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Lunedì, 29 Aprile 2024
Calcio

Dal tonfo di Torre del Greco alla vittoria con la Juve Stabia: che cosa è cambiato in 40 giorni

Al 'Liguori' i rossoneri toccarono il punto più basso della stagione. Dopo sono arrivati 15 punti in 7 gare che hanno portato la squadra di Cudini in zona playoff

11 febbraio 2024. Al ‘Liguori’ di Torre del Greco D’Auria e Pugliese regalano i tre punti alla Turris nella sfida contro il Foggia che, da par suo, mette in scena la più brutta performance stagionale. Il culmine di un periodo nefasto cominciato circa due mesi prima, nel quale era successo di tutto, dalla defenestrazione di Cudini all’esperimento – rivelatosi a dir poco dannoso – Coletti-Vacca fino al ritorno alle origini (Cudini) e alla rivoluzione di gennaio, con la rosa uscita profondamente rinnovata dopo il mercato invernale. Dieci giorni dopo la fine del mercato, il Foggia andò a far visita alla Turris, una settimana dopo lo scialbo pari interno con il Catania (rimasto in dieci per tutto il secondo tempo). Al ‘Liguori’ i satanelli toccarono il punto più basso della propria stagione, sia per la bruttezza della prestazione che per la situazione di classifica, che vedeva il Foggia sestultimo con due sole lunghezze di vantaggio sulla quintultima. Per molti sembrò l’incipit di un dramma, il frutto delle scellerate scelte compiute dalla società a partire dal post-Lecco.

A distanza di circa 40 giorni la musica è cambiata. Il Foggia adesso è decimo, occupando quello che sarebbe l’ultimo posto disponibile per accedere alla prima fase dei playoff. La risalita è stata il frutto di un miniciclo di risultati positivi, con in mezzo la sola (immeritata) sconfitta a Benevento: 5 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta; 15 punti sui 21 disponibili. Tra i successi si annoverano quelli contro Crotone, Picerno e l’ultimo con la capolista Juve Stabia. Sfidiamo a trovare qualcuno così ottimista da prevederlo dopo l’umiliazione del ‘Liguori’. Eppure, è accaduto. Come spesso succede nel calcio, le situazioni profondamente negative possono celare il trampolino per compiere i salti verso l’alto più clamorosi. Basti ricordare la Roma di Capello nella stagione 2000/01, prematuramente eliminata dalla Coppa Italia e pesantemente contestata dai tifosi, gli stessi che alla fine della stagione avrebbero festeggiato la vittoria del terzo scudetto. O ancora l’Inter di Mourinho nel 2010, che a Catania conobbe uno dei suoi momenti più cupi della stagione, ma che tre giorni più tardi espugnò lo Stamford Bridge, eliminando il Chelsea di Ancelotti e dando il via alla cavalcata conclusasi con la storica tripletta.

Scelte tattiche 

Nel suo piccolo, potrebbe essere accaduta la stessa cosa anche al Foggia di Cudini. Come ha rimarcato Odjer nella conferenza stampa di una settimana fa, il gruppo aveva forse capito che occorreva fare quadrato e dare una sterzata a una stagione che rischiava seriamente di prendere la più brutta delle pieghe. Ecco, Odjer. La sua permanenza è stata una delle chiavi della svolta. Attorno alla sua figura e a quella di Tascone, Cudini ha costruito una diga solidissima per proteggere la linea difensiva e conferire equilibri, solidità, sicurezza e tanta personalità a una squadra allo sbando. Scelta che denota il buon senso del tecnico, che ha deciso di accantonare i propositi iniziali di puntare sul 4-3-3, sistema di gioco che la squadra faticava a interpretare senza perdere gli equilibri. Il 3-4-3 ( o 3-4-2-1) è un vestito che calza alla perfezione, perché esalta le succitate doti in interdizione dei due di centrocampo, ma consente anche di sfruttare le doti di corridore di Silvestro sulla destra e a sinistra di Vezzoni, altro giocatore cresciuto oltremodo nell'ultimo mese. Il resto, poi, lo fanno i singoli come Millico, già a quota 7 assist, e Santaniello tra i protagonisti fino all'infortunio rimediato con il Sorrento

La costruzione di un gruppo 

Ma c'è dell'altro da evidenziare, che conta anche più delle azzeccate scelte di campo. Perché senza un cambio di marcia mentale, difficilmente la squadra sarebbe riuscita a risalire. Ed è qui che risiedono i maggiori meriti di Cudini, bravo a motivare e cementare il gruppo, che ora è più che mai stretto attorno al suo allenatore come invece non lo era stato nella prima parte di stagione. In tal senso, la scelta di liberarsi di certi giocatori ormai diventati poco funzionali (per non dire tossici a livello di spogliatoio) a vantaggio di gente affamata, pronta a sporcarsi le mani per assecondare l’urgenza dell’obiettivo, si è rivelata azzeccatissima. Il resto è storia recente: Cudini ha saputo creare la giusta alchimia, una squadra in cui l’io non trova posto, ma esiste soltanto il “noi”. Un gruppo nel quale chi è arrivato dopo è riuscito a portare quelle motivazioni che ben si sono incastrate con quelle di chi già c’era.

Errori e rimedi

È cambiato anche Cudini? Più semplicemente, il tecnico marchigiano ha potuto realmente avere voce in capitolo nel mercato invernale. Ciò che, invece, non accadde in estate quando fu costretto a “subire” l’immobilismo sul mercato della società con la mente focalizzata esclusivamente sui ricorsi. La possibilità di recitare un ruolo da protagonista nella (ri)costruzione del Foggia è stata la condizione essenziale posta dal tecnico perché il suo ritorno in rossonero si concretizzasse. E così è andata. La società ha assecondato i desiderata del mister, portando a Foggia giocatori da lui già allenati (Ercolani e Tenkorang) o adocchiati in passato (Rolando e Gagliano), accettando anche scelte forti come l’iniziale esclusione dalla lista di Andrea Schenttii (uno dei veterani con i quali i rapporti si erano incrinati), destinato ad andar via e poi rimasto a Foggia anche alla scadenza del mercato. Scelta rivendicata pubblicamente dal tecnico, che ha poi di buon grado accolto il reintegro dopo i dovuti chiarimenti. 

Ciò che accadrà nelle prossime settimane non si può immaginare. Tuttavia, nulla potrà cambiare la valutazione degli ultimi 40 giorni che hanno stravolto (in positivo) il presente e, forse, il futuro del Foggia. Risultati che hanno rivalutato la figura di Cudini o, più semplicemente, hanno dato forza a una verità recondita: per ottenere dei buoni risultati non servono scelte eclatanti. Mettere un allenatore nelle condizioni migliori per lavorare sarebbe già un buon punto di partenza. 

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