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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Gli affari di Moretti figlia e del clan nel Pescarese: usura ed estorsioni, misure cautelari confermate

Nel corso delle indagini era stato accertato anche che un imprenditore - rivenditore d'auto di origini foggiane ma residente in Abruzzo intrappolato nella ragnatela della malavita foggiana - era stato costretto a nascondersi con la sua famiglia in quanto temeva che lo avrebbero ucciso

Il Tribunale del Riesame dell'Aquila ha confermato tutte le misure cautelari personali eseguite il 14 marzo scorso - su disposizione del Gip del tribunale del capoluogo abruzzese - nei confronti di soggetti appartenenti o contigui a una delle tre consorterie della 'Società Foggiana', il clan Moretti-Pellegrino-Lanza.

Nell’ambito delle indagini sui business illeciti della mafia foggiana coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura della Repubblica di L’Aquila, erano stati scoperti giri d’affari milionari messi in atto, con il metodo mafioso, dal gruppo criminale nel Pescarese, attraverso attività di usura, estorsione, ricettazione ed intestazione fittizia di beni.

Uno dei ricorsi era stato già rigettato dall’Autorità Giudiziaria aquilana giovedì scorso nei confronti di Cesare Pallotta, mentre tre dei destinatari delle ordinanze, Anna Rita Moretti - reggente, insieme al fratello Pasquale e al padre Rocco, dell’omonima ‘batteria mafiosa’ del capoluogo dauno - Angelo Falcone e Leonardo Mainiero, hanno rinunciato in corsa al Riesame.

Per gli altri, Giovanni Putignano, Luciano Russo, Vincenzo Pio Capobianco, Alessandro Marasco, Giovanni Marasco e Raffaele Colanero, il Tribunale ha confermato l’applicazione delle misure cautelari personali. Antonio De Marco aveva, invece, rinunciato in partenza a presentare l’istanza.

Nel corso delle indagini era stato accertato anche che un imprenditore - rivenditore d'auto di origini foggiane ma residente in Abruzzo intrappolato nella ragnatela della malavita foggiana - era stato costretto a nascondersi con la sua famiglia in quanto temeva che lo avrebbero ucciso (qui tutti i dettagli).

"Si tratta di un’importante conferma delle ipotesi investigative formulate dalle Fiamme Gialle pescaresi nell’ambito delle attività a contrasto dell’infiltrazione economico-finanziaria della criminalità organizzata nel territorio provinciale".

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