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Salute

I medici foggiani 'Usca' sul fronte della doppia emergenza: "Portiamo conforto nelle case in cui il virus fa paura"

Il punto della coordinatrice della rete, Maria Cassanelli. In un mese, le Usca - unità speciali di continuità assistenziali - sono più che triplicate, passando da 5 a 16 (più un’altra in fase di attivazione a Monte Sant’Angelo)

Nel giro di un mese, la rete delle postazioni Usca di Capitanata è più che triplicata. Dalle 5 che si contavano ad ottobre, infatti, le unità speciali di continuità assistenziali sono diventate 16 (più un’altra in fase di attivazione a Monte Sant’Angelo).

Si dividono tra postazioni fisse - che si occupano delle visite domiciliari, del monitoraggio dei pazienti presi in carico e dell’esecuzione dei tamponi molecolari - e postazioni specializzate nel fare i tamponi antigenici. Quelli rapidi, per intenderci.

Un lavoro intenso per i medici Usca, la maggior parte neo-assunti, e soprattutto flessibile: cambia e si adegua in base all’evoluzione dello scenario epidemiologico, dell’individuazione di una o più emergenze (come i focolai nelle rsa o nelle scuole) e alla necessità di allestire, spesso in tutta fretta, punti ‘drive through’. A mettere a sistema tutta l’attività, e a far dialogare costantemente le postazioni con i medici di base, è Maria Cassanelli, coordinatrice delle Usca per l’Asl Fg.

Tra incudine e martello, si barcamena quotidianamente tra le necessità delle Usca e le richieste dei medici di base, cercando di far fronte anche a spiacevoli incidenti di percorso, come il furto, avvenuto pochi giorni fa, a San Severo, dell’auto di servizio dell’Unità con strumenti e medicinali annessi. Quello che questi medici vivono ogni giorno è una doppia emergenza: “Siamo attivi sul fronte clinico e sul fronte emotivo. Insieme alle terapie, cerchiamo di portare conforto laddove c’è paura e sconforto”, spiega Cassanelli a FoggiaToday.

Dottoressa Cassanelli, com’è strutturata la rete Usca in provincia di Foggia?

Attualmente abbiamo 16 postazioni attive e una in fase di istituzione a Monte Sant’Angelo: Abbiamo una postazione fissa e una per antigenici a Foggia, Cerignola, Lucera, San Severo e Manfredonia. Stessa cosa a Troia come avamposto per il Subappennino. Poi abbiamo una postazione fissa a Torremaggiore, una per i test antigenici ad Apricena. Infine, altre due postazioni sono attive a Vico del Gargano e San Marco in Lamis. E’ una rete piuttosto capillare.

Come è costituita una unità? Quali professionalità accoglie?

Sono tutti medici, molti sono neoassunti affiancati a personale di grande esperienza. Vi lavorano due/tre medici per turno, a seconda del lavoro da svolgere. E’ una organizzazione molto flessibile: se c’è da preparare un punto drive through con liste da centinaia di persone da sottoporre a tampone, ad esempio, si chiede maggiore personale. Effettuare un tampone non è solo mettere un cotton-fioc nel naso! C’è un lavoro di schedatura e di preparazione da fare per ogni persona, sia in entrata che in uscita.

Qual è la giornata tipo di un medico Usca?

Nella maggior parte dei casi si tratta di attività programmate quotidianamente, salvo emergenze (in quel caso le attività vengono rimodulate studiando le priorità del caso). Diciamo che sono giornate molto intense ed elastiche, come l’intero programma.

Oltre all’attività legata ai tamponi, di cosa di occupa una postazione Usca?

Innanzitutto della visita e del monitoraggio dei pazienti, segnalati dai medici di famiglia. Questi, per essere presi in carico, devono - come stabilito da protocollo - avere particolari caratteristiche. Se paucisintomatici o lievemente sintomatici possono essere monitorati telefonicamente dal medico di famiglia. Il medico Usca interviene quando si rilevano determinati parametri: ad esempio, devono essere presenti due dei tre sintomi maggiori (febbre, tosse e dispnea), oppure un sintomo maggiore e uno minore (tosse con diarrea, tosse con vomito). Cosa fa il medico? Ne considera i parametri vitali: temperatura, frequenza respiratoria e cardiaca, pressione, saturazione e stato di coscienza. Se questi parametri rientrano in determinati range il paziente può essere preso in carico. Diversamente, se i parametri sono nella norma, si prosegue con il monitoraggio telefonico del medico di famiglia, altrimenti va richiesto l'intervento del 118 con l'ospedalizzazione.

In media quante visite domiciliari vengono effettuate al giorno?

Dipende dalla postazione e dalla città, ovviamente. A Foggia ci attestiamo tra le 15 e le 20 visite  al giorno, ma in genere le giornate delle postazioni sono molto intense, perché accanto alle visite c’è tutta l’attività di monitoraggio dei pazienti che, se presi in carico, vengono seguiti nei giorni a seguire in base alla gravità manifestata della patologia. Il medico Usca, però, non sostituisce il medico di famiglia, che resta la figura centrale del paziente Covid. Noi siamo le sue ‘braccia’.

Quali sono le principali tipologie di pazienti monitorati?

La maggior parte sono adulti, dai 60 anni in su. Ci sono molti anziani che, qualora le condizioni lo permettano, vengono trattati a domicilio (oggi ancor di più grazie alla possibilità di far prescrivere l’ossigeno liquido da parte dei medici di famiglia) per evitare gli scompensi derivanti dall’ospedalizzazione. Ma ci sono anche molti giovani, addirittura 20enni, che manifestano sintomatologie importanti.

L’attività delle Usca è stata in questi mesi determinante per calmierare la pressione sugli ospedali…

Sì, assolutamente. Cerchiamo di evitare, dove possibile, l’ospedalizzazione.

Ha notato un cambiamento nel target dei pazienti rispetto alla prima ondata della pandemia?

Sì. E’ aumentata molto la presenza della patologia nei giovani, oggi colpiti in maniera piuttosto seria. Accanto a pazienti di 40-50 anni ci sono anche 20-30enni con sintomatologia più seria. Non era successo nella prima ondata. Questa volta siamo stati travolti.

Che situazione trova un medico Usca quando entra nelle case dei pazienti?

Trova un clima di grande paura. Che si stempera alla vista di un medico. La nostra presenza, per loro, è di grande conforto. Il paziente Covid positivo, come è noto, viene isolato (anche a domicilio) e questo incide molto dal punto di vista psicologico. Per questo il nostro lavoro risulta molto importante per arginare le possibili derive della solitudine se non veri e propri accenni di depressione.

In prima linea su due fronti: l’emergenza clinica e quella emotiva…

Assolutamente. Spesso ci troviamo di fronte a persone terrorizzate dalla possibile evoluzione della malattia. Persone rassegnate. Persone che si vedono abbandonate o isolate anche per problematiche logistiche familiari. Sono case in cui prevalgono i sentimenti di paura e di pessimismo. E questo non aiuta ad affrontare la malattia, qualsiasi malattia. Il monitoraggio serve anche a questo: far sentire il paziente accompagnato durante il percorso, dal punto di vista clinico e psicologico.

In che modo si riesce quindi a mantenere il necessario distacco professionale?

Non è facile da spiegare. Cerchiamo di essere utili e di aiuto laddove necessario, su qualunque fronte. Veniamo formati per questo. 

Quanti sono i pazienti seguiti dall’Usca?

Tantissimi. Non abbiamo ancora un numero ufficiale perché la situazione è costantemente ‘in progress’. Solo su Foggia sono oltre un centinaio. Considerando le varie postazioni direi oltre un migliaio su tutta la provincia.

Dei pazienti seguiti quanti casi esitano in un ricovero?

Almeno uno al giorno. Ma anche qui sono situazioni in continua evoluzione.

Qual è il rapporto con i medici di famiglia in questo periodo?

Abbastanza buono. Ne ho riscontro da quello che mi riferiscono i medici e i pazienti stessi. Questi ultimi apprezzano, in particolare, la grande umanità dei medici Usca. Poi qualche critica c’è sempre, ma è normale. Il servizio è nato da poco e sono la prima a dire che ha delle criticità, ma nel complesso posso dire che sta funzionando molto bene.

Quali sono le criticità, in cosa si può migliorare?

E’ un servizio in continua evoluzione. Possiamo dire che cresce insieme a noi. Una criticità, ad esempio,  può derivare dalla giovane età dei medici: benchè preparatissimi e specificatamente formati per fare il medico Usca, mancano a volte della 'misura' tipica di chi è più navigato. A volte si pecca per eccesso di zelo. Ma d’altro canto posso dire che sono infaticabili, e si dedicano anima e corpo per la causa. Anche sacrificandosi nel privato: conducono da settimane una vita monacale per evitare qualunque tipo di rischio. Oggi forse non se ne rendono conto, ma questa sarà una esperienza determinante nella loro vita e nella loro carriera professionale. 

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