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Calcio

Le pagelle di Pescara-Foggia

Markic e Rizzo gli eroi che non ti aspetti. Peralta maratoneta di qualità. La personalità di Vacca viene fuori quando conta

Dolore, poi gioia, ancora dolore, altra gioia, di nuovo dolore, poi la gioia finale, quella più grande. Cronaca di un giovedì sera che sarà scolpito indelebilmente nei cuori e nella testa dei tifosi del Foggia. L’8 giugno 2023 sarà una di quelle date lì, quelle che si associano a un evento particolare. Anche se, alla fine della fiera, non è stato ancora raggiunto l’obiettivo principale. Ma una vittoria come quella consumatasi ieri all’Adriatico ha qualcosa di epico, per l’ossimoro di sentimenti affastellatisi nelle oltre due ore di contesa. Alla fine, hanno sorriso i ragazzi in maglia rossonera, che conquistano per la quarta volta nella loro storia una finale playoff. Finisce, invece, nel peggiore dei modi la corsa del Pescara di Zeman.

“Fa male perdere così”, le parole del tecnico boemo ai microfoni di Rete 8, ed è difficile dargli torto. Perché uscire dopo essere stati avanti per tre volte, beccando gol al 97’ nei tempi regolamentari, a cinque minuti dalla fine dei supplementari e poi facendosi rimontare anche nella serie dei rigori, accade assai di rado. Ma ai punti è una vittoria che il Foggia ha meritato ampiamente, sia per quanto visto allo ‘Zaccheria’, che per le occasioni (tante) non capitalizzate all’Adriatico. Polveri bagnate per quasi tutta la gara, a tal punto da lasciar presagire che questa volta il cammino dei rossoneri potesse realmente interrompersi. E invece, gli dei del calcio avevano in serbo ancora molto, tantissimo. Il libro di una delle stagioni più irrazionali della storia rossonera ha ancora delle pagine da scrivere.

Le pagelle

PESCARA (4-3-3) D’Aniello 7; Cancellotti 6 Brosco 6,5 Boben 6,5 Gozzi 5,5; Rafia 7,5 Aloi 6,5 Kraja 5,5 (23’st Mora 6); Merola 6,5 (43’st Desogus 6) Lescano 5 (23’st Vergani 5,5) Cuppone 7 (23’st Delle Monache 5,5). A disposizione: Sommariva, Plizzari, Milani, Crescenzi, Palmiero, Gyabuaa, Kolaj, Pellacani, Mesik, Ingrosso, Germinario. Allenatore: Zeman 6

FOGGIA (3-5-2) Dalmasso 7,5; Leo 6 Di Pasquale 6 (14’pts Rutjens 6,5) Rizzo 8; Bjarkason 5,5 (11’st Garattoni 6,5) Frigerio 7,5 (50’st Markic 8) Petermann 5,5 (1’st Vacca 7) Schenetti 6 (14’pts Odjer 6) Costa 6,5 (30’st Iacoponi 5,5); Peralta 7,5 Ogunseye 7. A disposizione: Raccichini, Capogna. Allenatore: Rossi 9

Arbitro: Monaldi 5

Assistenti: Lazzaroni 5,5 – Galimberti 6,5

Dalmasso 7,5 – Cuppone lo prende in controtempo, non basta un’ottima reattività per opporsi. Idem sul gol di Desogus. Non compie prodigi, almeno fino ai penalty. Non intuisce quello di Rafia (fotocopia del rigore allo ‘Zac’), ma pesca l’angolo giusto su quello di Aloi. E si prende un pezzo consistente di gloria.

Leo 6 – In entrambi i gol la difesa è piazzata piuttosto male. E i due attaccanti segnano sul suo versante, anche se non è lui a curarne la marcatura diretta. Su Desogus tenta la chiusura disperata, ma si fa saltare subito. Ma sarebbe delittuoso non apprezzarne lo spirito combattivo, oltre alle numerose chiusure preventive che scongiurano potenziali disastri in ripartenza.

Di Pasquale 6 – Più passano i minuti più cerca sortite offensive lasciando qua e là qualche buco. La tenuta del terzetto difensivo non è un granché e qualche responsabilità ce l’ha per forza. Ma per lui vale il discorso di Leo. Lotta fino a non averne più e comunque si trova a sbrogliare situazioni antipatiche

Dal 14’pts Rutjens 6,5 – Rigorista insospettabile e alla fine decisivo. Entra per dar fiato a uno stremato Di Pasquale, nella speranza che la sua ‘capoccia’ possa sortire qualcosa di bello sulle palle alte. Invece, sarà decisivo con il piede.

Rizzo 8 – Uno degli eroi di giornata. Il primo. Inserimento perfetto a nobilitare la sponda di Ogunseye e a tirare fuori la squadra dalle sabbie mobili. Anche lui corre fino a commuovere, rimediando progressivamente anche agli inciampi iniziali (è lui a tenere in gioco Cuppone nell’azione dell’1-0).

Dall’11’st Garattoni 6,5 – La catena di destra è quella più pericolosa, ma anche quella più imprecisa. Con il suo ingresso il Foggia riguadagna pericolosità, ma la palla gol non sfruttata su invito di Vacca rischia di pesare. Si redime con il traversone per la sponda di Ogunseye da cui nasce il gol di Rizzo. Sbaglia dagli undici metri, replicando – nelle dinamiche – l’errore che ancora oggi turba il sonno di Roby Baggio. Per sua fortuna, l’epilogo finale è diverso da quello di Pasadena.

Frigerio 7,5 – Se avesse segnato di tacco, in avvio di ripresa, chissà che cosa sarebbe successo. Altra partita di spessore, altra gara totale. Rappresenta alla perfezione lo spessore carismatico di questa.

Dal 50’st Markic 8 – Ingresso della disperazione, hai visto mai si riveli decisivo di testa. Il gol il Foggia lo segna davvero, anche se non c’è il suo contributo. L’avvio dei supplementari è da incubo, perché lui in primis abbandona Desogus. Ma serviva il suo gol perché la notte dell’Adriatico diventasse paranormale. Con fiducia e dose generosa di attributi, si prende anche il primo penalty, realizzato con una ‘ignoranza’ inusitata, e proprio per questo ancora più bella da ammirare.

Petermann 5,5 – Recuperato, malgrado qualche acciacco. Il ritmo che servirebbe (e che è in grado di garantire) viene meno quasi subito, in aggiunta ad alcuni errori in impostazione non da lui. Non trova neppure la soluzione dalla distanza come all’andata.

Dal 1’st Vacca 7 – Le perplessità relative al suo ingaggio afferivano esclusivamente alla sfera fisico-atletica. Sulla parte tecnica, ma anche temperamentale, anche il più stolto non avrebbe avuto nulla da eccepire. E infatti, classe e personalità vengono fuori nei suoi 75 e passa minuti (rigori inclusi). Regala sprazzi della regia illuminata ammirata poco più di un lustro fa, nei quali rientra anche il delizioso lancio che Garattoni sciupa. Azzoppato dai crampi, continua a giocare e si va prendere anche il quinto rigore, che segna col brivido.

Schenetti 6 – Mezzala di qualità, anche se non riesce a rispondere al dirimpettaio Rafia con le stesse giocate illuminanti. Ci mette il cuore (tanto) e tanta garra quasi insospettabile per uno che era giunto a Foggia per fare il dieci classico.

Dal 14’pts Odjer 6 – Di nuovo in campo dopo gli inciampi di Cerignola. Fa quello che deve fare, piazzarsi davanti alla difesa a ridare barlumi di ordine nel disordinato assalto rossonero successivo al gol di Desogus.

Costa 6,5 – Le migliori occasioni costruite dal Foggia nel primo tempo partono tutte dal suo mancino. E sarebbe una serata da incorniciare se almeno una volta i destinatari dei suoi cross, non adottassero la modalità ‘ciabatta’. Cala alla distanza, anche se comunque sorprende (lui in primis) il cambio alla mezz’ora della ripresa.

Dal 30’st Iacoponi 5,5 – Generosità come sempre apprezzabile, ma a un attaccante (per quanto schierato da esterno molto alto) si chiede anche qualcos’altro. Per esempio, tenere a terra qualche pallone, non pasticciare nei fondamentali. Rossi lo nota e cerca anche di ammansirlo nel mini intervallo dei supplementari.

Peralta 7,5 – Contende a Frigerio la palma di maratoneta della squadra. E se l’ex Milan la corsa è richiesta anche dal ruolo, nel caso dell’italoargentino è un plus rilevante. L’animo da corridore non inficia sulla bontà delle idee e la qualità delle giocate. È sempre presente quando conta: c’è il suo mancino nell’azione del gol di Rizzo, è il suo mancino a pescare, dalla bandierina, la lucida pelata di Markic. Glaciale dal dischetto. Sì, quello che stiamo ammirando nei playoff è il vero Peralta.

Ogunseye 7 – Alla fine, l’errore dal dischetto è ininfluente. Non è il caso di citare l’inflazionata frase Di De Gregori, ma ha ragione chi dice che i rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di calciarli. Gioca una gara di grande sacrificio, dà e prende botte, discute anche con l’arbitro per qualche chiamata un po’ così. Sfiora il gol, propizia un paio di potenziali occasioni, poi becca la sponda giusta per Rizzo. Prezioso anche come difensore sui calci piazzati.

Rossi 9 – Per il dieci serve il massimo. Ci siamo capiti. Intanto, porta la squadra in finale. Sì, la porta lui, perché questo gruppo è la rappresentazione esemplare della sua sconfinata personalità. Ma occhio a pensare che sia solo battaglia, perché nel doppio confronto la sua squadra si è fatta preferire anche sul piano del gioco e delle occasioni costruite.

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