Il virus ebola, tra Africa e Occidente: Fabrizio Pulvirenti ospite alla Ubik
“C’è una cosa che mi dispiace più di tutte. Che per nessuno di loro è stato fatto tutto questo”. Fabrizio Pulvirenti è guarito dal virus ebola, unico italiano ad averlo contratto, ma nelle sue parole è evidente il rammarico di un’ingiustizia: “loro”, i malati africani, non sono guariti da quel terribile male. Partito volontario con Emergency nel momento cruciale dell’epidemia in Sierra Leone, medico specializzato in malattie infettive, ha visto morire circa 9mila persone a causa del virus nonostante i tentativi operati sul campo, nella piena convinzione che “si può, si deve, curare tutti nello stesso modo”. La sua importante testimonianza è al centro del libro Zona Rossa (Feltrinelli, 2015) scritto da Gino Strada e Roberto Satolli per denunciare le disparità di condizioni tra Occidente e sud del mondo durante l’epidemia del virus che, per la prima volta, ha realmente terrorizzato i paesi non africani. E venerdì 24 febbraio, alle ore 19, nello spazio live della libreria Ubik di Foggia, Fabrizio Pulvirenti racconta la sua esperienza conversando con la volontaria Marigia Spada, anche lei impegnata con l’associazione non governativa fondata da Gino Strada nelle zone critiche del mondo. L’incontro rientra in Questioni Meridionali Off ed è organizzato in collaborazione con Spazio Baol, la libreria Ubik e, naturalmente, con il gruppo provinciale di Emergency.
Zona Rossa (Feltrinelli, 2015; scritto da Roberto Satolli, Gino Strada. Con la testimonianza di Fabrizio Pulvirenti). Per qualche mese, nel 2014, tutto il mondo ha tremato di fronte a un minuscolo virus. Ebola è uscito dalle foreste dell'Africa e ha minacciato di spostarsi a bordo di navi e aerei, arrivando a lambire le cosiddette nazioni sviluppate. Per la prima volta, gli occidentali hanno guardato la catastrofe umanitaria con gli occhi di chi teme che possa bussare alle porte di casa sua. Come mai l'epidemia era così estesa? Come si poteva fermare? Emergency era arrivata in Sierra Leone sul finire della guerra civile che aveva insanguinato il paese per tutti gli anni novanta. Lavorava con le vittime delle mutilazioni, delle mine antiuomo, degli stupri - come sempre contro la violenza dell'uomo sull'uomo. Improvvisamente si è ritrovata in prima fila in un altro conflitto: una guerra scatenata da un virus, una guerra che finalmente valeva la pena combattere, con le armi della medicina, della scienza e dell'umanità. Gino Strada è volato in Africa, insieme a Roberto Satolli (medico e giornalista, amico di Gino dai banchi del liceo), Fabrizio Pulvirenti e decine di volontari le cui voci e racconti popolano questo libro. E ha scoperto che neanche questa guerra è "giusta": anche qui c'è chi racconta bugie, chi si arricchisce mettendo in pericolo i civili, chi si riempie la bocca di alti principi ma non pensa affatto di applicarli. In queste pagine la voce di Gino Strada torna a levarsi per denunciare l'ingiustizia di un mondo diviso tra chi può curarsi e chi può solo fare il favore di morire senza infettare nessun altro, tra chi gestisce l'emergenza stabilendo linee guida burocratiche e chi resta in mezzo ai malati spendendosi in prima persona, tra chi costruisce strade per sfruttare le miniere e chi le percorre portando con sé un virus perché a casa propria non ha fogne né acqua potabile. Cercare di offrire agli umili e indifesi le stesse cure a disposizione dei ricchi e degli occidentali è un gesto rivoluzionario.
Fabrizio Pulvirenti. È l’unico italiano ad avere contratto il virus ebola mentre prestava servizio medico volontario in un Centro gestito dall’organizzazione non governativa Emergency in Sierra Leone. Pulvirenti è nato a Catania nel 1964, ha conseguito una laurea con lode in medicina e successivamente la specializzazione in malattie infettive e in gastroenterologia. Ha lavorato come ufficiale medico della Marina italiana, poi in alcune cliniche in provincia di Lecce e infine presso l’ospedale Umberto I di Enna, nuovamente in Sicilia. Alla normale attività professionale ha affiancato negli ultimi anni quella da volontario, collaborando soprattutto con Emergency. Per l’organizzazione non governativa ha lavorato in Kurdistan, poi nell’ottobre del 2014 è partito per la Sierra Leone, uno dei paesi più interessati dalla recente epidemia di ebola che ha causato la morte di circa 9mila persone nell’Africa occidentale. Il 24 novembre Emergency ha annunciato, senza rivelarne il nome, che Fabrizio Pulvirenti era risultato positivo al virus ebola, mentre si trovava a Lakka. Il giorno seguente è stato completato il suo trasferimento di emergenza in Italia, dove è stato ricoverato presso l’Istituto Nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Nelle settimane seguenti è stato sottoposto a trattamenti di vario tipo per superare la febbre molto alta e le altre complicazioni causate da ebola. Il 2 gennaio 2015 è stata annunciata la guarigione di Pulvirenti, che ha spiegato che “dopo i primi giorni durante i quali cercavo di analizzare ogni sintomo in modo sistematico e scientifico c’è stato il momento in cui la luce della coscienza si è spenta, poi un buco di due settimane di cui non ricordo praticamente nulla”. Ha poi spiegato che è “impossibile ricostruire il momento del contagio”, perché anche se si seguono le procedure può avvenire in qualsiasi momento anche per la minima distrazione.