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A Sant'Agata di Puglia torna a splendere il dipinto Immacolata

A Sant’Agata di Puglia torna a splendere il prezioso dipinto de l’immacolata tra S. Bonaventura e il beato Andrea Conti

Il primo maggio scorso, nella chiesa della SS.ma Annunziata dei Padri Francescani Conventuali di Sant’Agata di Puglia, il bellissimo dipinto ad olio su tela ritraente l’Immacolata tra S. Bonaventura e il beato Andrea Conti è tornato nella sua collocazione originaria dopo un lungo e scrupoloso intervento di restauro condotta dalla Restauratrice Daniela Pirro. L’opera, accolta con partecipazione viva dalla Confraternita di Sant’Antonio da Padova e SS.ma Annunziata, dall’Amministrazione comunale e da tutta la comunità santagatese, è tornata a risplendere. 

ll vescovo emerito Monsignor Francesco Pio Tamburrino ha concelebrato la Santa Messa con Don Radek Hryniewicki in una emozionante liturgia. A seguire, l’Avvocato Nicola Lasalvia, che ha fortemente voluto questo restauro, ha dato la parola al Professor Gianfranco Piemontese, membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Monti Uniti di Foggia che ha insistito sull’esigenza di salvaguardia e tutela di beni culturali come la tela dell’Immacolata, il cui restauro è stato finanziato proprio dalla prestigiosa Fondazione foggiana. La parola, quindi, è andata alla restauratrice Daniela Pirro che, in un dettagliato intervento, ha illustrato tutte le fasi che hanno interessato il recupero di questo pregevole manufatto artistico. 

Attento e puntuale, il dossier della Pirro ha riportato notizie iconografiche, storiche e scientifiche, disvelando notizie e cromie non note e andate perdute. La restauratrice ha ricordato la pubblicazione della prof.ssa Dora Donofrio Del Vecchio, Presenza francescana in Sant'Agata di Puglia, Adda, Bari 1982, in cui viene chiarito che l’opera, di chiara e capace scuola napoletana settecentesca, risultava censita già nell’inventario degli “Arredi del servizio del culto” redatto il 16 settembre 1809 in seguito al decreto n. 448 del 7 agosto del 1809 firmato da Gioacchino Murat che sanciva la soppressione degli ordini religiosi possidenti.

In detto elenco venivano riportati in tutto sei quadri, tra cui il dipinto appena restaurato, così definito “di S. Bonaventura e Concezione di palmi otto di lunghezza, e cinque di larghezza”, valutato ducati tre. Dei sei è il solo quadro a noi pervenuto. 

L’opera, di sicura committenza francescana, rappresenta l’Immacolata Concezione tra due grandi francescani, a destra è il beato Andrea Conti, a sinistra S. Bonaventura di Bagnoregio. 

Andrea Conti-de Comitibus dei conti di Segni, conosciuto anche come Andrea da Segni o Andrea da Anagni, nacque ad Anagni nel 1240. Fu sacerdote dei Minori francescani e, da autentico francescano, fu modello di perfezione e umiltà, tanto che rifiutò la nomina di cardinale e le insegne cardinalizie, tra cui il cappello rosso che nel quadro vediamo ai suoi piedi. Uomo colto, scrisse sulla Vergine Maria e fu dichiarato beato da Papa Innocenzo XIII l’11 dicembre 1724. La figura che è a sinistra rappresenta S. Bonaventura da Bagnoregio (VT), sul cui capo un angelo pone il cappello cardinalizio. Grande figura di francescano, fu denominato doctor Seraphicus, dottore della chiesa, grande pensatore e scrittore francescano. Amico di S. Tommaso d’Aquino, dalla sua opera Legenda maior, biografia di S. Francesco d’Assisi, Giotto trasse ispirazione per i suoi affreschi sul Poverello d’Assisi che si ammirano nella Basilica del santo. 

Ci troviamo di fronte ad un’opera d’arte di un certo pregio, con costruzione piramidale e ricorso a pigmenti pregiati. Un lavoro colto da collocare tra la prima e la seconda metà del Settecento, concepito non prima della beatificazione di Andrea Conti avvenuta, come detto, l’11 dicembre 1724. 

L’opera è perciò allo studio della prof. Mimma Pasculli, docente di Storia dell’arte dell’Università degli Studi di Bari, così da poter dare un’attribuzione all’opera e inserirla in una corrente artistica, forse ascrivibile a quella dei fratelli Sarnelli di Napoli.

La Dott.ssa Pirro, infatti, nel suo intervento, ha rapportato diverse opere dei fratelli Sarnelli, in particolare di Gennaro, che attestano una vicinanza stilistica, pittorica e formale con l’Immacolata di Sant’Agata. 

Il restauro è stato condotto presso i laboratori della Artistica Pirro di San Marco in Lamis, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ABAP FG_BAT nella figure della Dott.ssa Elena Arlotti e Dott.ssa Maria Concetta Di Micco, con il coordinamento dell’Arch. Antonio Ricci, responsabile dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici dell’Arcidiocesi Foggia-Bovino.

Nei lunghi mesi di intervento, l’opera, giunta in uno stato di conservazione davvero critico, è stata sottoposta a indagini diagnostiche preliminari, avvalendosi dell’analisi al microscopio digitale e mediante la risposta alla fluorescenza ottica eccitata con l’ultravioletto (U.V.). Detti saggi hanno permesso alla restauratrice di conoscere l’effettivo stato di salute di ciascuno strato componente l’opera e di scegliere gli interventi ottimali da eseguire. Il dipinto aveva subito un intervento poco ortodosso negli anni ’90 ed era stato supportato con una nuova tela di rinforzo, pulito in modo aggressivo e non rispettoso della pellicola pittorica originale, quindi ingentemente ridipinto. 

Dopo essere intervenuta sui supporti tessili, sanando gravi problemi di micosi e conferendo planarità alle tele mediante tavolo caldo aspirante, la Pirro ha effettuato un puntuale intervento di recupero degli strati pittorici originali, mediante consolidamenti, iniezioni e stirature a controllo costante di pressione e temperatura. È quindi stato possibile eseguire, con soluzioni tampone ed enzimi, i saggi di pulitura sul fronte, constatando l’effettivo status quo del film pittorico originale. L’intervento di pulitura degli anni ’90 aveva fortemente danneggiato la materia pittorica originale, tanto che la restauratrice ha citato una calzante affermazione di Federico Zeri: “È norma salutare che se un quadro è sporco è meglio non toccarlo, a meno di affidarlo a tecnici competenti: il tempo distrugge, il tempo rovina, ma non quanto i cattivi restauratori”. Le traumatiche vicende subìte dal dipinto per gli erronei interventi di pulitura riportavano una lacunosità di tipo complesso, con vaste aree di perdita, concentrate soprattutto sulla figura del Beato, sul volto della Vergine e su tutto lo sfondo. Tuttavia, la rimozione delle superfetazioni cromatiche ha restituito tutta la bellezza del volto originale della Vergine, dei blu del manto, dei nembi di fondo e di infiniti dettagli sconosciti. Tutte le reintegrazioni estetiche sono state eseguite con la tecnica del tratteggio a selezione cromatica, così da restituire unità di lettura all’osservatore, ma permettendo la riconoscibilità degli interventi ad una analisi ravvicinata, nell’assoluto rispetto dell’originale. Ne è risultato un lavoro di insieme che emoziona: l’opera ha recuperato tutta la luce e la compiutezza formale voluta dall’autore, restituendo dettagli e figure prima completamente occultate, mostrando nuovamente tutta a bellezza di un tempo ed emozionando quanti erano presenti per la restituzione di un bene importante, carico di storia e di bellezza esteriore, nonché spirituale. 

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