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Cronaca

Impiegavano manodopera in nero: sospese cinque attività imprenditoriali

Controlli ad Ordona, Candela, Macchia e Foggia. Ad Apricena una 36enne romena per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro

Ad agosto i carabinieri del comando provinciale e del Nucleo Ispettorato del Lavoro, con il coordinamento della Direzione Territoriale del Lavoro, hanno effettuato specifici servizi finalizzati al contrasto del lavoro sommerso in provincia di Foggia. Durante le attività - che ha interessato il settore agricolo, turistico e dei pubblici esercizi – sono state controllate 37 aziende adottati cinque provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale per impiego di manodopera in nero, individuati 19 lavoratori completamente in nero, e comminate sanzioni amministrative (cosiddetta maxi sanzione per lavoro nero e mancata consegna delle prevista dichiarazione di assunzione) per un importo complessivo pari ad 86.570 euro.

In particolare, sono stati adottati provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale fino ad avvenuta regolarizzazione (art. 14 del D.Lgs 81/2008) nei confronti di due aziende agricole - di Ordona e di Candela, - una struttura turistica di località Macchia e due pubblici esercizi del capoluogo, i cui titolari impiegavano parte dei lavoratori completamente in “nero”.

Il personale del NIL, a seguito di altra attività ispettiva, ha accertato un kebabbaro ha omesso il versamento contributivo INPS in favore del personale occupato per il periodo 2013-2014 per circa 18.600 euro. Il predetto ha, altresì, omesso il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni del personale occupato per circa 4.900 euro. Per quest’ultima vicenda lo stesso è stato denunciato in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria.

Ad Apricena, i carabinieri della locale stazione, hanno denunciato in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria una donna di 36 anni, romena, per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. La predetta dopo aver fatto giungere in Italia alcuni connazionali, approfittando del loro stato di bisogno, li aveva impiegati come braccianti agricoli in un’azienda agricola per la raccolta stagionale del pomodoro. I lavoratori erano costretti a pernottare all’interno di tende e containers insistenti sul fondo agricolo, privi di acqua ed energia elettrica in condizioni estremamente degradanti.

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