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Cronaca Vieste

La richiesta a Francavilla per prendersi la piazza di spaccio. Il grossista di Cerignola: "Vieste è tutta nostra"

Il ruolo di Umberto Sforza, rifornitore di droga da Cerignola a Vieste, arrestato nell'inchiesta che ha svelato il sistema di spaccio nella città del faro

Oltre a svelare l'attività di spaccio e il modus operandi dei coniugi Raduano, cugini del boss 'Pallone', gli investigatori hanno individuato il rifornitore esclusivo di hashish e cocaina a Vieste, ossia Umberto Sforza

Il 'grossista' di Cerignola, per garantirsi la fiducia del gruppo locale e allontanare i pusher in competizione con Raduano-Notarangelo-Langi, avrebbe chiesto e ottenuto, dietro corrispettivo mensile, l'appoggio di Emiliano Francavilla. "Io ho fatto un favore al nostro amico di Foggia che è venuto...tutto a posto...abbiamo parlato e sistemato, di quanto gli devo dare ogni mese...però tutto Vieste è nostro! Tutto quanto totale..."

"Abbiamo cominciato questa guerra e ce l'abbiamo fatta, noi e voi siamo una cosa sola e stiamo apposto. Il paese è tutto nostro, sano sano, ci siamo tolti tutta questa marmaglia che ci circonda".

Lo spessore criminale di Sforza è emerso nei dialoghi con i tre malviventi quando cioè gli interlocutori si sono confrontati su come comportarsi con altri spacciatori operanti nei comuni del Gargano senza "autorizzazione". Sforza prospetta che risolverà il problema "tagliando i viveri" ai pusher di Monte Sant'Angelo e di Manfredonia, pretendendo il pagamento immediato in contanti, anziché cedere, come è prassi, la sostanza a debito.

Infatti, nel corso di una conversazione con un acquirente, il cerignolano classe '64 si preoccupa di sapere dove sarebbe stata piazzata la cocaina: "L'importante è che non sale il Gargano", facendo intendere che non avrebbe dovuto disturbare le piazze di spaccio di Vieste: "...è perché là sopra stiamo noi...capito, se no rompiamo le piazze".

Nelle carte del Gip Antonio Sicuranza il 'grossista' evidenzia che avrebbe voluto parlare apertamente con il soggetto concorrente circa la gestione della piazza di spaccio di Vieste, atteso che nelle circostanze in cui si erano incontrati, si era presentato in compagnia della moglie e dei figli minori: "Non gli posso fare nulla...allora speriamo a Gesù Cristo che non sai...ha sbagliato pure a parlare.

Il riferimento è a un soggetto di Manfredonia: "La verità è che vogliono essere solo uccisi...siccome è quello che si è permesso di venire là sopra sapendo il fatto...a tutti i paesi poteva andare all'infuori di là...ieri sera dissi di andare via, meno male che stamattina abbiamo aggiustato il fatto, gli ho fatto un favore grosso grosso all'amico nostro". 

"....il suo indubbio spessore criminale, oltre che carisma sugli altri suoi sodali, lo porta addirittura a voler porre in esecuzione un'azione omicidiaria....evidentemente un concorrente che non vuole sottostare alla sua volontà di dominio..."

Il grossista cerignolano, a tratti vanaglorioso, in un'intercettazione si vantava della sua capacità e della capillarità della sua rete facendo esplicito riferimento a soggetti provenienti dal Riminese, ai quali, con cadenza settimanale, diceva di cedere un quantitativo consistente di stupefacenti: "Io ad esempio ho una squadra a Rimini...trecento grammi quasi ogni settimana...viene la carica se la porta..", sostenendo che la sua cocaina fosse pura e non tagliata.

In quella stessa conversazione Umberto Sforza racconta anche di un incidente che aveva provocato durante un inseguimento dei carabinieri. "Senti che è bello il fatto..ho sbattuto contro ad una Panda...poi sono riuscito a scappare e l'ho buttata vicino ad un'autodemolizione qui davanti...poi sono andato ieri sera e non sono riuscito più a trovarla. Sono andato stamattina alle 7 e l'ho trovata".


 



 

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