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Le 21 donne che hanno lasciato una traccia nella Capitanata antifascista

Il lavoro di Casalucci è un punto di arrivo, ma anche un punto di partenza perché per la prima volta si pone l'attenzione sulle vicende che ebbero le donne come protagoniste: "Uno stimolo per sviluppare una ricerca e un recupero della memoria"

La Resistenza non fu un fenomeno militare, come erroneamente si crede. Fu un movimento politico, democratico e civile straordinario. Una presa di coscienza politica che riguardò anche le donne”. Questa frase di Lidia Brisca Menapace (partigiana ed ex senatrice della Repubblica, scomparsa nel dicembre del 2020) non introduce soltanto un libro, ma ne sintetizza alla perfezione i contenuti e le finalità. Il libro in questione dal titolo ‘Antifasciste e Perseguitate politiche di Capitanata nel Casellario Politico Centrale’, è stato scritto da Michele Casalucci, presidente vicario dell’Anpi di Capitanata ed è il secondo volume di una serie dedicata agli antifascisti e perseguitati politici della provincia di Foggia (i quaderni dell’Anpi provincia di Foggia).

Un libro dalla grande importanza, “prima di tutto perché è dedicato alle donne”, ha precisato Casalucci nel corso dell’incontro di presentazione tenutosi ieri pomeriggio presso la Sala Narrativa della Biblioteca Provinciale, alla presenza di Michele Galante - che ha firmato la prefazione - e Anna Lepore, del Coordinamento nazionale donne dell’Anpi.

Una scelta precisa perché per troppo tempo alle donne non è stato riservato lo spazio che meritavano nella narrazione delle lotte per la democrazia e la libertà. Nel suo volume Casalucci parla di 21 donne e ne analizza i profili attingendo alla documentazione contenuta nei fascicoli del Casellario politico centrale dell’Archivio di Stato di Roma. Vite che sono entrate in conflitto con un sistema autoritario e prevaricante. Ma come spiega nel libro lo stesso Casalucci, non si tratta necessariamente di storie di eroine, “ma di donne che hanno lasciato una traccia, un messaggio”.

Il volume testimonia bene il percorso compiuto dalle donne daune nella liberazione da un regime oppressore e nella costruzione della nuova Italia”, spiega Michele Galante nella prefazione. Un punto di arrivo perché per la prima volta si focalizza l’attenzione su carte, documenti e riflessioni, ma soprattutto un punto di partenza, in quanto come ha spiegato anche Michele Galante, non si copre l’intera storia dell’opposizione femminile nel Foggiano. Ecco perché la collana rappresenta uno stimolo “perché si sviluppi una ricerca e un recupero della memoria, fondamentale per quella che è la storia del nostro territorio, della nostra cultura e del nostro passato. Per questo auspichiamo che si dia prosecuzione al nostro lavoro”, ha aggiunto Casalucci.

Le immagini documentano il controllo oppressivo e repressivo della polizia, degli organi dello Stato e di tutte le sue strutture nei confronti di chiunque, per qualsiasi ragione, si opponeva o anche solo formulava un pensiero distante dalle posizioni del regime. I ventuno profili posti sotto la lente d’ingrandimento sono piuttosto eterogenei: si va dalle donne impegnate attivamente contro la guerra (fine anni ’10) (come la sanseverese Grazia Baldassarre, “che arrivò a sollecitare e smuovere il Comando Supremo del Regio Esercito per la sua inflessibile propaganda contro la guerra”) alle esternazioni di malcontento verso le politiche del governo di Mussolini. “Spesso si parla di gente esasperata per le condizioni economiche nelle quali versava a causa del regime, nonostante la propaganda. E ancora oggi c’è qualcuno che vorrebbe far credere il contrario”, ha puntualizzato il presidente vicario dell’Anpi provincia.

Vicende come quella di Grazia Ritucci dicono molto sia sulle condizioni di profonda indigenza, ma anche sul clima liberticida dell’epoca. Originaria di Lucera, era una venditrice di legna. Fu arrestata nell’aprile del 1930 perché mentre era intenta a pesare una certa quantità di legna, rivolgendosi all’acquirente pronunciò la seguente frase: “Figlio mio, non si può più andare avanti con queste tasse che ha messo Mussolini sta facendo diventare tutti pezzenti”. Pochi mesi dopo il Giudice Istruttore ne dichiarò l’infermità mentale. Destino affine colpì la sanseverese Grazia Silena.

Non era foggiana Maria Ciarravano, ma una parte significativa della sua vita fu legata al cerignolano antifascista Sergio Di Modugno. Un rapporto caratterizzato da impegno politico e profonda passione, ma soprattutto da condanne e persecuzioni. Nel libro sono riportate alcune lettere che ella scrisse al marito: “Ci danno l’immagine di un rapporto struggente, che andava al di là delle esperienze che ciascuno dei due viveva”, ha spiegato l’autore del volume.

Non manca l’elemento dell’immigrazione, che spesso spingeva intere famiglie a oltrepassare i confini nazionali per cercare condizioni di vita e un futuro più dignitosi. Tra i profili analizzati, anche un caso di violenza sulle donne, quello di Agata Pesce, moglie di un anarchico santagatese che per sottrarsi alle violenze del marito inizia un lungo peregrinare che la condurrà prima negli States, poi in Italia, poi nuovamente nel nuovo continente. Ci fu chi come Antonietta Marchetti pagò con l’arresto la diffusione di un foglietto nel quale si prendeva in giro il regime. Ma la più nota fu sicuramente Soccorsa Sementino, moglie del dirigente comunista Luigi Allegato. Pagarono un prezzo carissimo per le loro posizioni. Soccorsa perse i tre figli per le condizioni di profonda indigenza economica nelle quali versava la famiglia mentre il marito era in carcere. Vicenda che presta il fianco a un parallelismo con la tragedia di Cutro.

Lo studio dei carteggi ha consentito anche di scovare un evento storico di cui non si era a conoscenza, ovvero di una manifestazione di carattere antifascista che si svolse a Foggia nel 1938. È stata scoperta attraverso la vicenda di Olimpia Ercolino, peschiciana trasferitasi a Manfredonia con la madre. Venne perseguita perché nel luglio del 1958 lo zio Nicola Maria era stato arrestato (e successivamente inviato al confino) durante una manifestazione a Foggia per aver pronunciato frasi offensive nei confronti del duce, mostrando uno straccio rosso “recante una scritta antinazionale”. Dalle indagini emerse che lo straccio rosso fu confezionato proprio dalla nipote Olimpia, che per quel motivo venne “sottoposta ai vincoli dell’ammonizione”.

Malgrado nelle pagine di storie lo squilibrio di genere tra i protagonisti resti ancora elevato, grazie al lavoro di Casalucci si pone l'accento sul ruolo attivo delle donne. Se è vero che all’inizio del XX secolo i protagonisti in conflitti, aggressioni, tafferugli, sparatorie sono uomini, subito dopo entrano in gioco le donne: “Solo loro che curano i feriti, che nascondono i fuggitivi, che organizzano la rete di solidarietà per gli arrestati, che vanno a testimoniare nei tribunali, però nelle carte si trovano solo i nomi degli uomini, delle donne si sa poco o nulla. Ed è anche per questa ragione che siamo molto fieri di aver realizzato questo libro interamente dedicato alle donne”.

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