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Domenica, 28 Aprile 2024
Economia

Vita da container, dove si dorme e si mangia tra blatte e liquami: "Non si può più vivere così"

Appello al prefetto delle ultime dieci famiglie rimaste nel campo di via San Severo a Foggia

“Qui non si può vivere più”. Tina ha trascorso un’altra notte insonne nel campo di via San Severo a Foggia. L’ha passata a combattere contro le blatte che invadono gli ultimi container rimasti in piedi. Scarafaggi, topi e serpenti sono un incubo ricorrente. È una giungla. In uno scenario di guerra e da terzo mondo, tra le macerie dei moduli abitativi buttati giù e cataste di rifiuti, zampilla acqua. Nei bagni risalgono i liquami insieme alle esalazioni fognarie.

La ditta che di norma si occupava dello spurgo non effettua più il servizio, se non a pagamento. La fogna è otturata. “Fino a poco tempo fa provvedevano alla manutenzione, ogni tanto venivano a pulire, ora il Comune non ne vuole sapere più niente”, racconta la donna. Nottetempo, alcuni senzatetto si sarebbero introdotti nel campo con materassi e tenda. Entrano anche per attingerebbe acqua con i bidoni e una volta danneggiati i tubi le dieci famiglie restano a secco per ore. Se non si smantella tutto, di questo passo il campo rischia di essere occupato.

Le condizioni di “eccezionale degrado igienico e socio-sanitario” che determinarono la dichiarazione dello stato di emergenza e di grave pericolosità decretato dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il 29 gennaio 2020, si sono addirittura aggravate. È iniziata ormai due anni fa l’operazione ‘zero container’, alimentata da belle speranze ma che stenta a concludersi positivamente.  

“Non posso più vivere così”, dice sconsolata Tina che non sa più a che santo votarsi. “Faccio un appello al prefetto, al Comune, non so più a chi mi devo rivolgere. Cosa aspettano a darci le case? Avevano detto che non avremmo trascorso un altro inverno qui ed è passato un altro inverno, un altro Natale e non penso di potermi fare un’altra estate con le blatte, i topi e 45 gradi. Sono stanca, sono 16 anni che sono qui”. I più elementari diritti, anche un bene primario come l’acqua, ora sono negati alle dieci famiglie che non riescono a lasciare quel campo simbolo dell’emergenza abitativa.

“Siamo ancora buttati qui in queste macerie. Spesso ho febbre, placche alla gola e raffreddore per le condizioni in cui vivo. Le blatte mi stanno entrando dentro casa. Le case in vico della Pietà sono pronte, ieri ho parlato con i muratori, hanno finito. Perché non ce la consegnano?”. Giulia Frascolla, una delle prime a lasciare i container, continua a guidare la crociata dei suoi ex vicini di ‘casa’ e si domanda dove siano andati a finire i 3,5 milioni di euro stanziati dalla Regione Puglia in favore dell'Arca Capitanata per l'acquisto di alloggi sul libero mercato.

Secondo il Comune di Foggia, tre delle dieci famiglie non hanno i requisiti per avere un alloggio sostitutivo, ma i legittimi assegnatari non hanno intenzione di lasciare indietro nessuno. Temporeggiare non scongiurerà una guerra tra poveri che serpeggia tra baraccati e sfollati che provano a far valere il diritto di prelazione. Sono pronti a presentarsi in vico della Pietà e a passare alle “maniere forti”: “Non vogliamo arrivare a questo, noi aspettiamo solo di firmare il contratto e avere finalmente una casa idonea come le altre famiglie”.

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