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Sabato, 27 Aprile 2024
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Una tesi di laurea sulla valenza antropologica dei 'Fucacoste e Cocce Priatorje': “Una miniera inesauribile”

Il lavoro di ricerca del giornalista Francesco Quitadamo, oggi laureato in Lettere Moderne, con la cattedra di Antropologia. Presentato alla commissione uno studio sulla manifestazione del 1° novembre ad Orsara di Puglia

Una tesi di laurea sulla valenza antropologica dei Fucacoste e cocce priatorje, la manifestazione del 1° novembre di Orsara di Puglia. E’ quella che ha discusso questo pomeriggio, dinanzi alla commissione di laurea del Dipartimento di Studi Umanistici dell’UniFg, il giornalista foggiano Francesco Quitadamo, che da oltre 20 anni racconta il territorio foggiano nelle sue sfumature più autentiche.

Con il suo lavoro di studio e ricerca - “Fucacoste e cocce priatorje, il 1° novembre di Orsara di Puglia. Una festa fra tradizione e cambiamento”, coordinato dalla professoressa di Antropologia Francesca Scionti, in qualità di relatrice - Quitadamo è stato proclamato dottore in Lettere Moderne con il voto finale di 107 su 110.

Specializzato in comunicazione istituzionale e marketing territoriale, Quitadamo segue - per dovere e per diletto - la manifestazione orsarese da sempre, ritenendola “una miniera inesauribile” di significati, valori e simboli. Nel suo lavoro, ripercorre l’evoluzione della manifestazione (“da rito intimo ma collettivo di una piccola comunità a evento di richiamo”) che però – come spiega a FoggiaToday lo stesso Quitadamo - riesce a mantenere ancora inalterata la sua identità.

Una tesi di laurea, quindi una dissertazione scientifica, sulla tradizione dei 'Fucacoste e cocce priatorje' di Orsara di Puglia. Perché?

È la prima volta nella storia dell’Università di Foggia che una tesi di laurea è dedicata al 1° novembre di Orsara. Nonostante la festa sia antichissima e negli ultimi anni sia ‘esplosa’, ad essa non sono stati dedicati libri, se non un piccolo ma interessante volumetto di uno studioso locale. Fucacoste e cocce priatorje sono una materia ricchissima che merita di essere studiata, approfondita, valorizzata.

Qual è la sua valenza dal punto di vista antropologico?

Dal punto di vista antropologico la festa dei Fucacoste è una miniera inesauribile. Ha una valenza enorme perché integra, in una sola ricorrenza, alcuni degli elementi culturali fondamentali di tutti i tempi per l’umanità: i riti e il simbolismo del fuoco, il culto dei morti, il rapporto tra il mondo dei vivi e l’aldilà, il significato rituale e simbolico del cibo. Inoltre, dentro i Fucacoste c’è quella che gli antropologi chiamano la ‘rifondazione del tempo ciclico’ legata ai ritmi della terra, le stagioni delle semine che si alternano a quelle dei raccolti. Con la tradizione c’è il cambiamento che la mantiene viva, la innova e la perpetua di generazione in generazione.

Da 20 anni ormai vivi, segui e comunichi la notte dei ‘Fucacoste’. Come l’evento è cambiato negli anni?

Si è passati dal silenzio al frastuono, da un rito collettivo ma intimo di una piccola comunità a un evento di massa, che tuttavia riesce a conservare l’originale magia. Fino ai primi anni 2000, questa era una festa vissuta quasi esclusivamente dagli orsaresi. Da fuori, quasi nessuno andava a Orsara il 1° novembre, fatta eccezione per gli emigranti che tornavano in paese per la commemorazione dei defunti. Il lavoro di valorizzazione e promozione in chiave culturale e turistica fatto da Pro Loco e Comune di Orsara, negli anni, ha portato a comunicare la tradizione e ad arricchirla per attrarre visitatori. Progressivamente sono venute sempre più persone. La festa è stata conosciuta e raccontata dai media nazionali e da quelli locali. Dei fucacoste se n’è occupata anche la BBC, la televisione inglese di Stato. Io stesso sono stato a Geo, ospite della trasmissione di Sveva Sagramola, per raccontare i Fucacoste. Ora questa tradizione non è più soltanto del paese, gli orsaresi la condividono con migliaia di persone. I Fucacoste, ad esempio, sono diventati una tradizione per tante famiglie foggiane, baresi e di persone che ogni anno arrivano da ogni parte d’Italia per parteciparvi. La adorano soprattutto i bambini, per via delle zucche in primis, ma anche per l’incanto scenografico del fuoco e l’alone di mistero che la caratterizza. La dimensione di massa ha tolto e ha aggiunto qualcosa. Trovare un nuovo equilibrio non è facile ma nemmeno impossibile. Quest’anno, per esempio, secondo me si è trovata la giusta strada per far apprezzare alle persone gli elementi più profondi e autentici di questa festa.

Come è stato approcciarti all’evento orsarese con l’occhio dello studioso di antropologia?

La ricchezza è nelle contraddizioni. Il rapporto tra Fucacoste e i significati originari di Halloween, per esempio, è un oggetto di studi infinito e affascinante. L’ambivalenza del fuoco, che può essere luce ma anche distruzione; il nostro rapporto con la morte e con i morti, che implica paura, angoscia, ma anche tenerezza e ricordo di chi ci è stato e continua a esserci caro: studiando i Fucacoste, ci si rende conto che questa festa ci fa tornare alle origini dell’umanità.

Da giornalista/comunicatore, invece, quali sono state le difficoltà incontrate negli anni per raccontare l’autenticità (“Qui non è halloween”!) della notte delle zucche e dei falò orsaresi?

Lo slogan “Qui non è Halloween” ha avuto molta fortuna. La verità è che questo richiamarsi ad Halloween per prenderne le distanze è stato uno degli espedienti comunicativi che hanno fatto esplodere la festa, facendola diventare un evento di massa. Quando un ‘forestiero’ viene al 1° novembre di Orsara di Puglia si rende subito conto di una cosa: i Fucacoste sono veri, le fiamme le vedi crepitare vicino a te, ti ammaliano e ti riscaldano; le zucche sono autentiche, non di plastica, i bambini ci infilano le mani per intagliarle e allora scoprono che dentro sono piene di semi, sono polpa viva, ci si sporca, sono materia. La difficoltà che affronto ogni volta, senza mai superarla, è quella di riuscire a rendere la magia di quest’evento: per comprendere i Fucacoste bisogna viverli e conoscere Orsara di Puglia, che è un paese speciale e meraviglioso anche grazie alla sua gente.

Da studioso di antropologia, come preservare l’identità dei Fucacoste; da giornalista, come narrarne l’esperienza?

L’identità non è un cerchio chiuso. Orsara è un paese culturalmente molto vivo, aperto, curioso. L’identità dei Fucacoste rispecchia quella di un borgo che è stato, e per certi versi continua a essere, crocevia per l’incontro tra popoli e culture. Un’idea potrebbe essere quella di avviare con antropologi e studiosi delle scienze umane un progetto di ricerca su Fucacoste e cocce priatorje, anche attraverso un Festival dell’Antropologia che coinvolga studiosi di tutto il mondo, facendoli arrivare qui a Foggia e a Orsara di Puglia. Foggia, in tal senso, può fare molto, perché è il nostro capoluogo, una città straordinaria e perché anch’essa è legata a un mistero che ha a che fare con le fiamme. É significativo ed emblematico, ad esempio, che la prima foto ‘informale’ da sindaca ritragga Maria Aida Episcopo mentre prepara il grano dei morti, una tradizione che parla di rinascita. É una foto che ho utilizzato anche durante la discussione della mia tesi. E poi mi piace evidenziare un altro aspetto. La prima cosa che fanno i bambini quando vedono una zucca intagliata per la prima volta è toccarla, ma con circospezione, con un certo timore, come se si trattasse di una cosa viva e sconosciuta. Nei bambini, però, spesso la curiosità vince sulla paura. È questa la leva della conoscenza, del cambiamento, del futuro. Ecco, da giornalista vorrei essere come quei bambini, avere la stessa curiosità e la medesima capacità di vincere la paura e il pregiudizio per capire, conoscere, continuare a stupirmi. Il volto al futuro possiamo darlo noi, come succede a chi intaglia una zucca per donare ad essa sembianze umane. Fucacoste è una festa in cui luce e curiosità vincono su tenebre e paura, per questo è adorata dai bambini e dal bambino che continua a esserci in ogni adulto.

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