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"L'anima foggiana" di Michele Cobuzzi, lo chef che ha conquistato la stella Michelin

Il 33enne foggiano è dallo scorso anno l'executive chef nel ristorante presente all'interno dell'Hotel 'Milano Verticale', che ha ricevuto il prestigioso riconoscimento

Tra i 34 ristoranti che possono vantare l’ambita stella Michelin nella guida 2023 c’è anche l’Anima, Ristorante ‘Fine dining’ presente all’interno dell’hotel ‘Milano Verticale’ del pluristellato Enrico Bertolini.

Un luogo che (come si può leggere sul sito di Bartolini) “vive un lusso gastronomico che è anche democratico e aperto a tutti gli amanti della buona tavola”. Il progetto ‘Anima’ è stato affidato allo chef Michele Cobuzzi “e alla sua ‘anima’ anticamente futurista”.

Ha compiuto 33 anni lo scorso ottobre e, da qualche giorno può già festeggiare uno dei risultati più ambiti nel mondo della ristorazione. Come per un calciatore lo sarebbe vincere il Pallone d’oro a 20 anni. Il neo ‘stellato’ Michele Cobuzzi è figlio della Capitanata, essendo nato a Foggia, città dove ha studiato prima di intraprendere un lungo viaggio fatto di innumerevoli e prestigiose esperienze, che lo hanno poi condotto a diventare l’executive chef di un ristorante collocato all'interno di uno degli hotel più prestigiosi del capoluogo lombardo.

Michele Cobuzzi stella Michelin

Le origini restano piantate nel cuore, nella mente e trovano spazio anche nei suoi piatti (come l’Agnello del Gargano con melograno, mandorla e marasciuolo): “Sono orgoglioso di essere foggiano. Foggia è una città stupenda, fatta di bella gente, anche se c’è una piccola percentuale che tende a rovinarla”, ha commentato a Foggiatoday Cobuzzi, che sin dalle elementari aveva compreso quella che sarebbe stata la sua strada: “A sei anni già impastavo la pasta con mia mamma. Ho vissuto in campagna, a contatto continuo con le materie prime e con la passione per la terra trasmessami dai genitori”.

Logico è stato il percorso di studi, che lo ha condotto a frequentare la scuola alberghiera ‘Einaudi’ di Foggia. Già a sedici anni iniziarono le prime esperienze in ristoranti e alberghi: “Ho iniziato a Corte Corona, in pasticceria con Raffaele Di Francesco, grandissimo imprenditore e pasticciere e mio migliore amico. È stato il primo ad avermi trasmesso la passione per la cucina”.

A partire dai sedici anni, Michele ha cominciato a lavorare, durante le stagioni estive, in diversi hotel 5 stelle e 5 stelle lusso. Il successivo avvicinamento all’alta gastronomia gli ha cambiato la vita. E così sono arrivate le esperienze presso il ristorante Bracali (2 stelle Michelin) e il Poggio Rosso a Borgo San Felice, il 'Contrada' di Gordon Ramsay, ‘Il luogo di Aimo e Nadia’ (“un sogno poter lavorare in un emporio della classicità”) degli chef Alessandro Negrini e Fabio Pisani (anch’esso 2 stelle Michelin) fino alla ‘tristellata’ Enoteca Pinchiorri a Firenze.

Dopo una breve parentesi in Irlanda, servita anche per consolidare la padronanza della lingua d’Albione, il ritorno in Italia. A Milano Michele, fino all’aprile del 2020, ha sperimentato il ruolo di executive chef nel ristorante ‘Olio cucina fresca’, nel quale riuscì a conquistare due cappelli nella prestigiosa ‘Guida Espresso’: “Fu un’esperienza molto positiva, mi è servita per capire che cosa sarei riuscito a fare, non conoscendomi ancora come chef. Ma sentivo in me l’esigenza di trovare qualcosa di più adatto”.

L’emergenza Covid è stata l’occasione per fare consulenze in hotel di lusso oltre che lo chef all’Hotel Spinale di Madonna di Campiglio. Fino alla ‘chiamata’ di Bartolini, che lo ha voluto come executive chef del ristorante 'Anima' e di 'Vertigo', urban garden bar e osteria contemporanea presente all'interno di 'Milano Verticale': “Lì ho trovato il posto che desideravo”. 

Un posto da sogno dove dar concretezza quotidianamente a ciò che sin da bambino aveva sempre desiderato. La stella Michelin non può essere l’apice della carriera, vista la giovane età (“Anche se lavoro da più di quindici anni”), ma è sicuramente un riconoscimento ai sacrifici e alle esperienze fatte in questi anni in giro per l’Italia: “Una gioia enorme, che a Milano ha un gusto diverso, perché qui c’è una competitività pazzesca”.

Una gioia che condivide con il suo staff: “Sul palco c’ero io, ma il risultato è di gruppo, dalla sala alla brigata di cucina che mi segue quasi in maniera militaresca. Io ho guidato il timone, ma senza la squadra non ci sarebbe stato questo risultato”. La chiosa è sul piatto che più lo rappresenta: “Ce ne sarebbero diversi, ma il Royale di fegato grasso con scampo, frutto della passione e Pan brioche è il piatto più goloso ed equilibrato che mi viene in mente”.

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