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Sabato, 20 Aprile 2024
Salute

In aumento risse e violenza, baby gang in azione. Gli psicologi di Puglia lanciano l'allarme: "La cattività ha mobilitato la rabbia"

Il presidente dell’Ordine, Vincenzo Gesualdo, sottolinea la necessità di intervenire tempestivamente al fine di scongiurare episodi più gravi: "Alcuni ragazzi introiettano la rabbia e soffrono di veri e propri stati depressivi, altri la agiscono e diventano aggressivi: è la fase del branco”

Negli ultimi giorni, subito dopo le riaperture e il protrarsi del coprifuoco, riceviamo dalle cronache notizie sulla aggressività che si scatena di notte tra gruppi di ragazzi, sempre più spesso minorenni, coinvolti in risse violente. Sul punto è intervenuto Vincenzo Gesualdo, presidente dell'Ordine degli Psicologi di Puglia.

"I mesi chiusi in casa, la convivenza forzata, una vera e propria condizione di cattività hanno amplificato uno stato di tensione e stress che da alcuni ragazzi è stato introiettato e rivolto contro sé stessi procurando un innalzamento esponenziale di situazioni depressive, comportamenti autolesivi, suicidi e tentati suicidi. Da altri adolescenti invece è stato agito contro gli altri alimentando risse ed aggressioni con le modalità tipiche del branco”, spiega.

"Bambini, preadolescenti e adolescenti sono i soggetti che hanno subìto le maggiori ripercussioni durante la pandemia. Il loro naturale e fisiologico bisogno di relazioni reali finalizzate alla conoscenza di sé e dell’altro sono stati spazzati via da centinaia di ore dietro gli schermi controllati da docenti e genitori in un contesto nel quale solo la performance ha costituito un valore. Moltissimi hanno mollato. Si presume che. circa 200.000 ragazzi abbiano abbandonato la scuola”.

La precarietà esistenziale e la mancanza di un orizzonte che nessuno ha indicato, né scuola, né scienza, né politica, né famiglia, hanno disorientato i nostri ragazzi rendendoli ancor più fragili. Alcuni si sono isolati, altri hanno costituito branchi che si caratterizzano per la orizzontalità generazionale e la necessità di avversari o nemici per l’affermazione della propria identità gruppale.

“La lotta per la sopravvivenza ci ha portato a litigare per l’accaparramento dei vaccini, poi per la loro somministrazione abbiamo costruito le categorie dei privilegiati, dei furbetti, dei dimenticati, degli arrabbiati e dei depressi” continua Gesualdo. “La pandemia ci ha lasciato il deserto dell’anima, delle passioni, della vitalità: il languishing”.

Alla prevalenza del linguaggio verbale delle piattaforme che ci hanno virtualmente connesso, abbiamo contrapposto il linguaggio del corpo sia esso mortificato in sé stesso o nell’agire l’aggressione. “Abbiamo bisogno di recuperare spazi di condivisione e di ascolto, territori di comunità e solidarietà” conclude Gesualdo. “Abbiamo bisogno di presidi sul territorio per l’accoglienza del disagio e della sofferenza a partire dalla scuola e dalla famiglia dove occorre riconquistare la semantica del contatto, della vicinanza, dell’abbraccio in una sorta di un rinascimento del valore della affettività e delle relazioni in cui l’altro non è il nemico da combattere o il soggetto da bullizzare ma chi permette di costruire la propria identità nella differenza e nella diversità come valori e non come stigma”.

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