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Leo Di Gioia ha deciso: “Mi candido a sindaco, progetto civico senza simboli di partito”

Tra i candidati sindaco di Foggia c'è anche l'assessore regionale al Bilancio della giunta Vendola: "Non troveranno asilo nel mio progetto partiti che si sono cimentati lo scorso 9 marzo"

Mani libere ed un solo mandato. Dopo un serie pressoché infinita di valutazioni, meditazioni, corteggiamenti e ripensamenti, l’assessore regionale al Bilancio, Leonardo Di Gioia, scioglie la riserva: si candida a sindaco di Foggia, ma detta le sue condizioni. Lo fa in una rapida conferenza stampa, convocata oggi presso la sua segreteria, in via Gramsci, in cui appare tesissimo.

Evidenzia come il pressing nei confronti della sua persona non si sia mai sopito al contrario, si sarebbe intensificato proprio all’esito delle primarie del centrosinistra (Vendola in primis) ed all’indomani della presenza ufficiale di Franco Landella, “manifestazione muscolare che mi ha fatto fare un amaro salto nel passato”.

Il SACRIFICIO. Così l’assessore regionale spiega le ragioni della sua scelta, che descrive come una “offerta” alla città dettata dal senso di responsabilità: “Un centrodestra litigioso, che pare proiettato più su una partita di calcio che di governo della città, ed un centrosinistra lacerato che, peraltro, ha già dimostrato in questi anni potenzialità e limiti, unita all’assenza del futuro di Foggia nel dibattito elettorale, concentrato su personalismi, mi hanno fatto maturare il convincimento che si rischia di cambiare i protagonisti, ma non lo spartito. E dunque che ci sia lo spazio per proporre una offerta diversa, che vada al di là dei partiti e degli schieramenti tradizionali, per provare a restituire alla città il ruolo che merita a livello regionale e nazionale”. Un sacrificio per la città, dunque, che duri lo spazio di un unico mandato, fa sapere.

NESSUN SIMBOLO DI PARTITO. Il suo, spiega, sarà un rassemblement di liste civiche (quattro o forse più), in cui – chiarisce, smorzando i bollori degli ultimi giorni- non troveranno spazio simboli di partito, men che meno quelli che hanno partecipato alle primarie del centrosinistra del 9 marzo scorso. Di Gioia ne fa quasi una questione di galateo politico (“da esponente di un governo di centrosinistra, sono molto rispettoso dell’esito delle primarie”), mentre sul suo attuale incarico assessorile si limite a dire: “Lo decideremo con Vendola”.

“MANI LIBERE”. Denuncia una classe dirigente dimostratasi inadeguata negli anni; con essa, manda a dire, non ci saranno contrattazioni di sorta: nessuna negoziazione con sovrastrutture e potentati della città.  L’esperienza da assessore gli ha fatto maturare il convincimento che “di Foggia si ha la percezione di una città che non sa intercettare risorse ed opportunità, salvo poi accusare la Regione di Baricentrismo”.Quindi chiarisce: “Non è un guanto di sfida al sistema ma un’occasione offerta al sistema stesso di rigenerarsi e di scompigliare quegli schemi che hanno fatto sedere Foggia”.

CURA DRASTICA. E’ il candidato che spariglia i giochi, non c’è dubbio. Un intervento lucido, crudo,senza fronzoli: “Raccolgo le sollecitazioni che mi son giunte da più parti. E se toccherà a me, lo farò per un solo mandato” con un programma drastico, di pochi punti, anche dolorosi. Mano alle aziende comunali (il rapporto con Amiu, preannuncia, va ricontrattato), stop alla sudditanza dal mattone, valorizzazione del rapporto con la Regione ed il Governo centrale. Rivisitazione della macchina comunale e dirigenziale che “dovrà esser protagonista determinante di questo cambiamento”.

APPARENTAMENTI? “NESSUNA PREINTESA” Uno shock positivo, dunque, che immagina con liste di professionisti ed energie nuove, ma senza disdegnare innesti di consiglieri uscenti. A chi gli chiede di eventuali apparentamenti già pronti col candidato sindaco del centrosinistra, Augusto Marasco, garantisce. “Nessuna preintesa. Non escludo nulla”. Anche se è convinto che la sua proposta risulterà determinante: “Lasciatemi sognare una vittoria al primo turno”. 

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