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Lunedì, 29 Aprile 2024
Economia Lesina

Pizza al granchio blu, Sorbillo arriva secondo: “Sul Gargano la sfornavamo già nel 2019 per debellarlo”

In provincia di Foggia, il temibile predatore era entrato in cucina già quattro anni fa per provare a tamponare l'emergenza

“Caro Gino Sorbillo, la pizza con il granchio blu non è propriamente una novità. Sul Gargano la sfornavamo già nel 2019, e non per cavalcare l’onda, ma per necessità”.

Esattamente quattro anni fa, Vincenzo D’Apote, presidente dell’Associazione Pizzaioli Garganici, nel suo quartier generale vista lago, proponeva la pizza al granchio blu della laguna di Lesina. Possiamo testimoniarlo, ma è facilmente riscontrabile anche sui social. Non c’è trucco e non c’è inganno. In questi giorni, in tanti ci hanno fatto caso, e lo hanno subissato di messaggi. No, non è una novità.  

Le versioni erano due: la classica rotonda e la ripiena, a richiamare le sembianze del crostaceo. Condita con ragù di granchio blu, olive, capperi e micro ravanello rosso. Ha un sapore deciso, che non necessariamente incontra tutti i palati.

Già ad agosto i clienti ne andavano pazzi. All’inizio, c’è stato un vero e proprio boom. E a dicembre dello stesso anno è arrivato il riconoscimento della Guida di Identità Golose, che ha inserito la sua Cruna del Lago nel novero delle cucine d’autore. L’ultima nata aveva conquistato il giornalista Pierpaolo Sammartino che, all’epoca, decantava la pizza ‘Tra Terra e Lago’, con granchio blu della laguna, “dalla polpa esageratamente buona e gusto forte”.

Un anno dopo entrava nel menu la pizza Alieno, con un tocco fusion: ragù di granchio blu, pasta kataifi, olive peranzana, capperi, datterino giallo e basilico fritto. È presente ancora oggi. In una dimostrazione a Peschici, la presentò con polpa di granchio blu, pasta kataifi, zest di limone e basilico.

Vincenzo D’Apote conserva le tesine di laurea dedicate ai cambiamenti climatici e al granchio blu in cui si menzionava la sua pizza ‘rivelazione’. “Ci sono le prove, noi, e mi riferisco alla provincia di Foggia, siamo stati i primi”. Ma non è tanto una questione cronologica, e non cerca un'attestazione della precedenza. “È un problema che viviamo sulla nostra pelle”, spiega D’Apote.

Il temibile predatore sarebbe arrivato nei nostri mari comodamente in nave, nelle acque di zavorra. I cambiamenti climatici, poi, che favoriscono le migrazioni, hanno fatto il resto, e il granchio reale blu ha trovato il suo habitat ideale per riprodursi.

L’invasione nelle lagune e nelle acque costiere del Gargano ha generato esattamente gli stessi problemi che oggi lamentano al Nord. Reti maciullate e pesce rimpiazzato dal vorace granchio da maneggiare con cura.

Il Cnr-Irbim di Lesina lo ha studiato a lungo, con l’obiettivo di individuare una soluzione per tenere sotto controllo la popolazione. La più semplice è mangiarlo.

La ricercatrice Lucrezia Cilenti e il suo team lo hanno monitorato nell'ambito del progetto Catch Up Fish, finanziato dalla Regione Puglia. Hanno cercato gli indicatori della fase pre-muta, per immettere sul mercato un prodotto più pregiato: la moleca.

Il test in cucina è stato affidato allo chef Nazario Biscotti (Le Antiche Sere). L’esperimento è riuscito. In quegli stessi anni, anche altri chef della zona, come Cesare Di Nauta in quel di Marina di Lesina (Acapulco 2), introducevano il granchio blu nei loro piatti. E succedeva anche nei ristorantini sul mare della Montagna del Sole, a Peschici per esempio, e anche in questo caso lo diciamo con cognizione di causa.  

E non era una moda, ma un’esigenza. “Noi siamo arrivati prima perché, già in tempi non sospetti, abbiamo avvertito un’esigenza, per provare a tamponare l’emergenza. All’arrivo di quello che noi chiamiamo l’alieno, insieme al Cnr abbiamo pensato di debellarlo in un’unica maniera, che era quello di mangiarlo, anche perché, oggettivamente, è buono – spiega Vincenzo D’Apote - Chi già preparava la pasta col granchio, ha introdotto il granchio blu. Io l’ho messo sulla pizza, proprio perché c’era questa urgenza. Voleva essere un segnale, un esempio, per dire ‘mangiamolo’. Non era dettato dal fatto che il mondo ne parla. Ma, allora, nessuno ci ha preso in considerazione”.

Da queste parti, pensano che l’allarme, lanciato dai laghi di Lesina e Varano, sia stato sottovalutato. “È diventato un fenomeno nazionale solo quanto ha colpito anche il Delta del Po, l’Emilia-Romagna, il Veneto. Qui non abbiamo ricevuto alcun sostegno economico, perché è stato preso sottogamba. Solo adesso che ha colpito il Nord Adriatico qualcosa si è mosso”.

Morale della favola, ben venga che un pizzaiolo star, Ambasciatore della Pizza Italiana nel mondo, dia una mano per provare a risolvere “un problema che esiste già da tempo”: “Sforna migliaia di pizze al giorno, e se lo fanno altri 100 pizzaioli di Napoli e non, che come lui, magari, hanno lo stesso seguito mediatico, non dico che questa 'piaga' si debella, però, quantomeno, diamo un forte messaggio di cambiamento del concetto stesso di ristorazione, utile anche a risolvere problemi sociali. Altrimenti - conclude D'Apote -, sarà solo marketing”.

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