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Cronaca

Omicidio stradale Camilla Di Pumpo: il commento alla sentenza dell'avv. Michele Vaira

Il commento dell’avvocato Michele Vaira, che insieme ai colleghi Michele Curtotti e Antonio Pedarra è nel collegio difensivo delle parti civili

A meno di una settimana dalla conclusione del processo abbreviato per l’omicidio stradale di Camilla Di Pumpo, sono state depositate le motivazioni della sentenza che ha condannato il 22enne Francesco Cannone alla pena complessiva di 5 anni e 2 mesi (qui i dettagli).

Nel documento di 28 pagine si passano in rassegna le varie fasi del procedimento, celebrato con rito abbreviato, e le conclusioni delle perizie effettuate dai vari consulenti interpellati da procura e dalle parti.

Una sentenza che - al netto delle cornici edittali e dei giudizi più o meno competenti - è stata attesa e largamente commentata dalla comunità, sin da subito solidale e vicina al dramma vissuto dalla famiglia foggiana.

Alla luce di quanto emerso dal documento, abbiamo ascoltato l’avvocato Michele Vaira, che insieme agli colleghi Michele Curtotti e Antonio Pedarra è nel collegio difensivo delle parti civili, e che dall’inizio del procedimento ad oggi non ha mai espresso il suo punto di vista sull’andamento delle indagini, né sull’esito del giudizio abbreviato. La difesa, rappresentata dall’avvocato Michele Sodrio, ha 40 giorni di tempo per presentare appello.

Avvocato Vaira, le motivazioni della sentenza sono state depositate a pochissimi giorni di distanza dal verdetto…

È un giudizio abbreviato. Tutti gli atti erano a disposizione del giudice da molto tempo. La tempestività del deposito dei motivi, pur essendo un’eccezione, dovrebbe rappresentare la norma.

Il dato temporale che, però, è più significativo, e per il quale va dato atto al pm di aver svolto un’indagine complessa in tempi molto ristretti, è che a meno di due anni dalla tragedia è giunta la sentenza di primo grado. Un caso più unico che raro.

Ha letto la sentenza? Che ne pensa?

Sono stati affrontati tutti i punti controversi, soprattutto in termini di concorso di colpa, su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione. In definitiva, la pena inflitta è nell’ordine di grandezza di quella richiesta dal PM. In base alle leggi attuali, era possibile attendersi anche qualcosa in meno, ma non molto di più, come avevo preannunciato ai miei assistiti fin dall’inizio di questo calvario.

Vi è stato un coro quasi unanime, nella pubblica opinione e soprattutto sui social network, di critica alla sentenza.

Non penso che la ‘pubblica opinione’ possa essere rappresentata dai social network, i cui algoritmi privilegiano le opinioni estreme (solitamente disinformate) e le rilanciano. Questo è il motivo per cui, da anni, non sono più iscritto ad alcuno di essi. Le sentenze vanno sempre e comunque rispettate, anche se non si condividono. Le critiche all’operato dei magistrati mi feriscono, perché in un certo senso mortificano anche il mio ruolo di avvocato, che è quello di contribuire alla decisione del giudice, e di alleviarlo nel suo ruolo, che è di una difficoltà incomprensibile per chi non è del campo.

Delusione e malcontento è stato registrato anche dai familiari della vittima, che si sono lamentati per la scarsa entità della pena.

Ogni loro sfogo va letto alla luce di un dolore inconsolabile. E comunque credo che quanto da loro espresso possa essere interpretato come una critica alle attuali leggi, piuttosto che nei confronti di chi le ha applicate.

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