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Domenica, 28 Aprile 2024
Salute

Lotta al Covid tra gli ostacoli, vaccino bloccato e monoclonali senza pazienti. No-vax? Lo Caputo: "Si pentono dopo una notte in Cpap"

La situazione delle sperimentazioni anti-covid. Intervista al responsabile il prof. Sergio Lo Caputo. Reithera bloccato. Per gli anticorpi monoclonali "mancano i pazienti". L'antivirale deve ancora partire. No-vax ricoverati in Malattie Infettive: "La maggior parte si pente"

Tempi duri, anzi, durissimi, per il vaccino Reithera, bloccato sul più bello dalla Corte dei Conti, che ha bocciato il finanziamento promesso per la fase tre della sperimentazione, quella del confronto con un altro vaccino. Novecento finora i pazienti arruolati.

LO STOP AL VACCINO REITHERA

Non nasconde un pizzico di amarezza il responsabile della sperimentazione al policlinico Riuniti di Foggia del vaccino made in Italy – ma anche dell’infusione degli anticorpi monocolonali e dell’utilizzo degli antivirali nell’unità operativa complessa di Malattie Infettive diretta dalla prof.ssa Teresa Santantonio - il prof. Sergio Lo Caputo: “Tutti i vaccini a vettore virale come Astrazeneca o Johnson & Johnson, sono stati abbandonati un po’ per decisioni politiche, un po’ per evitare che la gente fosse ancora più scettica nei confronti dei vaccini. Reithera, che è un vaccino a vettore virale, si è trovato in questa situazione ed è un peccato. La sperimentazione stava proseguendo bene, senza intoppi di alcun genere. Gli effetti collaterali erano sovrapponibili a quelli degli altri vaccini che stiamo utilizzando, seri nessuno”.

Al policlinico Riuniti i prelievi per i 71 volontari che in due mesi avevano superato tutti gli step della 2^ fase, sono terminati a fine maggio.

Prof. Lo Caputo, ritiene che i volontari si siano pentiti di aver preso parte alla sperimentazione?

“Hanno fatto di tutto per farli pentire”.

Riceveranno il rimborso?

“Avranno un rimborso di 800 euro alla fine del completamento dei due anni. Una cifra di 400 euro cadauno dovrebbe essere in pagamento da parte di Retheira nei confronti del policlinico Riuniti. Appena arriveranno l’azienda troverà il modo di girare loro la cifra”.

Hanno ottenuto il Green Pass i vaccinati Reithera?

“A chi aveva fatto il placebo è stata data la possibilità di vaccinarsi con i vaccini in commercio. Gli altri che hanno partecipato alla sperimentazione, siccome abbiamo riscontrato una efficacia tra il 92% e il 97%, hanno avuto il Green pass fino al 30 settembre, che peraltro è arrivato il giorno prima dell’ufficializzazione della certificazione verde, nonostante le mie sollecitazioni”.

E’ un peccato che sia andata così.

“Si, non dimentichiamoci che c’era la possibilità di fare un vaccino promettente quando era ancora difficile essere vaccinati, fine marzo-aprile 2020”.

I PAZIENTI NO-VAX AL RIUNITI

Con il prof. Lo Caputo abbiamo affrontato anche il tema di pazienti No-vax che arrivano in ospedale. La maggior parte si ricrede sul vaccino dopo una notte in Cpap, il ventilatore servo-assistito: “La parola no-vax si trasforma in dottore ha ragione lei, ho sbagliato” spiega.

Alcuni restano della convinzione che non serva o che sia dannoso per la salute: “Sono pochissimi. Uno ha riconosciuto di aver fatto una cavolata e mi ha detto di aver telefonato a un po’ di persone chiedendo di vaccinarsi” rivela l’infettivologo: “I rischi non vengono compresi, alcuni arrivano in Rianimazione. Evidentemente sfugge che ogni volta che noi mettiamo un accesso venoso, un catetere e un tubo in più, aumenta il rischio di contrarre altre infezioni"

Ci sono anche però persone vaccinate nel vostro reparto?

“Sì, sono persone fragili e anziani mentre i non vaccinati hanno tra i 40 e i 60 anni.”

E lei è d’accordo con l’obbligo della vaccinazione?

“Assolutamente si”

GLI ANTICORPI MONOCLONALI E I MEDICI

Rispetto al secondo fronte della battaglia al virus, quello degli anticorpi monoclonali, le cose potrebbero andar meglio: “Stiamo somministrando nei pazienti ad alto rischio da diversi mesi ma in misura molto bassa perché non ci mandano i pazienti”.

Come mai?

“Perché ’è scarsa attenzione. A tal proposito c’è già stata una polemica per la quale ho avuto un chiarimento con il presidente dell’ordine dei medici”.

E’ cambiato qualcosa nel frattempo?

“No, stiamo al punto di prima. Si continua a somministrare ai pazienti cortisone e azitromicina”.

E poi?

“A luglio abbiamo cominciato una sperimentazione nei pazienti non ospedalizzati, che hanno sintomi lievi e che si sono appena infettati, con monoclonale italiano, ottimo per la variante Delta per via intramuscolo. Su tre persone, due fa il monoclonale e una il placebo. Il vantaggio è che dopo gli esami e l’iniezione degli anticorpi monoclonali, vengono seguiti a casa con dei tamponi molto ravvicinati, con uno stress bassissimo. Anche qui non viene nessuno. Altri centri hanno arruolato novanta pazienti, noi nove”.

E’ un grande problema…

“Il risultato è che arrivano persone che sono positive già da dieci giorni, che prendono la polmonite e stanno male. A quel punto siamo nella stessa situazione dell’anno scorso. I pazienti trattati hanno avuto una negativizzazione del tampone a distanza di cinque-sette giorni dalla positività, gli altri ci mettono anche un mese. Se riuscissimo ad organizzarci meglio non avremmo tanti ricoveri”.

L’ANTIVIRALE, STESSA SITUAZIONE


La terza fase della sperimentazione riguarderà l’antivirale in compresse da assumere due volte al giorno per 5 giorni, indicato per persone il cui tampone ha dato esito positivo in un arco temporale di massimo 3 giorni. Lo scopo dell’antivirale è simile alla sperimentazione per anticorpi monoclonali, ossia rallentare l’evoluzione della malattia e indurre nel volontario una forma blanda di virus inducendo a soggetti definiti paucisintomatici. Il policlinico Riuniti fa parte dei cinque centri in Italia di uno studio internazionale, che avrebbe dovuto cominciare a metà marzo. “Dobbiamo partire, ma se le premesse sono queste, come facciamo a trovare i pazienti?”

Sono sperimentazioni, queste, che non convincono i medici?

Non so se sia questo o menefreghismo. Ritengo che basterebbe un po’ di attenzione in più. Abbiamo imparato tanto dal 2020 ma sul territorio non è stato recepito. Eppure noi ce ne vogliamo far carico. Sulle malattie infettive prima si agisce e più successo di guarigione si ha.

Per risolvere questo problema cosa manca?

Una cabina di regia tecnica.

Che oggi non c'è

Oggi è politica

IL COVID NELLE PROSSIME SETTIMANE

Sull’andamento della pandemia, l’infettivologo si lascia andare a una previsione sulle prossime settimane: “Secondo me non avremo i picchi dell’autunno dell’anno scorso, il problema è che localmente potrebbero esserci dei focolai. Anche in quei casi i trattamenti precoci possono ridurre ed evitare ricoveri e risolvere le situazioni. Il tutto si trasformerebbe in risparmio economico, salute guadagnata perché ridurremmo l’infettività dei pazienti colpiti dal virus. Dobbiamo evitare che molte persone positive vadano in giro. Soprattutto i pauciasintomatici che hanno pochi sintomi.

Professore quando tutto questo finirà che cosa resterà?

“Nel nostro campo sicuramente si aprirà il discorso per le altre malattie infettive del trattamento degli anticorpi monoclonali, in particolari tipologie di pazienti. Una maniera più innovativa rispetto al passato”

Dovremo convivere con il Sars-Cov 2?

“Si, per ancora un po’ di anni perché la campagna vaccinale nei paesi più poveri è molto indietro. C’è da aspettarsi altre varianti con altre ondate”

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