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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Amianto-killer sul lavoro, ferroviere foggiano morto a 68 anni: Rfi condannata a risarcire 200mila euro

La battaglia portata avanti in tribunale dalla vedova dell'uomo, morto a causa di un mesotelioma epitelioide derivante dall’esposizione, sul luogo di lavoro, a fibre del materiale incriminato.

Amianto-killer nelle Ferrovie, la Corte di Appello di Roma conferma la condanna a Rfi per la morte di un ferroviere foggiano che avrebbe sviluppato un mesotelioma epitelioide a causa dell’esposizione, sul luogo di lavoro presso le Officine Grandi Riparazioni di Foggia, a fibre del materiale incriminato.

Un esito giudiziario definito dall’Ona – Osservatorio Nazionale Amianto “apripista": la Corte di Appello di Roma, infatti, ha ribadito non solo che non esiste una soglia minima al di sotto della quale si annulla il rischio amianto, ma ha avallato la tesi che, anche un’esposizione non prolungata nel tempo, può determinare l’insorgenza di patologie asbesto-correlate.

Nel caso specifico, il dipendente ha prestato servizio in Rfi dal 1969 al 1971 con mansioni di operaio qualificato “aggiustatore meccanico”. Si è occupato della manutenzione dei rotabili ferroviari, motori, tubazioni, cavi elettrici  respirando direttamente e indirettamente le sottilissime fibre killer. I locali erano privi di aerazione, le lavorazioni venivano eseguite senza l’adozione di alcuna misura di sicurezza, pur essendo disponibili, sin dagli anni ’40, mascherine, tute protettive e aspiratori.

Quel che è peggio, è che venivano utilizzati dei soffiatori per togliere la polvere, che tuttavia finivano inevitabilmente per disperderla nell’aria. Nel 2006, l’operaio aveva avuto un primo versamento pleurico, e il 28 marzo 2009 è purtroppo, deceduto all’età di 68 anni, lasciando la moglie e i due figli. L’Inail aveva fin da subito accertato l’origine professionale della malattia e costituito in favore della vedova la rendita ai superstiti. 

La famiglia dell’uomo, assistita dagli avvocati Ezio Bonanni, presidente Osservatorio Nazionale Amianto, e Daniela Lucia Cataldo, aveva quindi presentato ricorso al Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali. Ma nonostante l'Ona avesse già ottenuto altre condanna delle Ferrovie (qui un altro caso analogo nel Foggiano), nel caso di specie l’azienda aveva contestato la pretesa, spiegando che: “solo a partire dalla metà degli anni ’70 vi è stata la presa di coscienza circa la pericolosità della esposizione a fibre in amianto”.

In primo grado, la giudice del Tribunale di Roma Antonella Casoli, basandosi su un’ampia letteratura medico scientifica, la magistratura aveva tuttavia respinto le eccezioni di Fs. Il Ctu nominato dal Tribunale aveva quantificato il danno biologico subito per oltre 200mila euro a beneficio dei familiari dell’operaio, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali. Oggi, la condanna anche in secondo grado della Corte d’Appello di Roma.

“Purtroppo la storia della Officine Grande Riparazioni della Ferrovie è caratterizzata dalla strage di lavoratori per mesotelioma e altre malattie di amianto, che in qualche caso hanno colpito anche i familiari”, spiega dall’Ona. Il VII Rapporto ReNaM, infatti, ha inserito il settore dei rotabili ferroviari tra quelli che hanno riscontrato più casi di mesotelioma.  “Dopo l’ennesima e duplice pronuncia di condanna si spera che le FS, invece interporre appelli e cercare di ritardare i risarcimenti, desistano dal negare il diritto di tanti che hanno perso la vita per l’uso dell’amianto. Purtroppo - avvisa  Bonanni - il picco epidemiologico ci sarà nei prossimi anni”.

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