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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Cerignola

Il piano della banda delle auto rubate: dal furto al giorno della consegna, 700 euro a chi le portava a Cerignola

Ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Milano, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di dieci soggetti tra i 21 ed i 58 anni, milanesi e cerignolani, ritenuti responsabili, a vario titolo, del reato di associazione a delinquere finalizzata al furto, ricettazione e riciclaggio di autovetture

Una media di tre auto a notte portate via ai legittimi proprietari, 63 furti e 46 episodi di ricettazione/riciclaggio di veicoli oltre ad altri reati di varia natura: è questo il bilancio dei colpi messi a segno nel Milanese da un sodalizio criminale di matrice cerignolana composto principalmente da Michele Giardinelli, Dario Sforza e dal meneghino Pietro Virgillito, che separatamente o in coppia, perlustravano l'hinterland milanese alla ricerca dei veicoli da rubare. 

Individuati i veicoli, gli indagati effettuavano la 'visura' attraverso l'app 'Targa scan'. I furti venivano compiuti di notte, certamente dopo le 22.

Come è emerso dalle carte dell'inchiesta che il 20 gennaio ha portato all'esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 10 persone, Michele Giardinelli proponeva le auto rubate ai cerignolani, alcuni dei quali ne facevano espressamente richiesta.

Come avvenivano i furti d'auto

I malviventi, prima di entrare in azione, prelevavano le attrezzature necessarie per la commissione dei reati in un garage: dai 'walkie talkie' per eludere eventuali intercettazioni telefoniche, alla strumentazione per eseguire la bonifica del veicolo rubato. Occultavano il tutto all'interno di doppifondi costruiti ad hoc.

In un'area boschiva erano nascosti un avvitatore a batteria necessario per smontare parti d'auto e per verificare la presenza del gps e lo jammer per abbattere completamente qualsiasi segnale durante la bonifica dei mezzi. Recuperata l'attrezzatura, ritornavano nei luoghi già oggetto di alcuni sopralluoghi e qui decidevano quali auto rubare. 

In alcuni casi, se durante il tragitto notavano la presenza di un buon veicolo, procedevano alla commissione del furto: Michele Giardinelli, "quale professionista e reale esecutore dell'accensione dell'auto" e Dario Sforza, "che fungeva da supporto e palo e che, come emerso nel corso delle captazioni, stava "imparando" le varie tecniche per fondare una squadra tutta sua".

Prima di mettere in moto le auto con chiavi elettroniche modificate, dette anche 'adulterine', i banditi forzavano la portiera lato guidatore utilizzando un ferro di lunghe dimensioni che veniva infilato previo allargamento della portiera dalla scocca del veicolo.

Terminato il furto, gli indagati rientravano a bordo del veicolo monitorato e occultavano nuovamente tutta l'attrezzatura utilizzata per il furto, prelevando invece gli arnesi che utilizzavano per lo spostamento a staffetta, predisponendo una coppia di walkie talkie per le comunicazioni tra Giardinelli - che dettava ordini su come muoversi e quali strade percorrere, oltre che per segnalare la presenza delle forze dell'ordine - e l'autista del veicolo rubato Dario Sforza.

Pietro Virgillito, sostituito nell'ultima parte dell'indagine dal comasco di nascita Claudio Giovine, era alla guida del veicolo monitorato per consentire a Giardinelli di avere una chiara visione di quanto stessero facendo.

Con uno jammer, intanto, procedevano all'azzeramento del segnale Gps. Successivamente i banditi si spostavano nella zona boschiva ricadente nella frazione Figino di Milano. Qui Michele Giardinelli e Pietro Virgillito lasciavano il veicolo monitorato e unitamente a Dario Sforza procedevano all'individuazione dei sistemi di controllo Gps installati. Prima ancora, però, scollegavano completamente la batteria del veicolo.

Terminata la bonifica, il veicolo rubato veniva condotto in aree dove c'erano altre auto parcheggiate, per evitare che venisse individuato e recuperato dalle forze dell'ordine. Trasferimento, anche questo, che avveniva mediante l'utilizzo dello strumento Jammer, che rendeva difficoltosa la trasmissione del segnale gps del dispositivo di intercettazione ambientale installato a bordo del veicolo monitorato, impedendo di fatto di comprendere esattamente il luogo in cui veniva parcheggiato. 

Gli indagati erano soliti incontrarsi in via Mar Nero, quartiere Baggio, punto di ritrovo e luogo di partenza delle auto dirette a Cerignola. 

Dopo 24/48 ore, ma anche dopo quattro-otto ore, verosimilmente a causa dell'urgenza data alle richieste provenienti dai soggetti che si rivolgevano a Michele Giardinelli, quest'ultimo disponeva che il veicolo fosse trasferito a Cerignola ad opera di uno staffettista, vale a dire il soggetto che trasportava l'auto rubata da Milano a Cerignola. Giardinelli indicava l'orario di partenza, in considerazione dell'ora d'arrivo e della disponibilità dei destinatari di ricevere l'auto rubata, così da ridurre anche i rischi al conducente di essere scoperto dalle forze dell'ordine. 

Per ogni singolo viaggio lo 'staffettista riceveva 700 euro, comprese le spese di carburante e il pedaggio autostradale: quelli individuati nel corso delle indagini sono Marco Ruscillo, Claudio e Roberto Giovine, Gianluca Gervasio, Fabio Trapella, Antonio Lopez e Mauro Bellissima, che spesso effettuavano viaggi in batteria, partendo in orari di poco scaglionati e mantenendosi in contatto tra loro durante il viaggio. 

"Nel periodo in cui Giardinelli sospendeva l'attività furtiva per una vacanza di una settimana, gli staffettisti si sentivano fra loro auspicando il suo imminente ritorno per poter riprendere la fruttuosa attività delittuosa"

Dalle operazioni di captazione è emerso che gli staffettisti erano inseriti in un contesto consolidato, dimostrando di conoscere esattamente le modalità e i luoghi di consegna. Giardinelli forniva i dettagli sul luogo di consegna soltanto a pochi chilometri dall'arrivo a Cerignola del conducente alla guida dell'auto rubata, utilizzando frasi tipo: "Vai da me", "Vai dall'altro" o "Ti aspetta al Penny".

Dagli elementi raccolti nel corso dell'inchiesta è emerso che le auto rubate avevano differenti destinazioni: la maggior parte veniva utilizzata per il recupero delle componenti prive di elementi identificativi, mentre gli altri rimessi in circolazione previa 'ribattitura' del telaio, apposizione di nuove targhe e stampa dei documenti di circolazione. Tante le carcasse di auto ritrovate nel Foggiano. 

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