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Martedì, 30 Aprile 2024
Economia

Censimento degli operatori della cultura a rilento: finora una quarantina di iscritti, la Filiera punta a 200

Maffei spera in un assessore dello stesso mondo: “Foggia ha bisogno di uno shock autorevole”

A più di due mesi dall’attivazione del form sul sito istituzionale del Comune, sono 42 gli operatori che hanno compilato il modulo del censimento volontario degli operatori della cultura, dello spettacolo e delle attività connesse residenti nella città di Foggia.

Nell’elenco compaiono attori, fotografi, musicisti, performer, organizzatori di eventi, videomaker, artisti, solo per citare alcuni profili. Non serve la Partita Iva e non c’è una scadenza, quindi la lista è in continuo aggiornamento.  

Era stata la commissione straordinaria, in particolare l’ultimo arrivato, Vincenzo Cardellicchio, ad accogliere la richiesta della Filiera Culturale della città di Foggia, che premeva per il censimento capillare, inserito anche nel Documento Unico di Programmazione. Il movimento ideologico nato ai tempi del lockdown ha elaborato 117 voci professionali.

Le iscrizioni procedono a rilento. “In Italia nessuno lo aveva mai fatto, Foggia è una città particolare, e sono passati soltanto due mesi: 42 iscritti non è poi così male”, commenta il tecnico del suono Marco Maffei, tra i proponenti del documento e delle istanze del 2020, trascinatore della Filiera. Ne ipotizzavano un massimo di 200.

Cosa non ha funzionato in questi due mesi?

Il censimento, essendo una forma di avanguardia culturale, credo che necessiti di un po’ di tempo per essere compreso. Innanzitutto, il Comune lo ha nominato così come il movimento che l'ha ispirato. Lo ha chiamato Filiera, e quindi qualcuno, di recente, aveva il dubbio che sembrasse affiancarsi alla Filiera. Invece no, i dati finiscono direttamente in una modalità statistica gestita dal Comune di Foggia. Noi non siamo in possesso dei dati di nessuno ed è una dichiarazione di esistenza che serve per far capire ad un territorio quante persone possano costituire delle risorse culturali. Un altro motivo che mi è giunto all'orecchio è che qualcuno, in verità molti, sta cercando di scrivere il curriculum più bello del mondo da inserire al momento della registrazione, e quindi ci sta mettendo tempo. Ma questa cosa è bypassabile, anzitutto perché il curriculum si potrà aggiornare anche in seguito, e poi perché il censimento non è un testamento, ma è una dichiarazione di esistenza. Qui è il comparto che dichiara di esistere e si autoprofila all'interno di una o più voci professionali.

Nell’elenco non risultano, per esempio, tanti nomi di operatori foggiani che comparivano in calce al primo documento della Filiera.

Qualcuno che ha ancora la residenza a Foggia evidentemente se la sta prendendo comoda, tutto qua. Però, circa la metà degli iscritti non ha avuto mai a che fare con la filiera.

Per chi non lo avesse capito, a cosa servirà il censimento capillare? Questo elenco diventerà una short list a disposizione del Comune?

È innanzitutto una dichiarazione di esistenza che, nel momento in cui viene certificata da un ente che ha un Ufficio Statistica, non è manipolabile. Il secondo aspetto in ordine di importanza è il fatto che chi si riconosce in questa necessità di profilarsi a fianco ad altri indirettamente si dimostra così attento da dimostrare il famoso concetto degli anelli della catena, cioè diventa consapevole che da solo non può fare nulla. Cioè, ipotizzando una forma di reset così come è stato il lockdown, se mai si dovesse ripetere, il nostro censimento, avrà dato all'Italia innanzitutto un esempio, che forse è l'obiettivo più lungimirante, perché noi, come territorio, non vediamo l'ora di essere imitati. Se dovesse ricapitare una catastrofe come quella del lockdown, il Governo e tutte le amministrazioni periferiche saprebbero dove andare a guardare finalmente. Il censimento non è direttamente connesso a sostituire l'albo fornitori, che è già diviso in due: ci sono le imprese da un lato e i professionisti dall'altro. Sicuramente, costituirà un bagaglio certificato che esiste. Sarà eventuale decisione di chi dovrà fare delle scelte tenerne conto o meno. L'altra cosa importante è che questo elenco è pubblico, cioè può essere consultato anche da un Comune magari a 200 km che ha bisogno di uno scenografo e nel suo territorio non lo trova. L'output è innanzitutto ideologico, poi statistico, sociologico, e poi, perché no, può comunque aiutare a creare interplay tra le figure professionali, ma non solo a Foggia. Considerando che gli obiettivi sono quelli che ho detto, se uno decide consapevolmente di non iscriversi, una delle spiegazioni possibili, premesso che ognuno è libero di farlo o no, è che forse ha più interesse a dimostrare il contrario, ovvero un comparto diviso, che lavora nel sottobosco, un comparto che si deve sapere ma non si deve sapere. Questa è una delle risposte possibili, e non è polemica, è un'ipotesi. L'obiettivo della Filiera è sempre unire, convergere e dialogare continuamente, sia all'interno che all'esterno.

Le elezioni hanno scombussolato il gruppo?

Durante la campagna elettorale, il grosso rischio era che la filiera diventasse uno strumento di qualcuno e c'è stata molta fatica nel bilanciare le forze e anche lo stress di qualcuno di noi che aveva deciso di candidarsi. Però, dopo la campagna elettorale, è tornato tutto normale.

In occasione del sesto tavolo, i candidati sindaci hanno spinto sull’assessorato alla Cultura, ipotizzando, probabilmente, che fosse una vostra istanza.

Noi non abbiamo mai chiesto o preteso l'assessorato. Quella è una provocazione che lanciai io a dicembre al teatro del fuoco: se chiamate uno di noi, avrebbe una squadra di altri 89 dietro. Non era una provocazione che puntava ad assumere una forma di comando. Noi siamo a favore di una gestione condivisa. Al sesto tavolo, abbiamo fatto due domande specifiche ai candidati sindaci: se avrebbero continuato il censimento, magari potenziandolo, e se il sindaco eletto avrebbe implementato il tavolo permanente rendendolo istituzionale. Noi abbiamo stilato due documenti e sono quelli che rispecchiano tutto l'immane lavoro intellettuale di dialogo della filiera. Nessuno ha mai chiesto l'assessorato. Io lanciai una provocazione che riguardava non l'assessorato in quanto forma di potere, ma il fatto che la filiera voleva, vuole e vorrà essere una risorsa utile per lo sviluppo culturale della città. Posso dire che il mio assessore ideale non è di Foggia e non vive neanche a Foggia ed è Pierpaolo Capovilla. Anche solo per tre mesi, perché significherebbe portare Foggia in tre mesi nel 2023. A parte la risonanza nazionale, un'artista così riuscirebbe a dare veramente uno shock, perché la città ha bisogno di uno shock autorevole, motivato, di una persona che sa ascoltare.

Da questa Amministrazione cosa vi aspettate?

Abbiamo già chiesto un incontro da 10 giorni, ma non abbiamo avuto ancora risposta. Quello che ci aspettiamo è innanzitutto quello che la candidata al sesto tavolo aveva affermato di sua spontanea volontà, e cioè dare più importanza al censimento, spostando i banner magari da sotto a sopra o comunque dandogli maggiore evidenza, perché ne riconosceva la funzione di pubblica utilità. E poi implementare il tavolo permanente perché il settimo tavolo eravamo d'accordo che sarebbe stato istituzionale e non vorremmo mica farlo la prossima estate. Vorremmo che venisse fatto in tempi ragionevoli.

E per l'assessorato alla Cultura?

Ci aspettiamo una persona che sappia ascoltare, che abbia voglia di conoscere e che, se  possibile, conosca il nostro mondo, perché magari ne ha fatto parte o ne fa parte, però non parlo del mondo della cultura in generale. Noi siamo più orientati all'ambito della cultura che diventa produzione. Ovviamente la prima forma di cultura è la scuola, però per quello c'è l'assessorato alla Pubblica Istruzione. Nelle 117 figure non c’è il professore di storia dell’arte, perché la filiera rappresenta un urlo di esistenza di figure professionali che da sempre fanno parte di un processo produttivo, ma che - venne fuori durante il Covid - nessuno sapeva cosa facessero.

Quindi non un docente, ma un operatore della cultura.

Se possibile, un operatore o un ex operatore, che però innanzitutto abbia una grandissima capacità di ascolto e voglia di imparare. E che non si faccia ovviamente condizionare da vecchi metodi.

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