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De Zerbi, e il futuro: “Resto se ci sono i presupposti”

Particolarmente provato, il tecnico rossonero nel dopopartita ha parlato soprattutto della sua eventuale permanenza in rossonero: "Lasciare la squadra in C mi dà fastidio, ma se non si può continuare in un certo modo, vado via"

“Sono orgoglioso dei miei giocatori e della mia gente. Perché questa è la mia gente. Con tutto il rispetto per Pisa, che ha un grande pubblico e un grande stadio, dimostrando di essere da serie A, ma a Foggia c’è uno stadio da Champions League”. Esordisce così mister De Zerbi, affranto com’è normale che sia per l’allenatore di una squadra che ancora una volta si è fermata a pochi metri dal traguardo chiamato serie B. E la delusione cresce per chi ha un legame di sangue con la piazza: “Sono nato a Brescia, sono tifoso del Brescia, ma calcisticamente, come allenatore e giocatore sono nato qua. Qui riesco a dare il meglio e il peggio, alcune reazioni che ho avuto è perché sento tutto con un trasporto grandissimo, e questo lo riesco a trasmettere ai giocatori”.

Sorride quando gli si fa presente che la sua prima stagione da calciatore si concluse con una finale playoff persa (quella del 2002 contro il Paternò di Marino), cui seguì quella trionfale con Marino al timone. Analogie che fanno scivolare logicamente il discorso sul suo futuro. Dipendesse da lui, resterebbe. Lo ha fatto capire e lo ribadisce più di una volta. Al di là del contratto fino al 2018, su cui però c’è una clausola. Perché a Foggia c’è un progetto che sarebbe un peccato interrompere: “Bisognerà vedersi con la società, e parlarsi bene. Io non faccio compromessi, lo sapete. Chiederò cose che possano migliorare tutta la Foggia calcistica, come già siamo migliorati quest’anno, perché la società nuova ha dato tutto e mi dispiace anche per loro”.

Insomma, serve unione di intenti, la disponibilità della società nel migliorare ulteriormente una squadra già forte. “Sono un perfezionista chiedo sempre di più, sarebbe da stupidi disperdere un patrimonio calcistico come quello che abbiamo, e disperdere l’entusiasmo della piazza. Se ho club di A che mi vogliono è perché ho avuto ragazzi che mi hanno dato tutto”.

I COMMENTI DEI TIFOSI DOPO LA DISFATTA

RIMPIANTI – C’è anche tempo per guardarsi indietro, agli errori che sicuramente sono stati commessi. Sicuramente abbiamo commesso dei peccati di esperienza. Io per primo, che ho compiuto 37 anni da poco. Tornassi indietro eviterei certi errori come nelle gare con il Matera in casa, o quella di Benevento, ma so che ho dato tutto. Sono arrivato sfinito emotivamente”. E anche sulla partita c’è modo per rammaricarsi: “Per l’avvio della gara d’andata, il secondo tempo giocato meno bene, i quattro gol presi uno peggio dell’altro, ma non ho tempo né spazio per analizzare la gara. Ora devo riflettere per questi due tre giorni e capire cosa fare. Non possiamo perderci in pianti, anche perché se inizio a piangere non smetto più”.

FUTURO – La settimana prossima potrebbe già essere decisiva per il futuro di De Zerbi. Ma il progetto potrebbe andare avanti anche senza De Zerbi? “Questa squadra è mia, nel bene e nel male, negli errori e nelle cose positive, nelle vittorie e nelle sconfitte. Quando una cosa è tua finisci per sentirla troppo, e non dovrebbe accadere, perché son sempre un professionista, perché quello che dico mantengo sempre e non deve essere una sconfitta a ribaltare i piani. Quindi se una creatura è tua, un tuo figlio, ed è in difficoltà io non lo lascio, se dipendesse da me. Sarei andato via più facilmente se fossimo andati in B, in C mi dà fastidio, se si può continuare in un certo modo, sennò vado via”.

RISPETTO – I suoi giocatori e lo stadio, l’ultimo pensiero: “Non mi assumo oneri da proprietario ma ragiono come se lo fossi. Con me il lavoro è al primo posto, metto al secondo posto la famiglia per la mia squadra, con me bisogna spingere per riempire lo stadio. Se a Foggia mi vogliono bene è perché hanno capito come sono. Hanno capito che ho lavorato due anni buttando il sangue, mettendoci la faccia sempre. Mi odiano in tutta Italia, se mi son ‘menato’ è perché avevo ragione io. Se a Pisa vengono sotto l’albergo a prenderci in giro, la mia squadra non sta nelle camere, se lo fa non ha preso niente da me. Ho sempre rispettato tutti ma tutti devono rispettare me. E so anche riconoscere i meriti degli avversari”.

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