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Lo strazio del fratello di Jusupha, morto al ghetto: “E’ terribile, non è umano vivere così”

Il fratello del migrante del Gambia morto nell'incendio a Torretta Antonacci è giunto a Foggia per il riconoscimento della salma

“E’ terribile, non è umano vivere così”. A parlare, ancora scosso da ciò che i suoi occhi hanno visto, è Omar, il fratello di Jusupha, il 35enne del Gambia morto nell’incendio della baracca in cui dormiva, nel ghetto di Torretta Antonacci, nel Foggiano.

Omar è arrivato ieri a Foggia, appena ha appreso la notizia della morte del fratello. “Siamo stati al suo fianco, per sostenerlo non solo emotivamente, ma per supportare anche la fase del rimpatrio della salma in Gambia dove vivono ancora gli anziani genitori”, spiegano dalla Flai Cgil. Omar, che vive in Svezia ed è un dipendente di un’azienda di logistica, non sapeva che il fratello viveva al ghetto, ai familiari aveva detto che si era stabilito a Napoli e che stava bene, e non immaginava assolutamente le condizioni di vita a cui era sottoposto.

“Non posso pensare che delle persone possano vivere in quelle condizioni in Europa”, aggiunge Omar. “Nemmeno le persone in guerra, nel mio paese, vivono in quelle condizioni. Perché il Governo italiano permette tutto questo?”, chiede.  

“I ghetti devono essere superati, l’accoglienza è fondamentale per poter permettere alle persone di avviare un percorso di integrazione reale”, aggiungono i sindacalisti. “Deve essere costruita e realizzato un percorso che, gradualmente, svuoti i ghetti, garantendo percorsi abitativi degni di un paese civile. E necessario sanare le migliaia di obbrobri amministrativi, che continuano a negare il diritto ad un permesso di soggiorno, anche se lavori, vivi in Italia, condannando i lavoratori ad un drammatico isolamento, sociale, sanitario e lavorativo”.

“La soluzione non può essere quella di voltarsi ancora a guardare in un'altra direzione. Tutto questo è insopportabile, insostenibile, è una mattanza senza fine. La Flai chiederà a tutti i lavoratori agricoli della Capitanata di mobilitarsi, non solo quelli di origine extracomunitaria, ma anche e soprattutto ai tanti lavoratori italiani, che hanno conosciuto, e conoscono ancora oggi l’ingiustizia dello sfruttamento, delle giornate infinite di lavoro, del sotto-salario”, concludono.

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