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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Vieste

I sette mesi di latitanza del boss Raduano, dall'evasione 'fantozziana' dal carcere di massima sicurezza alla confisca dei beni

Confiscati beni del boss latitante di Vieste Marco Raduano, direttamente o indirettamente nelle sue disponibilità. 'Pallone' è evaso dal carcere di massima sicurezza di Cagliari il 24 febbraio

A Marco Raduano, boss della mala garganica a capo dell’omonimo clan di Vieste latitante dal 24 febbraio, giorno in cui è riuscito ad evadere dal carcere di massima sicurezza 'Badu e Carros’, sono stati sequestrati e confiscati due immobili in contrada Scialara a Vieste, un’autovettura, tre conti correnti bancari, altrettanti conti deposito e risparmio, nonché due carte prepagate, ciascuno del valore di 5mila euro.

Lo ha deciso la seconda sezione penale della Corte di Appello di Bari, dopo gli accertamenti compiuti dalla Nucleo di Polizia Economica e Finanziaria della Guardia di Finanza del capoluogo di regione, compendiati nell’informativa del 12 ottobre scorso.

Si tratta di beni che erano entrati nella disponibilità, anche indiretta, di Marco Raduano, in epoca precedente alla pronuncia della Corte che ne ha riconosciuto la responsabilità per i reati spia o comunque entro un tempo ragionevolmente prossimo al passaggio in giudicato della condanna.

Quindi, è stato ritenuto che ‘Pallone’ avesse la disponibilità indiretta dei beni e delle attività confiscate, “ciò dovendosi presuntivamente desumere dal rapporto di convivenza e dai vincoli di coniugo e di parentela con gli altri intestatari e dalla circostanza che i congiunti, nell’arco di tempo relativo ai corrispondenti investimenti, sono risultati estranei a qualsiasi attività economica e privi di capacità reddituali adeguate al valore delle acquisizioni patrimoniali” si legge.

E’ stato calcolato che il noto criminale avrebbe necessariamente sostenuto esborsi per il mantenimento suo e della famiglia, quantificati, prudenzialmente ed in via presuntiva, sulla scorta dell’indice Istat della spesa media di un nucleo familiare composto da tre persone, ovvero in 2200-2700 euro al mese.

Il risultato economico della comparazione tra il totale di redditi ed entrate e la somma delle spese e degli impieghi, ha evidenziato, con l’eccezione degli anni 2014 e 2016, uno sbilancio costante che ha determinato, nell’arco di tempo preso in considerazione, un saldo negativo di 137.604 euro.

Con sentenza della Corte del 21 febbraio 2022, divenuta irrevocabile il 30 gennaio 2023, Marco Raduano è stato giudicato colpevole, tra l’altro, di delitti commessi dal giugno 2017 all’agosto 2018.

Nell’arco temporale dal 2014 al 2022, il boss ex luogotenente di ‘Cintaridd’, ha percepito redditi per complessivi 48.273 euro, al netto dell’imposizione fiscale. La coniuge dalla quale è legalmente separata e i suoi genitori, hanno dichiarato redditi per 156.636 euro, registrato entrate per complessivi 300mila euro ed uscite per 414.664 euro.

La latitanza di Marco Raduano

Raduano è riuscito ad evadere dal carcere di Nuoro con modalità fantozziane, peraltro riprese su tik tok e sui social, da centinaia di migliaia di utenti con il sottofondo di 'Maresciallo non mi prendi'. Un aspetto disarmante secondo il Procuratore di Bari, Roberto Rossi, perché "indica anche la capacità della mafia foggiana di diventare un simbolo dell'intero territorio". Durante un'audizione in Commissione Parlamentare dell'estate scorsa, il procuratore Rossi si era detto convinto che la fuga di Raduano prima o poi sarebbe terminata. "C'è un lavoro investigativo forte, lo prenderemo".

Da quel giorno sono trascorsi altri tre mesi e di 'Pallone' non c'è traccia. O perlomeno così sembra. 

La scena da film racchiusa in 16 secondi di filmato continua a circolare accompagnata dalla stessa domanda: come sia potuto succedere in un carcere di massima sicurezza. Il 40enne, esponente di spicco della mafia garganica, si è calato dalla struttura scivolando lungo le lenzuola annodate. Dopo il tonfo, la corsa. La fuga era pianificata da tempo e il boss avrebbe goduto dell’appoggio di qualcuno. La sala operativa del carcere nuorese, stranamente, quel giorno non era presidiata per mancanza di personale.

La guerra di mafia a Vieste

Marco Raduano stava scontando una condanna definitiva a 19 anni per traffico di droga. In passato ci vollero cinque mesi di ricerche dei carabinieri per rintracciarlo e notificargli la sorveglianza speciale disposta dopo la scarcerazione. 

Il 21 marzo 2018, l'ex luogotenente di Angelo Notarangelo detto 'Cintaridd' e a capo degli 'scissionisti', fu vittima di un agguato compiuto dai cugini Giovanni e Claudio Iannoli del clan opposto dei Perna: entrambi sono stati condannati a 18 anni di reclusione a testa.

La guerra di mafia tra gli scissionisti era cominciata dopo la spaccatura interna al gruppo che fino al gennaio del 2015 era capeggiato da Angelo Notarangelo. 

A seguito del suo omicidio, avvenuto il 26 gennaio di quell'anno, si erano poi create due fazioni contrapposte, che per il monopolio del mercato della droga e degli affari illeciti, aveva insanguinato Vieste, con ben nove omicidi, oltre a svariati agguati ai danni di vari esponenti dell’una e dell’altra consorteria criminale, tutti caratterizzati dalla tipica connotazione del “botta e risposta'.

Il 20 ottobre Orazio Lucio Coda, uno dei cinque collaboratori di giustizia che hanno voltato le spalle alla criminalità garganica, rispondendo alle domande del pm Ettore Cardinali della Dda di Bari nell’ambito del processo per l’omicidio Trotta, incardinato dinanzi alla Corte d’Assise di Foggia, aveva evidenziato cosa realmente avesse determinato la sanguinosa contrapposizione tra clan, vale a dire l'omicidio di Giampiero Vescera, cognato di Raduano, che avrebbe segnato una cesura importante nelle dinamiche delle alleanze: “Prima Raduano era alleato con i Montanari, ma aveva capito che poteva esserci il loro zampino nella morte del cognato”, Tramite Danilo Pietro Della Malva, si sarebbe aperto il varco con i Mattinatesi “e ancora oggi sono il clan reggente”, sottolinea.

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