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Chiude ‘Matilda editrice’, pioniera nella lotta agli stereotipi di genere: “Ho dato tutto quello che potevo”

Lo annuncia Donatella Caione che per 16 anni ha dato forma e sostanza al progetto. Tanti motivi e una pandemia dietro la decisione: “Resta però l'orgoglio di aver trattato molti temi in anticipo sui tempi e la gioia di avere avuto un gruppo di persone che li hanno sostenuti ed amati”

“Ho dato tutto quello che potevo”. E’ con serena consapevolezza che Donatella Caione commenta a FoggiaToday la decisione di chiudere la sua ‘Matilde editrice’. Una creatura nata 16 anni fa in quel di Foggia, dalla mente e dall’impegno esclusivo di Donatella Caione, e cresciuta con oltre 100 titoli incardinati nel segmento della letteratura per l’infanzia e declinati sulla cultura di genere per i più piccoli, sul contrasto degli stereotipi nell’educazione, sulla maternità e sulla genitorialità (non solo biologica).

L’addio è avvenuto a inizio gennaio, come un fulmine a ciel sereno: un lungo post, sulla pagina della casa editrice, per annunciare che non ci saranno novità editoriali per l’anno appena iniziato. La decisione è dettata da questioni personali ma anche - non lo nega - dalle difficoltà che attanagliano il settore dell’editoria indipendente in generale, e il mondo della letteratura per l’infanzia in particolare. “La mia attività, per quanto piccola, ha avuto anche progetti di respiro nazionale”, rivendica con fierezza. Lo stesso sentimento con il quale riconosce di aver scoperto e lanciato narratrici ed illustratrici diventate nel frattempo molto note nel settore.

I motivi dietro la sua decisione sono tanti. “La pandemia ha sicuramente influito: sono venuti meno gli incontri nelle scuole, i laboratori, le presentazioni. Il momento dell'incontro è stato sempre determinante per vendere soprattutto albi illustrati su tematiche particolari ma soprattutto è stato importante per farli nascere; mi riferisco sia agli incontri con bambine e bambini sia ai momenti di confronto e discussione con le persone appartenenti in diverso modo alla filiera libro. E questo nonostante in questi due anni abbia vissuto con entusiasmo gli incontri online. Ma qualcosa si è spento”, ammette.

“Inoltre, anche se le vendite online sono state importanti in questi ultimi due anni sono crollate quelle dirette non potendo far fronte alla concorrenza delle grandi librerie online che riescono a spedire un libro in un giorno e senza costi di spedizione. Ma queste motivazioni si sommano ad altre, familiari e personali. E comunque sono proprio stanca, credo di aver dato quel che ero in grado di dare. Anche il mio tema prediletto mi ha stancato perché ormai è diventato di moda fare libri contro gli stereotipi di genere ed è veramente difficile combattere la banalità di tanti testi che sono nati recentemente. Resta però l'orgoglio di aver trattato molti temi in anticipo sui tempi e la gioia di avere avuto un piccolo gruppo di persone che li hanno conosciuti, sostenuti ed amati”.

Sul fronte della cultura di genere, infatti, reclama a gran voce, il ruolo di pioniera: “Quindici anni fa, ‘Matilde’ è stata una delle prime case editrici a trattare questi temi in maniera importante. Poi l’argomento è diventato ‘di moda’, se così si può dire”. L’impegno è poi ulteriormente cresciuto, anche grazie al sostegno dell’associazione foggiana ‘Donne in rete’, con la quale Caione collabora da tempo. “Così sono nati tanti progetti contro la violenza di genere e contro un linguaggio stereotipato e sessista: parliamo di libri e kit di giochi didattici, forme di pubblicazioni diverse per veicolare uno stesso messaggio”.

Dalla teoria alla pratica cosa è cambiato in questi anni? “Sicuramente il tema è diventato ricorrente, e questo è importante”, spiega. “Per quanto riguarda il riscontro reale è difficile fare valutazioni. Posso dire che ci sono stati dei passi avanti e dei passi indietro. C’è tutta una cultura che va profondamente modificata e questo richiede tempo. Ma è indubbio - conclude - che c’è una consapevolezza maggiore di quelli che sono gli stereotipi nell’educazione che non bisogna più accettare”.

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