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Cronaca

Choc al Don Uva, da "ti uccido di mazzate" a "ora puoi pure morire": le violenze ai pazienti nel reparto degli orrori

Le violenze perpetrate nei confronti di 25 pazienti psichiatrici ricoverati al Don Uva di Foggia di via Lucera. Otto persone sono finite in carcere, sette agli arresti domiciliari. Sono in tutto trenta gli indagati

Sono otto infermieri, sedici operatori socio-sanitari, due educatrici professionali dipendenti di Universo Salute, tre operatori sanitari dipendenti di Etjca Spa e un addetto alle pulizie della ditta 'La Pulisan Srl', i soggetti raggiunti da un'ordinanza applicativa delle misure cautelari coercitiva della custodia cautelare in carcere, degli arresti domiciliari, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e del divieto di dimora, nell'ambito dell'operazione ribattezzata 'New Life'.

Nel dettaglio, sette persone sono state trasferite in carcere, per otto di loro è scattata la misura dei domiciliari. Applicati tredici divieti di dimora con contestuale divieto di avvicinamento e due divieti di dimora. Gravissimi i reati e le accuse nei confronti dei trenta indagati: maltrattamenti aggravati, sequestro di persona, violenza sessuale, favoreggiamento personale ed altro ancora. 

Le indagini, coordinate dalla Procura di Foggia, hanno consentito di riscontrare numerosi episodi di violenze ed abusi ai danni di 25 ospiti in condizioni di incapacità e/o di inferiorità fisica o psichica, ricoverati presso la struttura sociosanitaria-riabilitativa di via Lucera, che venivano afferrati per i capelli, colpiti in faccia e sul corpo con schiaffi, pugni, spinte, scuotimenti e strattonamenti.

Talvolta venivano trascinati per i corridoi (le immagini video).

Il Gip Marialuisa Bencivenga evidenzia i gravi reati: minacce, ingiurie, umiliazioni, soprusi e violenze sessuali. Durissimi alcuni passaggi dell'ordinanza, che per questo evitiamo di riportare. Tuttavia non possiamo mancare di evidenziare alcune delle minacce e delle azioni degli indagati:

"Ti uccido di mazzate", "tu non devi mangiare proprio più", "se vieni di qua abbuschi", "fammiti attaccare...fammiti legare", "dammi un lenzuolo, fammela attaccare", "io ti sparo in bocca", "vattene da qua sennò ti infilo il coltello dentro la gola", "ci devo dare con il cuppino in testa fino a quando ci torna la memoria", "ti devo spaccare la testa", "uccidila, uccidila per favore", "mo' ti devo chiudere nella stanza", "ti butto di sotto", ti devo spezzare il braccio" 

Questo il commento di uno degli arrestati mentre, con un altro degli indagati, procedeva a sostituire il pannolone a una delle degenti

"Ora puoi pure morire, non me ne frega niente più, una merda di cristiana", "qua dovete stare tutti chiusi nelle celle".

Alcuni ono accusati anche di aver offeso la dignità sessuale e di averne violavato la corporeità. I pazienti venivano rinchiusi a chiave per ore in singole stanze, legati a letti e sedie con le lenzuola. In altri casi, alcuni degli oss, non provvedevano all'igiene di quelle persone non autosufficienti oppure, demandavano ad altri degenti, il compito di provvedervi.

Inoltre, mentre cambiavano gli indumenti alle pazienti donne, permettevano agli uomini di assistere. E facevano loro il verso mentre piangevano o si lamentavano

"Ma da quando è che non ti lavi, fai schifo a come puzzi".

Sono accusati anche di aver posto in essere nei confronti dei malati con problemi psichiatrici, manovre contenitive o manipolatorie irruente e brusche o di aver incitato alcune degenti a tenere condotte violente le une contro le altre. 

Nelle carte del Gip si legge anche:

"quando notavano che alcuni di loro stavano attuando le vessazioni omettevano di intervenire per far cessare i maltrattamenti, così concorrendo moralmente con gli autori immediati delle condotte o comunque, venendo meno al dovere giuridico di tutelare l'integrità fisica e morale delle degenti e dunque concorrendo mediante omissione nelle altrui condotte maltratanti, così sottoponendole a una serie di angherie e umiliazioni pressoché quotidiane, determinando consapevolmente  - anche al fine di facilitare il proprio lavoro rendendo più remissive le persone offese - l'insorgere nell'intero reparto di un clima di intimidazione tale da provocare sofferenze morali anche alle degenti che erano mere spettatrici delle violenze fisiche e verbali subite dalle altre e così facevano vivere tutte le persone offese in una condizione di perenne soggezione e paura provocando loro intollerbaili sofferenza"

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