rotate-mobile
social Manfredonia

A Manfredonia non è Carnevale senza la Farrata

La farrrata è un rustico tipico della tradizione manfredoniana dall'origine molto antica, la cui ricetta continua ad essere tramandata ed è un simbolo emblematico del carnevale manfredoniano.

La farrata, rustico tipico della tradizione manfredoniana, ha un’origine molto antica. Prende il nome dal cereale con cui è preparato: il farro, primo grano coltivato dagli antichi pastori nomadi del Medio Oriente, il termine risale alla radice latina far faris. La pianta del farro cresceva spontaneamente e, prima di esser riservata alla coltivazione, venne esaltata negli scritti di poeti greci come Omero, ma anche latini come Orazio e Ovidio. Il cereale venne macinato e trasformato in una farina che, per secoli, divenne cibo per intere popolazioni

. Col tempo fu sostituito dal grano ma rimase ben presente nelle coltivazioni dell’Italia meridionale grazie alla sua resistenza alla siccità. Il Sacro Farro, così chiamato al tempo degli antichi romani, venne utilizzato per i riti propiziatori offerti agli Dei, ma anche durante i matrimoni delle famiglie di patrizi: confarreatio, perché le focacce di farro consacravano l’unione degli sposi. La ricetta culinaria della farrata è arrivata sino a Manfredonia e Siponto perché erano colonie romane, ma è stata conservata nonostante l’avvento del cristianesimo.

Questa sorta di rustico, tramandato da generazioni, si è consolidato nel tempo come simbolo emblematico del carnevale manfredoniano. Durante il Settecento era usanza delle suore di clausura preparare il rustico di farro non solo durante il periodo di Carnevale, ma fino a Pasqua. All’inizio del Novecento, fino agli anni Ottanta, le farrate venivano vendute da bande di ragazzini che, già dalle cinque del mattino, giravano per le vie cittadine per vendere il rustico appena sfornato.

La farrata, dalla forma rotonda, è preparata, oltre che con la farina di farro, con cacio e uova e dal dopoguerra è diventato il rustico tipico del carnevale di Manfredonia. Michele Racioppa, scrittore e poeta, lo descrisse in una canzone del secolo scorso come il pasto degli innamorati che, immersi nella più profonda spensieratezza, giravano abbracciati ballando di socia in socia (veglioni tipici manfredoniani), avvolti da una pioggia di coriandoli impregnati del profumo di questa prelibatezza.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

A Manfredonia non è Carnevale senza la Farrata

FoggiaToday è in caricamento