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Cronaca

Ridotto di 8 milioni il sequestro a Chiariello, l'ex penalista delle tangenti al giudice per far scarcerare i mafiosi

Il provvedimento aveva riguardato l'ipotesi di dichiarazione infedele dell'Iva e delle imposto sui redditi dovute all'erario tra il 2014 e il 2019. Sequestro preventivo ridotto da 10,8 milioni di euro a 2,9

E' stato ridotto di circa otto milioni di euro, da 10,8 a 2, 9, il sequestro preventivo eseguito dai finanzieri del nucleo di polizia econonico-finanziaria di Bari - tra cui immobili prestigiosi nel capoluogo dauno e disponibilità finanziarie - nel marzo scorso nei confronti dell'ex avvocato di Bari, Giancarlo Chiariello. E' quanto ha stabilito il tribunale del Riesame di Bari che ha così valutato l'impugnazione del provvedimento di sequestro presentata dai legali del penalista.

Il provvedimento aveva riguardato l'ipotesi di dichiarazione infedele dell'Iva e delle imposto sui redditi dovute all'erario tra il 2014 e il 2019. Le indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari, erano state avviate all'incirca un anno fa, quando, al momento dell'arresto del legale, presso l’abitazione del figlio, furono trovati tre zaini della somma pari a circa 1,1 milioni di euro in contanti. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia, Chiariello aveva "riconosciuto come proprie" le somme di denaro sequestrate, "indicandole - spiegano i finanzieri - come i risparmi di vent'anni derivanti dai pagamenti dei clienti per l'attività professionale prestata" (continua a leggere).

Durante una successiva perquisizione effettuata nel suo studio legale, era stata sequestrata la documentazione relativa a 239 fascicoli processuali, "utile all’identificazione della sua clientela e alla quantificazione del volume dei compensi professionali effettivamente percepiti". I successivi approfondimenti, anche sulle base delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia ex clienti dell'avvocato, avevano quindi permesso, "di appurare la dichiarazione al Fisco di compensi per importi largamente inferiori rispetto a quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia e rispetto ai parametri indicati nelle cosiddette “tabelle professionali”.

In particolare, i suoi ex clienti avrebbero rivelato che l'onorario del penalista "ammontava a 10mila euro, per raggiungere l’importo di 100mila euro per il patrocinio in Cassazione a fronte di un’accusa per omicidio". "Pagamenti effettuati tutti in contanti - hanno ricostruito i finanzieri - in violazione della normativa antiriciclaggio e senza il rilascio di alcun documento fiscale".

I finanzieri avevano quindi eseguito "accurate indagini patrimoniali finalizzate a ricostruire l’effettiva capacità di spesa del nucleo familiare dell’indagato, risultata - nonostante i modesti redditi dichiarati, oscillanti nel periodo 2016-2019 tra i 60 e i 26mila euro - particolarmente elevata, come dimostrato dall’acquisto e dal possesso di auto di lusso, di gioielli e di consistenti disponibilità finanziarie derivanti da titoli di credito, obbligazioni, depositi e conti correnti".

Da qui, l’impostazione accusatoria accolta gip presso il Tribunale di Bari (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), secondo cui "il penalista - tra il 2014 e il 2019 - avrebbe evaso l’i.v.a. e le imposte sui redditi dovute all’erario per oltre 10,8 milioni di euro".

La vicenda, lo ricordiamo, si inserisce nella più ampia indagine nata dal procedimento con il quale la Procura di Lecce ha scoperto un giro di presunte tangenti che il penalista avrebbe pagato al giudice Giuseppe De Benedictis, in cambio di scarcerazioni di alcuni suoi clienti, tra cui un noto esponente della malavita garganica.

Condannati a nove anni e nove mesi di reclusione gal gup del tribunale di Lecce, Giulia Proto, e processati con la formula del rito abbreviato, sono accusati entrambi di quattro presunti episodi di corruzione in atti giudiziari relativi a tangenti in cambio di scarcerazioni, ovvero a presunte tangenti in denaro contante che il legale di alcuni elementi di spicco della criminalità, avrebbe dato al giudice per le indagini preliminari in cambio di provvedimenti di libertà favorevoli ai suoi assistiti, appunto, esponenti di spicco di famiglie mafiose del Barese, di Foggia e del Gargano, tra cui l'attuale collaboratore di giustizia Danilo Pietro Della Malva, il quale, rispetto ai presunti accordi corruttivi tra il suo avvocato Giancarlo Chiarello e il magistrato De Benedictis, avrebbe usufruito delle scarcerazioni.

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