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Cronaca

Arresti Gema, Lanfranco Tavasci respinge le accuse: “Sono innocente”

Ieri è stato ascoltato in Procura. Si sarebbe chiamato fuori dalla gestione amministrativa di Gema "avendo ceduto ogni incarico due anni fa". Guai cominciati con il nmancato rinnovo dell'appalto al Comune di Foggia

Innocente ed estraneo ai fatti a lui contestati. Respinge ogni accusa Lanfranco Tavasci, ex presidente del cda di Gema, la società di riscossione tributi finita nella bufera giudiziaria.

In custodia cautelare ai domiciliari assieme all’amministratore delegato della stessa società Giuseppe Corriere con l’accusa di peculato, ieri l’indagato è stato ascoltato in Procura, assistito dai suoi legali e alla presenza del sostituto procuratore titolare delle indagini, Antonio Laronga, e delle Guardia di Finanza.

Nel corso dell'interrogatorio di garanzia durato circa due ore davanti al gip Rita Curci, Tavasci - visibilmente provato - si sarebbe chiamato fuori dalla gestione amministrativa di Gema, "avendo ceduto ogni incarico due anni fa".

Quindi si sarebbe soffermato sul momento di difficoltà economico-finanziario della società che il manager avrebbe realizzato solo nel marzo scorso: uno stato aggravato dal mancato rinnovo dell’appalto di riscossione tributi col Comune di Foggia proprio nel momento in cui la società avviava il suo piano di ampliamento e di investimenti.

Ci sarebbe anche questo, secondo Tavasci, all’origine dei ritardi di Gema nei trasferimenti ai Comuni degli incassi rivenienti dalla riscossione dei tributi. Più volte l'indagato avrebbe ribadito al pm di non aver mai trattenuto per sé neanche un centesimo di quel denaro, respingendo ogni accusa.

Lunedì i legali chiederanno la revoca dei domiciliari "non essendoci alcun pericolo di reiterazione del reato".

L’esigenza dell’applicazione della misura cautelare, infatti, secondo gli inquirenti, muoveva "dalla particolare gravità della condotta ascritta agli indagati, in relazione al significativo arco temporale dei fatti contestati - anno 2011 fino a maggio 2012 - ed all’entità dei tributi confluiti nelle casse della Gema e non riversati ai Comuni". 

Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Foggia, coordinate dal sostituto procuratore Antonio Laronga, Tavasci e Corriero si sarebbero appropriati dei tributi riscossi per conto di oltre 30 comuni appaltanti della Capitanata.

Il "buco" secondo l'accusa supererebbe i 21 milioni di euro.

 

 

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