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Dalmasso e il Foggia non vogliono fermarsi più: "Ce la giochiamo con tutti"

Le parole del giovane estremo difensore, una delle sorprese di questa seconda parte di stagione: "Con il mister fai cose diverse dagli altri. Bisogna stare spesso alti e giocare fuori dall'area"

È una storia bella da raccontare, quella di un giovane argentino che decide di fare fortuna nel Vecchio Continente, dove si gioca il calcio che conta, dove tanti suoi connazionali hanno scritto pagine di storia. E di argentini che hanno fatto la storia del calcio in Italia ce ne sono una infinità. Dopo due anni in Eccellenza è arrivata la possibilità di giocare nel Foggia di Zdenek Zeman. Occasione da non farsi sfuggire e che Joaquin Domingo Dalmasso ha colto al volo, con umiltà e grande temperamento, qualità che ha messo in mostra sin dal suo esordio assoluto in casa con il Palermo. Subentrare a un portiere infortunato che ha appena preso un gol avrebbe fatto tremare le gambe a molti, non a lui, che in quel pomeriggio uscì dal campo imbattuto tra gli applausi di uno stadio intero. La prima di diverse prestazioni di qualità, che hanno certificato la crescita e garantitogli la fiducia di mister Zeman: "Sono arrivato in Italia tre anni fa pieno di aspettative e obiettivi, ma non avrei mai immaginato di arrivare tra i professionisti in così poco tempo. Poi, avere mister Zeman e Mimmo Botticella come allenatori è un onore, perché hanno esperienza e sanno tantissimo di calcio. Questo conta molto per me".

Quella di Foggia è la seconda esperienza in Capitanata, dopo quella con il San Severo, di cui ricorda soprattutto il lato umano delle persone che lo hanno accolto, a cominciare dall'indimenticato Ninni Cannella: "Mi ha trattato come un figlio, così come il mister Rufini, o una famiglia che mi ha ospitato. Appena ho un giorno libero vado a trovarli. Da quando sono in Italia mi sono circondato di bellissime persone. Anche a L'Aquila ho conosciuto Giancarlo Petrocco (preparatore dei portieri) che mi ha aiutato a cambiare mentalità". 

Si ispira a Franco Armani, estremo difensore della Nazionale Argentina e del River campione sudamericano nella infuocata finale con gli acerrimi rivali del Boca Juniors tenutasi al Bernabeu di Madrid nel 2018. A un altro Franco, piuttosto noto a Foggia, in molti lo hanno accostato per la spregiudicatezza fuori dai pali e l'interpretazione zemaniana del ruolo: "Con il mister fai cose diverse dagli altri. Bisogna stare spesso alti e giocare fuori dall'area, io mi diverto anche se è un metodo di gioco rischioso", puntualizza Dalmasso, che poi dedica anche un pensiero ai suoi compagni di reparto Alastra e Volpe: "Sono grandissimi portieri, mi hanno dato una grande mano. Rispetto a loro sono più spregiudicato perché lo facevo già l'anno scorso". Un gioco rischioso che non gli ha risparmiato degli errori: "Giocare così alti ti espone a qualche rischio, a me è capitato con la Turris e a Taranto. Ma bisogna sempre rialzarsi e non pensarci. L'errore deve servirti per fare esperienza, ma un portiere deve sempre pensare alla giocata che viene dopo. Se ti resta in testa l'errore, magari dopo ne fai un altro e poi sì che diventa dura". 

Prima di impiegarlo dal 1' con il Monopoli, mister Zeman mostrò estrema tranquillità perché aveva verificato i suoi notevoli miglioramenti dal suo arrivo: "Penso di essere cresciuto tanto, ma posso migliorare sotto molti aspetti, sotto porta o nelle prese alte. C'è ancora tanto da migliorare". 

Il discorso poi scivola sul futuro prossimo: domenica allo 'Zac' arriva il Campobasso. I rossoneri vorranno e dovranno dare continuità al momento positivo: "Dopo queste vittorie giunte con grandi prestazioni, penso che siamo carichi e dobbiamo continuare a fare quello che stiamo facendo". Ribadisce il pensiero già palesato dal presidente Canonico, di pensare solo alla partita singola, ma in ottica playoff ha le idee chiare: "Proviamo ad arrivare il più in alto possibile, senza pensare agli avversari, ma se continuiamo a fare bene penso che possiamo giocarcela con tutti".

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