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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Emiliano con Speranza, da Foggia scatta la sfida a Renzi. Ruotolo pronto per il PD di Capitanata

A Foggia l'anti-Leopolda, l'alternativa al PD di Matteo Renzi e al governo. Michele Emiliano è con Roberto Speranza. Gianluca Ruotolo è pronto per candidarsi alla guida del Partito Democratico provinciale

C'è chi non ha perso tempo a definire lo scatto che immortala Michele Emiliano e Roberto Speranza, assieme ieri a Palazzo Dogana, l'anti-Leopolda. Forse lo è, forse no. Di certo è la rappresentazione plastica della fortissima spaccatura che attraversa il Partito Democratico in questo delicatissimo momento storico e che rischia di deflagrare il 5 dicembre, un attimo dopo le urne referendarie. 

La Riforma Costituzionale ha portato in superficie l'eccessiva eterogeneità del progetto dem, le sue correnti, le mai sopite lotte interne per la leadership, le visioni contrastanti su temi nevralgici per il futuro dell'Italia, la dualità sempre più marcata tra il PDN di Renzi e la "sinistra, più sinistra" invocata ieri a Foggia da Roberto Speranza. Al punto da provocare una riflessione in più di un dirigente di partito sull'opportunità di stare (ancora) insieme. 

D'altronde, lo slogan - Energie nuove per l'Italia - che ha accompagnato la serata organizzata da Gianluca Ruotolo, "speranziano" della prima ora e che con ieri ha sancito il suo ingresso non più confutabile nella politica "adulta", quella che si candida a guidare il partito "che sarà, perché dobbiamo cambiare rotta", è in qualche modo l'anti-Leopolda, non fosse altro perché liquida, con quattro parole, il nuovo incarnato da Renzi, archiviandolo (o tentando di farlo). Così come anti-Leopolda sono gli endorsement e gli ammiccamenti scambiati con Michele Emiliano, l'antirenziano pugliese giunto a Foggia "proprio per Roberto".

No Referendum, Roberto Speranza a Foggia: le foto

E anti-Leopolda è anche la sala (a proposito, sfida dei numeri vinta dagli antiriforma: la sala del Tribunale era strapiena) che ha applaudito ai due "cugini" meridionali: non c'è solo un pezzo di Pd, ci sono gli ex Pd, gli ex vendoliani, la Cgil, i precari della scuola, la generazione dei voucher, una parte di sinistra rimasta senza punti di riferimento. E che forse ieri, dopo tanto tempo, ha rivisto una flebile luce in fondo al tunnel ascoltando un Emiliano invocare e promettere la costruzione di una "alternativa nel centrosinistra dopo il 4 dicembre, a prescindere dal risultato". Il che non significa che il governatore pugliese lascerà il PD, né che lo farà Speranza. Ma che si proverà a rivendicare con maggiore vigore il diritto di dissentire e di essere ascoltati.

E, soprattutto, di modificare la rotta del Pd, "un partito che ha dato la sensazione di guardare troppo a destra" affonda Speranza: "Cosa c'entriamo noi con Verdini?" tuona il parlamentare lucano, dimessosi un anno fa da capogruppo della Camera per contestare l'Italicum. "Dobbiamo aver il coraggio di dire come Pd che su scuola e voucher abbiamo sbagliato – attacca -. Il Pd deve ripartire dalle questioni sociali, dagli ultimi. Deve farsi carico di chi non ce la fa più. Il PD non può esistere senza sinistra. Dobbiamo avere l'onestà di comprendere che se si vota Beppe Grillo, qualcosa si è interrotto con noi. Che c'è rabbia. E che risposta diamo noi? L'arroganza di chi si chiude nel palazzo?".

IL SONDAGGIO: IL 4 DICEMBRE COSA VOTERETE?

Marca distanza, Speranza. E scrive le nuove linee guida del partito, un altro PD. Quello che dirà NO alla riforma costituzionale: "Il legame con legge elettorale è fortissimo: stiamo decidendo che una sola camera farà le leggi e una sola darà fiducia al governo. Dico a Renzi: se dai tutto questo potere, diventa decisivo come quella camera la eleggi. E questa è una legge elettorale sbagliata, disastrosa. Avremo ancora un Parlamento di nominati". Non solo, perché "questa legge elettorale con ballottaggio finisce per consegnare maggioranza assoluta alla Camera ad una forza politica che può essere minoranza nel Paese. Pensateci bene, non può funzionare."

E la stoccata finale: "C'è tanto Pd fuori dal Pd. Vota no la CGIL, vota no l'Arci, votano no i partigiani italiani. Non vorrei che il 5 dicembre ci trovassimo di fronte alle macerie, con un PD vincente ma molto più povero".

E pare quasi una sentenza. Che però riguarda tutti. Lo comprende Gianluca Ruotolo laddove ammonisce: "Ci si salva insieme, non uno per uno". "Voterò no perché  non posso accettare un cambiamento purché sia" esordisce il dirigente provinciale che vuole un partito che "recuperi sul terreno delle idealità, capace di presentarsi sui territori, dove segna un arretramento ad ogni tornata elettorale, e che la smetta con l'arroganza dei gufi e dei ciaone". "I fatti di Goro - dichiara lapidario - sono il pamphlet sulla crisi della sinistra. Noi lì non c'eravamo, non ci siamo andati". 

Due PD simili ma diversi. Due PD che, ad ogni modo, oggi proprio non si incontrano. Le sciabole sembrano sguainate, a Roma e sui territori.

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