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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Vieste

Il ritratto del boss Marco Raduano: "Sanguinario, vendicativo e assetato di potere criminale"

Il 'ritratto’ del boss viestano che emerge dalle carte dell’ordinanza-monstre ‘Omnia Nostra’, firmata dalla giudice Valenzi; oltre 1000 pagine in cui si riassumono affari, crimini e nefandezze della mafia garganica

“Una personalità vendicativa, sanguinaria e spregiudicata dell'imputato, privo di ogni scrupolo e pervicacemente assetato di potere criminale, pronto a tessere alleanze con altre compagini criminali e sempre a disposizione per la commissione dei più svariati e spietati reati”.

E’ questo il ‘ritratto’ del boss Marco Raduano che emerge dalle carte dell’ordinanza-monstre ‘Omnia Nostra’, firmata dalla giudice Valeria Isabella Valenzi; oltre 1000 pagine in cui si riassumono affari, crimini e nefandezze della mafia garganica. Il documento riassume il “nutrito curriculum criminale” del giovane boss, arrestato il 31 gennaio in Corsica, dopo un anno di latitanza, “che denota un'esistenza trascorsa a delinquere, fatti salvi i numerosi periodi di detenzione subiti, che non hanno all'evidenza minimamente piegato la sua attitudine criminale, da ultimo manifesta tasi con la commissione di plurimi delitti di sangue, chiaramente espressivi della maggiore pericolosità del reo, che ha manifestato oltre che una spiccata indole delittuosa, anche una maggior pervicacia e professionalità nel delitto, desunta dalle sue allarmanti relazioni e dalle modalità efferate dei delitti commessi”.

In Omnia Nostra, Raduano - condannato in primo grado all’ergastolo davanti al gup del Tribunale di Bari - è ritenuto responsabile di due efferati omicidi (concorso nell’omicidio di Giuseppe Silvestri a Monte Sant’Angelo e di Omar Trotta, a Vieste) entrambi aggravati dalla premeditazione (e quindi punibili con l'ergastolo), oltre che dei connessi reati di detenzione e porto di armi. A tali imputazioni, si aggiungono anche due fattispecie di tentato omicidio - rispettivamente ai danni di Tomaiuolo Tommaso e Caterino Giovanni - pluriaggravate.

“I delitti per cui è condanna possono poi ritenersi avvinti dal vincolo della continuazione, risultando deliberati, sia pure nelle loro linee essenziali, al momento dell'ingresso del Raduano all'interno del sodalizio, come concordemente riferito dai collaboratori di giustizia, che hanno ricondotto la sua affiliazione proprio all'esigenza di fronteggiare la faida in atto, dovendo del resto prendersi in considerazione anche la ridotta distanza cronologica tra tali diversi fatti, che prendono il via proprio dall'ingresso dell'imputato all'interno del sodalizio (risalente al mese di febbraio 2017 circa)”, si legge.

Non ci sono, per la giudice, i margini per riconoscere al Raduano la concessione delle circostanze attenuanti generiche. Quest’ultimo è, infatti, evaso dal carcere di massima sicurezza di Nuoro ‘Badu e Carros’ con modalità “cinematografiche, calandosi dal muro di cinta con delle lenzuola e facendo perdere le sue tracce”. Un comportamento, si ipotizza nell’ordinanza, “motivato dal passaggio in giudicato della condanna alla pena di 19 anni di reclusione inflittagli nel procedimento penale Neve di Marzo”.

Tale evasione, continua, “già per le sue caratteristiche, denota efficacemente la pericolosità del condannato, capace di tessere complicità all'interno del carcere e potendo contare, all'evidenza, su una rete di supporto esterna, che gli ha consentito di sottrarsi alle ricerche. Ma al di là di tale, pessima, condotta processuale,  deve evidenziarsi l'estrema gravità dei fatti per cui è condanna, che dimostrano la personalità vendicativa, sanguinaria e spregiudicata dell'imputato, privo di ogni scrupolo e pervicacemente assetato di potere criminale, pronto a tessere alleanze con altre compagini criminali e sempre a disposi zione per la commissione dei più svariati e spietati reati”.

Raduano va inoltre dichiarato “delinquente abituale”. La disamina complessiva della biografia criminale del giovane boss, infatti, “conduce a ritenere una radicata e mai sopita tendenza a delinquere, via via affinata nel corso degli anni, che ha munito il condannato di una attuale e spiccata capacità criminale. Tale crescendo di pericolosità si apprezza già dalla lettura del suo casellario, la cui ultima condannata è quale organizzatore di un sodalizio dedito al narcotraffico aggravato dall'art 416 bis”, si legge nelle carte.

Ma essere il dominus del narcotraffico su Vieste evidentemente non gli bastava: “Raduano ha infatti cercato l'alleanza di una compagine mafiosa, al cui interno si è attivamente inserito e messo a disposizione,  dopo  aver maturato la convinzione che i suoi sodali lo avevano tradito e avrebbero potuto ucciderlo per sottrargli il potere acquisito. E all'interno di questa nuova compagine ha saputo tessere nuove relazioni criminali (parteci pando a summit in qualità di apicale, minacciando i suoi vecchi sodali per portarli dalla sua parte), parteci pando anche alla commissione di delitti di sangue, che costituivano il vero motivo per il quale aveva deciso di affiliarsi . Aveva infatti bisogno di uno scudo dietro il quale proteggersi, da lui individuato nel clan Romito,  ben armato e radicato sul territorio, al cui in terno ha fatto confluire anche i sodali rimastigli fedeli”.

“È in ciò che si coglie la sua antisocialità  e la sua tendenza a delinquere. La  sua è un'esistenza votata  al crimine, motivata da un'insaziabile sete di potere, che affonda le sue radici già nel 2015, quando, insieme a Perna, si poneva  a capo del narcotraffico viestano dopo la morte di Angelo Notarangelo. Da quel momento  in poi non si apprezza alcuna cesura nell’attività delinquenziale - se non causata  dai periodi di detenzione, durante i quali ha mantenuto stabili contatti con i  sodali e ricevuto il mantenimento - che è divenuta sempre  più allarmante. Conclusioni queste da ultimo conclamate dalla rocambolesca evasione dalla casa circondariale di Nuoro, che dimostra come nemmeno la detenzione in un carcere di massima sicurezza riesce a contenere  la sua spinta a delinquere”.

L’inchiesta Omnia Nostra, lo ricordiamo, fu messa a segno dai carabinieri nel dicembre del 2021 e riguarda i rapporti e traffici del presunto clan Lombardi-Ricucci-La Torre, attivo tra Manfredonia, Mattinata e Monte Sant’Angelo, col gruppo del boss viestano Marco Raduano. Tra le contestazioni - ben 57 le imputazioni - c’è quella di aver assoggettato il settore ittico, come emerso dalle intercettazioni telefoniche: “Il mare è nostro” (leggi i dettagli).

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