La versione di Marco Damilano sul delitto 'Moro' (EVENTO RINVIATO)
ATTENZIONE: per motivi di salute l'incontro con l'autore è stato rinviato
"Via Fani è stato il luogo del nostro destino. La Dallas italiana, le nostre Twin Towers. Nel 1978, l’anno di mezzo tra il ‘68 e l’89. Tra il bianco e nero e il colore. Lo spartiacque tra diverse generazioni che cresceranno tra il prima e il dopo: il tutto della politica – gli ideali e il sangue – e il suo nulla”. Una tesi netta che sta segnando il passo del dibattito italiano attorno alla figura di Aldo Moro, nel quarantesimo anniversario della sua morte violenta e nel racconto – analitico, lucidissimo e spiazzante – di uno dei migliori giornalisti italiani, Marco Damilano. Domenica 27 maggio, alle ore 11.15, nello spazio live della libreria Ubik di Foggia, il direttore del settimanale L'Espresso presenta il suo libro dal titolo Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia (Feltrinelli, 2018): una vicenda cruciale del Novecento italiano illuminata attraverso una prospettiva in grado di intrecciare la storia della Repubblica, il delitto del noto politico e il successivo declino dei valori culturali e politici del Belpaese. A conversare con l’autore, il direttore artistico della libreria, Michele Trecca.
Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia (Feltrinelli, marzo 2018; 278 pagine). “Datemi un milione di voti e toglietemi un atomo di verità e io sarò perdente”. Il sequestro di Aldo Moro ha segnato la fine della Repubblica dei partiti. Marco Damilano torna su quell’istante, le nove del mattino del 16 marzo 1978, in cui il presidente della Dc fu rapito e gli uomini della sua scorta massacrati. Fu l’inizio di un dramma nazionale e di una lunga rimozione. Un viaggio nella memoria personale e collettiva, nei luoghi, nelle correlazioni con altri protagonisti di quegli anni come Sciascia e Pasolini. Le carte personali di Moro rimaste finora inedite, le foto, i ritagli, gli scambi epistolari con politici, intellettuali, giornalisti, persone comuni. La ricostruzione della sua strategia e della sua umanità, strappata all’immagine di prigioniero delle Brigate rosse e restituita al ruolo politico di chi aveva capito meglio di tutti l’Italia, “il paese dalla passionalità intensa e dalle strutture fragili”, e la debolezza del potere. Dopo l’assassinio di Moro, il 9 maggio, al termine di 55 giorni di tragedia, sono arrivate la morte di Berlinguer, la dissoluzione della Dc, Tangentopoli e la latitanza di Craxi in Tunisia. Fino all’ultima stagione, con la politica che da orizzonte di senso per milioni di italiani si è fatta narcisismo e nichilismo, cedendo alla paura e alla rabbia. Per questo la voce di Moro parla ancora, come aveva previsto lui stesso: “Io ci sarò come un punto irriducibile di contestazione e alternativa”.
Marco Damilano. Nato a Roma nel 1968, giornalista, è il direttore del settimanale L'Espresso. Tra le sue ultime pubblicazioni: Eutanasia di un potere. Storia politica d’Italia da Tangentopoli alla Seconda Repubblica (Laterza, 2012); Chi ha sbagliato più forte. Le vittorie, le cadute, i duelli dall’Ulivo al Pd (Laterza, 2013); La Repubblica del selfie. Dalla meglio gioventù a Matteo Renzi (Rizzoli, 2015); Processo al nuovo (Laterza, 2017). Ha curato Missione incompiuta. Intervista su politica e democrazia di Romano Prodi (Laterza, 2015) e partecipa alla trasmissione Propaganda Live su La7.