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Cronaca

Omicidio Bruno, è il giorno dell'esame dell'imputato: Aghilar sotto torchio, udienza-fiume in Corte D'Assise

Aghilar, difeso dall’avvocato Marco Merlicco, è stato a lungo interrogato dal pm Antonio Laronga. L'imputato ha fornito la propria versione dei fatti, collegato in video-conferenza dal carcere di Livorno, dinanzi al presidente Mario Talani

Udienza-fiume questa mattina, in Corte d’Assise, a Foggia, per il processo a carico di Cristoforo Aghilar, reo confesso dell'omicidio di Filomena Bruno, avvenuto ad Orta Nova, nel pomeriggio del 28 ottobre 2019.

In programma, dinanzi  al presidente Mario Talani, l’esame dell’imputato, collegato in video-conferenza dal carcere di Livorno, dove è attualmente detenuto. Aghilar, difeso dall’avvocato Marco Merlicco, è stato a lungo interrogato dal procuratore aggiunto Antonio Laronga: oltre due ore di domande serrate, finalizzate a ricostruire la natura dei rapporti tra Aghilar e i vari membri della famiglia Bruno, nonché le varie fasi della fuga in Germania con la figlia della vittima, con la quale il 38enne aveva intrecciato una relazione sentimentale. Ancora, il ritorno ad Orta Nova, tra l’agguato fallito al bar ‘Number One’, del 26 ottobre, e l’efferato omicidio del 28 ottobre 2019.

Incalzato dalle domande del procuratore aggiunto, l’imputato ha chiarito alcuni passaggi della vicenda nonostante alcune incongruenza emerse rispetto alle dichiarazioni rese nei verbali acquisiti nelle precedenti udienze. Aghilar ha fornito la propria versione sulla dinamica dell’omicidio, che più volte definisce “la disgrazia”: sostiene, in pratica, di non aver premeditato il gesto, ma di aver ucciso la 56enne mentre tentava di strapparle di mano un grosso pugnale da sub.

“L’avrò colpita due, tre volte”, ammette; ma dall’esame medico legale risultano 6 ferite. Perché era in casa della Bruno? Gli viene chiesto. “Perché cercavo Nico (il figlio della vittima, ndr) che mi aveva lanciato una sfida”. Ancora, sostiene di non aver minacciato la vittima e i suoi familiari, ma il pm ha letto in aula il contenuto di un messaggio audio inviato all'ex fidanzata mentre, ormai solo, rientrava in Italia: “Mo siete tutti morti. Ora ti faccio vedere cosa gli combino a tua madre e a tuo fratello”.

Non sono mancate polemiche e opposizioni da parte della difesa, momenti che più di una volta hanno richiesto l’intervento del presidente Talani. Sull’agguato fallito al bar, invece, sostiene che la sua intenzione era quella di “spaventare il fratello della ragazza”, perché la pistola, che possedeva da tanti anni, sotterrata in un terreno, “era malfunzionante e non avrebbe mai potuto sparare”. Nonostante ciò, era stata caricata con 5 proiettili calibro 7,65. Infine, Aghilar si è detto “pentito e amareggiato” per l’accaduto e consapevole “di dover pagare la mia azione” tanto da volersi costituire al carcere di Campobasso.

Il pentimento, rileva però il procuratore aggiunto, non è compatibile con la lunga evasione del marzo 2020: “E’ stato il primo ad evadere dal carcere di Foggia e l’ultimo ad essere riacciuffato, dopo 4 mesi e 20 giorni di latitanza”, ribatte piccato il pubblico ministero.

Successivamente, l’imputato è stato sottoposto all’esame della difesa (che ha fatto luce sulla natura consensuale del rapporto stretto con la figlia della vittima, e alla fuga in Germania con il falso nome di Riccardo) e al controesame dell’avvocato di parte civile, Michele Sodrio. Quest’ultimo, sin dalle prime battute del processo, ha sempre sostenuto la sussistenza dell’aggravante delle premeditazione nonché quella dello stalking a carico tanto della vittima, quanto dei suoi familiari. Il processo proseguirà a fine febbraio, con l’esame dei testi della difesa.

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