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Emiliano sorride, il ‘no’ mette in crisi il PD provinciale. Opposizioni gongolano ma la vittoria è del popolo

In provincia di Foggia netta affermazione del 'no', il Partito Democratico male a Foggia. Il commento di Gianluca Ruotolo. Emiliano la spunta su Renzi. Raffaele Vigilante: "Ha vinto il civismo, inteso come popolo"

Il quesito che serpeggia, da Nord a Sud, all'indomani della mazzata referendaria è: ma i voti che il partito, prevalentemente di Governo, doveva portare, dove stanno? Renzi e la segreteria nazionale sono stati lasciati in realtà soli? O è il popolo che ha lasciato solo il Pd? C'è chi si affretta a guardare subito l'altra faccia della medaglia: Renzi vale il 40,89%, oltre 13milioni di voti. Ma non sono stati sufficienti. E poi tanto solo non era: dove erano i Verdini, gli Alfano, quanto hanno lavorato i dirigenti Ncd? Quanto ha smosso Confindustria? Quanto le organizzazioni pro-Si? Le risposte arriveranno in direzione nazionale, domani, quando sul piatto verrà messa l'amaro realtà: la riforma costituzionale è stata bocciata, Matteo Renzi si è dimesso. E però pare abbia con sé un libro nero sul quale avrebbe annotato, in questa lunga e sfiancante campagna elettorale, i nomi di coloro che, alla fin fine, il loro dovere non lo avrebbero fatto, limitandosi ad una campagna elettorale più di facciata che di sostanza. Soprattutto nelle Regioni in cui il NO ha stravinto. 

Quasi tutte in verità, Puglia compresa. Dove all'inizio sembrava essere il presidente Emiliano il guerriero solitario. E invece con il 67,16% dei voti pari ad 1milione 349mila voti il NO la Puglia bissa e straccia il Sì, segno che tanto "solo" poi non era. Ma, d'altro canto, a guardare queste settimane di campagna elettorale, è facile valutare il lavoro svolto. Che può essere sintetizzato con le parole del pugliese Boccia: "Voto per spirito di partito ma non è la mia riforma". Da qui al disimpegno o, al limite, all'assist al NO, il passo è breve. Non fosse altro per il messaggio che si invia agli elettori. Ed è quello che è accaduto anche in provincia di Foggia dove pochi son venuti alla scoperto sul No dentro il Pd, molti di più coloro che hanno preferito lavorare sottotraccia.

Solo tre regioni, Toscana, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige, hanno dato soddisfazione al premier regalandogli la vittoria del Sì. Testa a testa quasi in Umbria, dove il No vince per una manciata di voti. Il resto è una caporetto.

RISULTATI IN PROVINCIA DI FOGGIA. 65,42% No - 34,58% Si, pari a 188.164 voti contro 99.477: la metà quasi. Ed è No in tutti i comuni della Capitanata, ad eccezione di Rignano Garganico. È No nella Foggia del sottosegretario Ivan Scalfarotto, della senatrice Colomba Mongiello,dell'assessore regionale Raffaele Piemontese, del consigliere regionale Giannicola De Leonardis, del presidente della Camera di Commercio Fabio Porreca (per citare i più importanti sostenitori del Sì); è No nella Cerignola dell'europarlamentare Elena Gentile, è No nella Manfredonia del deputato Michele Bordo, del consigliere regionale Paolo Campo, del sindaco Angelo Riccardi ma anche del presidente di Confindustria, Gianni Rotice . È No a San Severo, dove per il Sì si è speso il già pluriconsigliere regionale Dino Marino. Nella lista degli sconfitti anche l'onorevole socialista di San Marco La Catola, Lello Di Gioia.

REFERENDUM: I RISULTATI COMUNE PER COMUNE

LE DICHIARAZIONI. "Si è fatto un referendum sul governo, entrando pochissimo nel merito della riforma" è il leit motiv di alcuni dirigenti provinciali di partito interpellati. Che preferiscono restare in silenzio ancora per un po', in attesa di domani. Numerose le utenze staccate. Complice anche la notte di passione appena trascorsa. Sui social pochi commenti. Parla Bordo: "Grazie a chi ci ha creduto e a chi ha lavorato con passione e dedizione per il Sì. Il nostro impegno non si fermerà. Buona fortuna Italia" il messaggio che affida a Facebook. 

Esulta invece la minoranza di Gianluca Ruotolo: "Credo che un pezzo del PD abbia fatto bene a difendere un punto di vista differente e a tenere nel recinto del PD e del centrosinistra un dissenso maturato prima di tutto sul merito della riforma - dichiara a Foggiatoday il dirigente vicino a Roberto Speranza -. Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni, ma una lezione mi sembra chiara: se non si recupera un clima di condivisione nel PD e non si ricostruisce il campo del centrosinistra nessuna battaglia di cambiamento nel paese è possibile. Lo dico soprattutto ai nostri militanti e ai nostri dirigenti, l'amarezza e la rabbia sono sentimenti legittimi ma guai a consegnare il partito al risentimento, da una parte e dall'altra". 

Ora bisogna ricucire, ricomporre. E prepararsi ad affilare le armi per i congressi, che dovranno tenersi. E dove la minoranza vorrà contare, ovviamente. Agitando, peraltro, all'indirizzo di Roma il loro "dissenso leale" rispetto all'assenso di facciata. Lo faranno i provinciali, lo farà Michele Emiliano, che si recherà a Roma da vincitore. Se sarà lui il prossimo leader nazionale è presto per dirlo. D'altronde ha sempre detto chiaramente che preferisce governare la Puglia. Ma che il 2017 sarà l'anno della rivisitazione dello scacchiere dem è una prospettiva indubbia. Anche se il timore della "restaurazione" è un timore legittimo, diffuso, a guardare l'abbraccio ieri tra Speranza e D'Alema. Che non sconvolge Ruotolo: "È il segno che si può cambiare la classe dirigente senza usare l'orribile espressione della rottamazione - continua il dirigente-. Speranza è il futuro della sinistra riformista in Italia e D'Alema è una figura fondamentale di quella storia. L'abbraccio tra storia e futuro è sempre una bella notizia per chi vive la politica con passione". E però D'Alema ha già dichiarato che il voto subito sarebbe poco opportuno, data la legge elettorale. Ma il popolo vuole andare alle urne, rivendica il suo diritto di scegliere. E subito anche. 

IL COMMENTO DI MICHELE EMILIANO 

E se Emiliano si limita ad affidare un augurio all'Italia su Facebook, tranchant è l'analisi del Leader Maximo sul PD di Renzi: una strategia sbagliata, che ha perso la sinistra senza guadagnare null'altro. È una vittoria enorme per lui, vittima per eccellenza della rottamazione renziana. Ritorna sulla scena. E lo fa da vincitore. Bisognerà rivedere molte cose, insomma, in casa dem. Il voto di ieri segna uno spartiacque non solo per Renzi, ma per il centrosinistra tutto. E già si parla di dirigenti locali pronti a riabbracciare D'Alema. I cui aculei, però, sono noti. E molto pungenti.

LE OPPOSIZIONI. Esultano invece le opposizioni, chiamate ora a dire che cosa intendono fare. Da questa parte del guado è corsa ad intestarsi la vittoria che, forse, ad onor del vero, politicamente andrebbe assegnata in buona parte al Movimento 5 stelle, la sola forza giovane, rimasta credibile agli occhi del suo elettorato. E a tutte quelle organizzazioni, almeno in provincia di Foggia, che si sono spese pancia a terra per il No sin dall'inizio. "Il sì ha perso perché ha imposto una riforma con regole sbagliate, non spacchettandole e obbligandoci a dire a no anche a quesiti rispetto ai quali si poteva essere d'accordo" dichiara Raffaele Vigilante, presidente della Rete No Triv Adriatico. E tuttavia, per Vigilante, è sbagliato intestare la vittoria a questa o a quella forza politica. "Ha vinto il civismo, inteso come popolo. Che non ha ascoltato nessun partito se non la propria coscienza di italiano. Perché la Costituzione è cosa sacra ed è l'unica garanzia che ci resta". 

I foggiani, insomma, hanno detto No. L'Italia ha detto No. I dati disaggregati, nelle prossime ore, consentiranno letture più approfondite. Un dato, al momento, appare chiaro: più che un No alla riforma, che ha drenato dissensi solo tra coloro che realmente hanno letto il provvedimento, è stato un No a Renzi. Sul quale si è scaricata, come ad ogni tornata elettorale, tutta l'insoddisfazione, economico-occupazionale, dell'italiano medio. Il premier ne ha preso atto. E consegnato "oneri e onori" ai vincitori, un campo così variegato, nel colore e nella proposta, da destare più di qualche preoccupazione. 

Così come va dato atto al PD che c’ha creduto, di averci messo la faccia su una proposta coraggiosa, segno che la politica, quella con la P maiuscola, si può ancora fare, a costo anche di perdere. Non resta che augurare buona fortuna al Paese Italia, reduce da un giro di boa storico e da oggi più adulto di ieri. 

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