli valgono la ricandidatura a consigliere, tutto qui.

Insomma, da qualunque lato la si voglia guardare, la competizione di ieri ha retto le difficoltà del momento, ma lascia ugualmente l'amaro in bocca. La Puglia si distingue nel panorama nazionale, ma non rivoluziona come ci si aspettava. Analisi, questa, che funge da base inequivocabile per comprendere il disincanto della Puglia e dei pugliesi. E da lì ripartire. Non solo: in questo scenario numerico, il dato di Stefàno non è da sottovalutare perché 42216 preferenze su 140mila (quasi 1/3 del totale) dicono che la sinistra, nella coalizione, c'è e con quella bisognerà fare i conti. In vista delle "secondarie" di maggio. Sì, perché i vendoliani si sono difesi bene, anche questa volta, nonostante tutto.

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