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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Maxi sequestro da 11 milioni a noto ex avvocato penalista. Tangenti al giudice per far scarcerare mafiosi foggiani

Si tratta di Giancarlo Chiariello. Il provvedimento riguarda l'ipotesi di dichiarazione infedele dell'Iva e delle imposto sui redditi dovute all'erario tra il 2014 e il 2019. Il provvedimento, su richiesta della procura di Bari, è stato emesso dal gip. 

I finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Bari hanno sottoposto a sequestro preventivo beni del valore complessivo di 10,8 milioni di euro - tra cui immobili prestigiosi nel capoluogo dauno e disponibilità finanziarie - nei confronti dell'ex avvocato penalista di Bari Giancarlo Chiariello. Il provvedimento riguarda l'ipotesi di dichiarazione infedele dell'Iva e delle imposto sui redditi dovute all'erario tra il 2014 e il 2019. Il provvedimento, su richiesta della procura di Bari, è stato emesso dal gip. 

Chiariello è imputato a Lecce con l'ex gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, per episodi di presunte corruzioni in atti giudiziari. Le indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari, sono state avviate all'incirca un anno fa, quando, al momento dell'arresto del legale, presso l’abitazione del figlio, furono trovati tre zaini della somma pari a circa 1,1 milioni di euro in contanti (leggi qui). Nel corso dell'interrogatorio di garanzia, Chiariello aveva "riconosciuto come proprie" le somme di denaro sequestrate, "indicandole - spiegano i finanzieri - come i risparmi di vent'anni derivanti dai pagamenti dei clienti per l'attività professionale prestata".

Durante una successiva perquisizione nello studio legale è stata sequestrata documentazione relativa a 239 fascicoli processuali, "utile all’identificazione della sua clientela e alla quantificazione del volume dei compensi professionali effettivamente percepiti". I successivi approfondimenti, anche sulle base delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia ex clienti dell'avvocato, avrebbero quindi permesso, "di appurare la dichiarazione al Fisco di compensi per importi largamente inferiori rispetto a quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia e rispetto ai parametri indicati nelle cosiddette “tabelle professionali”.

In particolare, i suoi ex clienti avrebbero rivelato che l'onorario del penalista "ammontava a 10mila euro, per raggiungere l’importo di 100mila euro per il patrocinio in Cassazione a fronte di un’accusa per omicidio". "Pagamenti effettuati tutti in contanti - hanno ricostruito i finanzieri - in violazione della normativa antiriciclaggio e senza il rilascio di alcun documento fiscale".

I finanzieri hanno quindi eseguito "accurate indagini patrimoniali finalizzate a ricostruire l’effettiva capacità di spesa del nucleo familiare dell’indagato, risultata - nonostante i modesti redditi dichiarati, oscillanti nel periodo 2016-2019 tra i 60 e i 26mila euro - particolarmente elevata, come dimostrato dall’acquisto e dal possesso di auto di lusso, di gioielli e di consistenti disponibilità finanziarie derivanti da titoli di credito, obbligazioni, depositi e conti correnti". Di qui, l’impostazione accusatoria accolta gip presso il Tribunale di Bari (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), secondo cui "il penalista - tra il 2014 e il 2019 - avrebbe evaso l’i.v.a. e le imposte sui redditi dovute all’Erario per oltre 10,8 milioni di euro".

All'ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis e ad altri nove indagati nell'inchiesta della Dda di Lecce su presunti episodi di corruzione in atti giudiziari, la Procura aveva contestato l'aggravante mafiosa per aver agevolato, con le scarcerazioni, gruppi criminali del Foggiano e del Barese.

Le richieste della Procura

Nel febbraio scorso, al termine della requisitoria nell'ambito del processo che si celebra a Lecce con il rito abbreviato, la procura di Lecce ha chiesto 8 anni e 5 mesi di reclusione a De Benedictis e a Giancarlo Chiariello. La Procura di Lecce aveva chiesto anche la confisca diretta delle banconote, 1,2 milioni di euro in contanti, trovate contestualmente agli arresti, nell'aprile 2021, in casa del figlio dell'avvocato Chiariello.

Nel processo gli imputati sono nove. Oltre De Benedictis e Chiariello, entrambi tuttora agli arresti domiciliari, la Procura di Lecce aveva chiesto altre 6 condanne e una assoluzione, ovvero, la condanna a 4 anni di reclusione per il figlio di Chiariello, Alberto, anche lui avvocato penalista e anche per l'avvocatessa dello stesso studio legale Marianna Casadibari. La condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione è stata chiesta per l'appuntato dei carabinieri in servizio nella sezione di pg della Procura di Bari, Nicola Vito Soriano, che risponde di corruzione e di rivelazione del segreto d'ufficio. Per tre dei quattro imputati che secondo i magistrati avrebbero ottenuto le scarcerazioni, Danilo Pietro della Malva, Roberto Dello Russo e Antonio Ippedico, la richiesta era stata di 3 anni e 8 mesi di reclusione. La Procura aveva chiesto infine l'assoluzione per l'avvocato Pio Michele Gianquitto, anche lui - nella iniziale impostazione accusatoria - tra i destinatari di provvedimenti cautelari per favori in cambio di denaro.

L'avviso di conclusione delle indagini

Nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato l'8 luglio 2021 a 11 indagati - per le quattro vicende relative a presunte tangenti pagate dal penalista barese Giancarlo Chiariello per ottenere la scarcerazione di altrettanti clienti, la Dda aveva ipotizzato l'aggravante di aver agevolato l'attività delle associazioni mafiose di appartenenza di Danilo Pietro Della Malva (oggi collaboratore di giustizia) nei territori di Vieste e Cerignola, di Roberto Dello Russo a Bitonto, di Pio Michele Gianquitto e di Antonio Ippedico a Foggia. 

Nell'ordinanza di custodia cautelare che il 24 aprile dello scorso anno aveva portato in carcere l'ex gip e il penalista, la gip Giulia Proto aveva escluso l'aggravante mafiosa, ritenendo che "nessuno degli indagati è un capo mafia né un esponente di vertice di una cosca mafiosa la cui scarcerazione può aver inciso sul clan di appartenenza". Di parere diverso la Procura, secondo la quale le scarcerazioni avrebbero consentito agli indagati di riprendere i contatti con i sodali e quindi la piena operatività dei gruppi mafiosi sul territorio.

L'ordinanza di custiodia cautelare dell'aprile 2021

"Danilo Pietro e Matteo Della Malva, Valeria Gava, Giancarlo Chiariello e Giuseppe De Benedictis, sono indagati del delitto di corruzione in atti giudiziari - perché in concorso tra loro, De Benedictis, in qualità di giudice presso l’ufficio gip/gup del tribunale di Bari, nell’esercizio delle sue funzioni, Giancarlo Chiariello in qualità di avvocato del Foro di Bari nonché difensore di fiducia di Danilo Pietro Delle Malva, di concerto con quest’ultimo già attinto da una ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita il 23 ottobre 2019 emessa il 16 dallo stesso De Benedictis in funzione di gip, per partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e altri reati aggravati - stringevano un patto corruttivo per effetto del quale il gip compiva un atto contrario ai doveri d’ufficio al fine di favorire Della Malva nell’ambito del procedimento penale, adottando un provvedimento de libertate favorevole, grazie alla mediazione di Giancarlo Chiariello, in cambio dei quali, lo stesso De Benedictis riceveva a titolo di controprestazione da costoro del denaro. In particolare, l’11 marzo 2021, previa istanza concertata ad arte con l’avvocato Chiariello, De Benedictis emetteva provvedimento di sostituzione della custodia cautelare presso la casa circondariale di Roma Rebibbia con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico a Vasto Marina, ricevendo per il tramite dell’avvocato 30mila euro versati in tranche tramite lo zio Matteo Della Malva e la compagna di Danilo Pietro, Valeria Gala.

Sono indagati con l’aggravante per aver commesso i fatti al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso di appartenenza del ‘meticcio’, promotore ed organizzatore, di una organizzazione criminale dedita al narcotraffico operante con metodo mafioso in provincia di Foggia

De Benedictis, Chiariello padre e figlio e Michele Pio Gianquitto, sono indagati perché in concorso tra loro Giuseppe De Benedictis, in qualità di giudice in servizio presso l’ufficio Gip/gup del tribunale di Bari, pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, Giancarlo Chiariello in qualità di avvocato del foro di Bari, nonché difensore di fiducia di Michele Pio Gianquitto, di concerto con quest’ultimo, già attinto da una ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita il 27 ottobre 2020 emessa il 29 settembre 2020 dallo stesso De Benedictis, in funzione di Gip, nell’ambito del procedimento penale ‘Grande Carro’, per partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata e trasferimento fraudolento di valori, stringevano un patto corruttivo per effetto del quale De Benedictis compiva un atto contrario ai doveri d’ufficio al fine di favorire Gianquitto, adottando un provvedimento de libertate (più) favorevole, grazie alla mediazione di Giancarlo Chiariello, il quale si avvaleva del figlio nel ruolo di emissario, in cambio del quale lo stesso De Benedictis riceveva da costoro, a titolo di controprestazione, denaro.

In particolare il 16 novembre 2020, previa istanza concertata ad arte con l’avvocato Giancarlo Chiariello, De Benedictis emetteva provvedimento di sostituzione della custodia cautelare presso la casa circondariale di Melfi con l’obbligo di dimora nel comune di residenza, ricevendo, quale controprestazione da costoro, per il tramite di Chiariello il 18 novembre 2020, denaro nell’ordine di 5mila euro circa già versati tramite la moglie a Giancarlo Chiariello, con l’aggravante per aver commesso i fatti al fine di agevolare la presunta attività dell’associazionismo di tipo mafioso di appartenenza di Gianquitto presunto partecipe dell’associazione per delinquere armata di tipo mafioso, formata da più di dieci persone, costituente articolazione della batteria Sinesi-Francavilla, componente della federazione associativa di tipo mafioso convenzionalmente denominata Società Foggiana.

Tra gli indagati c’è anche Antonio Ippedico, attinto da una ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita il 27 ottobre 2020 emessa il 29 settembre dallo stesso De Benedictis nell’ambito della operazione Grande Carro, perché di concerto con il suo difensore di fiducia Giancarlo Chiariello, stringevano un patto corruttivo per effetto del quale De Benedictis, grazie alla mediazione di Chiariello, il quale si avvaleva con il ruolo di emissari del figlio Alberto e della sua collaboratrice, riceveva da costoro denaro.

Il 31 marzo 2021 De Benedictis emetteva provvedimento di sostituzione della custodia cautelare con gli arresti domiciliari nel comune di residenza motivata con l’asserita incompatibilità delle condizioni di salute con la detenzione carceraria a seguito di perizia il cui contenuto veniva predeterminato dallo stesso De Benedictis e di fatto dettato al perito “Ce l’ha, ce l’ha...questo devi scrivere”, incaricato in sostituzione del precedente che si era espresso in termini contrari, ricevendo 5500 euro da Chiariello all’interno di una busta consegnata presso lo studio dell’avvocato presso il quale il 9 aprile si recava De Benedictis.

Con l’aggravante per aver commesso i fatti al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso di appartenenza di Antonio Ippedico organizzatore dell’associazione per delinquere armata di tipo mafioso formata da dieci persone, costituente articolazione della batteria Sinesi-Francavilla, componente della federazione associativa di tipo mafioso convenzionalmente denominata Società Foggiana"

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