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Cronaca

Faccia a faccia col Questore: “Timore di una fusione tra criminalità garganica e foggiana-sanseverese”

ESCLUSIVA. Intervista al Questore di Foggia, Piernicola Silvis. Tanti i temi trattati: microcriminalità, mafia, società civile e migranti: "Non c'è collegamento tra migranti e reati"

Questore, partiamo dalla microcriminalità, quella che terrorizza le comunità. Foggia, San Severo, Cerignola, Vieste, Peschici. In presenza di cosa siamo? C'è una recrudescenza del fenomeno? La Capitanata è più violenta di ieri?

La Capitanata ha alcune caratteristiche connesse alla criminalità abbastanza note e notevoli. É un contesto che cerchiamo di combattere in tutti i modi grazie al collegamento tra Prefetto, Procura della Repubblica, Questura, Carabinieri e Guardia di Finanza. C'è il massimo sforzo. E comunque no, non credo sia più violenta di ieri. La percezione degli abitanti, è fisiologico, oggi è maggiore rispetto al passato, ma in realtà i dati statistici della criminalità sono in leggera diminuzione. Probabilmente questa maggiore percezione di insicurezza è causata anche dal dilagare dei social, dove ogni cosa diventa immediatamente pubblica e iper commentata. Certamente, però, la Daunia resta pur sempre, purtroppo, una zona ad alto tasso di criminalità.

Di recente il capo della Polizia, il prefetto Franco Gabrielli, ha frenato le attese per ciò che concerne il potenziamento degli organici, che pure un anno fa si era spinto ad assicurare. Anche perché i numeri sono fermi al 1989 ed esiste una difficoltà reale della Questura di Foggia.

Esistono delle difficoltà connesse alle risorse umane. Come ha detto il prefetto Gabrielli, non ci sono corsi per nuovi agenti in vista, ma è anche vero che serve un ampliamento della pianta organica della Questura di Foggia, cosa che il Capo della Polizia ha promesso, e so che si sta lavorando. È una questione di tempi. Ad ogni modo, la risposta che lo Stato sta dando al crimine è forte. Stiamo implementando i servizi di prevenzione su San Severo con parecchie pattuglie che ci vengono assegnate da altre zone e che, su indicazione del Ministero degli Interni, oggi stiamo dirigendo su San Severo. Ma occorre molta attenzione: oggi su San severo si è acceso il focus, ma non dobbiamo dimenticare che la nostra attenzione deve restare altissima anche su altre città della Capitanata, quali Cerignola, Foggia e Vieste, dove oggi sono in corso anche guerre tra clan.

A proposito di guerre tra clan, lei un anno fa, di fronte al sangue che aveva ripreso a scorrere sul territorio, parlò di "pax saltata". Oggi, invece, si subodora una sorta di calma apparente. È una percezione, naturalmente. Come è la situazione e cosa dobbiamo aspettarci?

Effettivamente in questo momento il capoluogo sembra leggermente più tranquillo, sia sotto il profilo della microcriminalità che della criminalità organizzata. Evidentemente i servizi di prevenzione attuati dalle forze dell'ordine e le continue operazioni conseguenti ad attività investigative, stanno dando i loro frutti. A Foggia da un anno e mezzo è cominciata una guerra tra clan, con vari tentati omicidi e omicidi. Una guerra che spaventa le persone e gli stessi appartenenti ai clan, che sono più guardinghi. Ma è proprio questo tranquillità, questa mancanza di segnali che ci porta a tenere sempre molto alta la guardia. Si sa che è proprio in questi momenti che la criminalità crede di poter lavorare meglio, ecco perché siamo ancora più attenti. Ovviamente ci sono anche altre zone del territorio che monitoriamo assiduamente.

Gargano, Vieste

A Vieste viviamo un'altra situazione estremamente delicata, un'altra faida tra clan che ha causato una serie di omicidi a catena che ci preoccupano. Spiace dirlo perché Vieste è la sesta località balneare italiana e se dovesse passare il messaggio che sta diventando un polo mafioso si fa un grave danno alla città. É una cosa che mi preoccupa, sinceramente.

E però lei è convinto che non possiamo permetterci il silenzio, che se ne parlare a livello nazionale.

Certo. Se ne deve parlare. Queste cose sono cose note al Viminale, al comando generale dei Carabinieri, alla DDA. Sono tutti impegnati su questo fronte. Ma resta il fatto che se la Capitanata viene identificata a livello nazionale solo con il santuario di San Pio, le belle coste e la mozzarella buona non si va da nessuna parte. Bisogna che il Paese prenda coscienza che qui c'è una criminalità organizzata forte, senza pentiti, come dice sempre il procuratore della DDA di Bari Giuseppe Volpe. E pericolosa. E c'è il timore che possa avvenire la fusione tra criminalità garganica e foggiana/sanseverese. Quella cerignolana, invece, è a se stante. 

C'è questo rischio?

Ci sono dei segnali che cogliamo e su cui ovviamente lavoriamo. Per il resto, far conoscere, portare allo scoperto il problema consente di iniziare il percorso di risoluzione stessa del problema. Se il problema non lo vedi, non lo puoi affrontare. E come sempre dico, è importante non rimettere sempre a Polizia, Carabinieri e magistratura la soluzione dei problemi. Se questo avviene, come sta avvenendo, anche per i problemi normali della società civile, ciò significa che quella società sta fallendo il proprio compito.

Lei se la prende spesso con la cosiddetta "società civile".

La gente dovrebbe cominciare a cambiare il proprio atteggiamento culturale nei confronti della legalità. La furbizia diffusa, la voglia di aggirare sempre e comunque le regole, anche quelle basilari, del vivere civile, è alla base di molti comportamenti criminali. Si inizia con l'infischiarsene delle cinture di sicurezza in auto e si finisce con l'estorcere dei soldi a qualcuno.

A proposito di estorsioni e racket, Foggia ha avuto un periodo caldo tant'è che lei fece appello anche provocatorio ai commercianti: vi denunciamo se non denunciate, il senso. Avrebbero dovuto essere messi anche in campo provvedimenti amministrativi, penso al Modello Foggia. Non se ne è fatto più niente. È deluso?

Il mio appello è stato provocatorio, lo so. Ma ci sono state anche risposte intelligenti, parecchie denunce di estorsione.

Andiamo un attimo a Cerignola. C'è un problema drammatico che affligge gli automobilisti che percorrono la statale 16, sistematicamente a rischio rapine. Sicuramente avete contezza di questo, cosa accade?

Purtroppo nella zona di Cerignola esistono da sempre molti rapinatori. La statale 16 è un'arteria obiettivamente a rischio e percorrerla di sera è pericoloso oggi come vent'anni fa. Si tratta di problemi che sono costantemente affrontati nei vertici che si fanno col Prefetto e rispetto ai quali abbiamo anche preso in considerazione possibile soluzioni. Però vede, il problema è sociale: sono gli abitanti di questi stessi paesi che compiono delitti, non sono altri, non certo gli immigrati. E fino a quando lo si affronterà solo con Polizia e Carabinieri, sarà un fallimento. 

E veniamo proprio agli immigrati. Qualche giorno fa lo sgombero dello storico Gran Ghetto, che è solo l'inizio di un percorso lungo e complesso. Ma iniziamo dal passaggio che lei ha appena fatto. Le chiedo, c'è correlazione poi tra i migranti e i reati? 

No, non c'è collegamento. I reati vengono commessi dagli italiani, questo è un dato inequivocabile. L'operazione Gran Ghetto è stata compiuta dalla sinergia fra Regione Puglia e Prefettura, mentre noi abbiamo gestito le operazioni eseguendo un provvedimento della direzione distrettuale antimafia di Bari, che ha revocato la facoltà d'uso dell'area sequestrata. E le cose, fortunatamente, sono andate bene. Poi c'è stato purtroppo quell'incendio  in cui hanno perso tragicamente la vita due persone e di cui ancora oggi le indagini tecniche non  hanno appurato l'origine, se dolosa o casuale. Ma su questo punto non posso dire altro. É bene comunque chiarire che le forze di polizia intervengono a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. il reinsediamento di coloro che vivevano nel ghetto spetta agli enti locali. Se gli immigrati fanno cose illegali, li perseguiamo. Ovviamente, però, non posso tacere che esiste un grande problema che si chiama caporalato, organizzato dalla criminalità dauna attraverso lo sfruttamento massivo del lavoro nero di questi immigrati nei campi, che per la maggior parte sono bravissima gente. 

Temi, appunto, rispetto ai quali l'intervento avviene laddove si profilano reati. Non posso farle altre domande perché mi ha già avvisata in partenza che, per il ruolo che ricopre, non risponderebbe. Dunque le chiedo, per concludere, della sua fatica letteraria: ‘Formicae’ sta avendo successo. Perché scrivere un libro? Come nasce questa iniziativa? 

Nasce solo dal desiderio di scrivere un romanzo. Visto che conosco bene questa realtà, io sono foggiano, ho iniziato a far vivere il personaggio protagonista proprio partendo da Foggia, che è città molto poco conosciuta ai più. E invece è opportuno che si sappia che questa non è solo terra di movida, ma anche di sofferenza. Scrivo per promuovere una riflessione, per far pensare, per lanciare un messaggio: non si può restare in posizione supina rispetto alla criminalità. Bisogna prendere coscienza, vincere la spirale della paura e scendere in piazza, farsi sentire. E ricominciare dalle cose basilari, dal rispetto delle regole. La posta in gioco è molto alta. La sfida si rischia di perderla. Bisogna vincerla, invece. E questo lo farà la gente di Capitanata.

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