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Interruzione di gravidanza, ginecologi tutti obiettori in otto ospedali della Puglia

È quanto emerge dall'indagine 'Mai dati' di Chiara Lalli e Sonia Montegiove, resa nota con l'Associazione Luca Coscioni, e relativa al 2021. I dati ministeriali, invece, sono fermi al 2020

L’aggiornamento dell’indagine 'Mai Dati' di Chiara Lalli e Sonia Montegiove, entrambe giornaliste, resa nota con l’Associazione Luca Coscioni, riporta dati nuovi e aggiornati sui numeri degli obiettori di coscienza in 10 Regioni italiane. Questi dati si riferiscono al 2021, mentre quelli ministeriali pubblicati nell’ultima Relazione di attuazione della legge 194 (pubblicati, peraltro, in formato chiuso e aggregati per Regione) sono fermi al 2020.

Dall’indagine basata su richieste di accesso civico generalizzato alle Regioni, il Molise conferma l’alta percentuale di obiettori (su 2 strutture ospedaliere in totale, 1 struttura che non è punto Ivg ha tutti i medici ginecologi obiettori, mentre nell’altra 8 ginecologi su 10 sono obiettori).

Seguono la Puglia (8 ospedali con obiezione al 100% su 35 totali - di questi 7 non sono punti IVG e 1 è punto IVG) e le Marche (2 ospedali su 17 totali - non sappiamo se punto Ivg oppure no). Inoltre, il Molise ha il record di avere il secondo ospedale con una percentuale di obiettori superiore all’80% e la Puglia presenta un totale di 16 strutture su 35 con una percentuale di obiezione sopra l’80%. Le Regioni con la più bassa percentuale di punti Ivg sono invece la Campania (28,4%, 19 su 67 punti IVG), l’Abruzzo (33,3%, 5 su 15 sono punti Ivg), e il Molise con due sole strutture ospedaliere, una punto IVG e una no. 10 invece le Regioni che non hanno risposto alla richiesta di accesso civico e che quindi non hanno inviato i dati (Lazio, Sicilia, Calabria, Toscana, Basilicata, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Trentino Alto Adige).

“Nell’augurare buon lavoro al nuovo Ministro della Salute, rinnoviamo la nostra richiesta, ormai in atto da più di un anno, di pubblicare i dati aperti per poter verificare la corretta applicazione della legge 194/1978”, ha dichiarato Filomena Gallo, avvocato e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica. “Chiediamo un’azione di discontinuità rispetto al precedente Governo: pubblicare dati aperti e dettagliati sulle singole strutture, così come previsto dal codice dell’amministrazione digitale. Aprire i dati è fondamentale per poter conoscere lo stato di salute della legge 194/1978, per evitare sospensioni del servizio di Ivg ed erogazioni con tempi dilatati che mettono a rischio la salute della donna. È fondamentale, inoltre, che ogni donna sappia in maniera chiara e tempestiva dove rivolgersi per accedere all’Ivg. Solo conoscendo nel dettaglio questi dati si possono programmare interventi per una corretta applicazione della 194/1978 a beneficio della tutela della salute di tante donne. Restiamo a disposizione per un incontro o per qualsiasi forma di collaborazione per uno scopo comune: cambiare modo di dare informazione, aprire i dati sulla legge 194 del 1978 e garantire la corretta applicazione della legge senza differenze territoriali nell’accesso a servizi sanitari previsti per legge”.

In occasione della presentazione degli ultimi dati di questa indagine, che risultano più aggiornati di quelli ministeriali e più dettagliati, perché sono per singola struttura e non per media regionale, chiediamo al Ministro di attivare tutti i suoi poteri per la corretta applicazione della legge 194/78”, aggiungono Chiara Lalli e Sonia Montegiove.

Queste mappe purtroppo sono solo parzialmente utili perché senza un flusso continuo i dati ricevuti invecchiano subito, ma sono la direzione verso cui dovrebbe andare il Ministero invece di continuare a pubblicare un lungo documento in formato pdf. La recente pubblicazione da parte del Ministero delle tabelle in formato excel non risolve i difetti principali: i dati sono vecchi (2020), aggregati per Regione e non per singola struttura. Rinnoviamo dunque la nostra richiesta all’attuale Ministero: sarebbe davvero un piccolo sforzo per la Pubblica amministrazione, ma uno sforzo dovuto e che avrebbe molte conseguenze positive”.

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